Il viaggiatore. L'Uomo d'Oro forse...

La disputa sull’identità di genere peri uno dei simboli del Kazakistan: l'Uomo d'Oro di Issik

L’Uomo d’Oro, tra i simboli della Repubblica del Kazakistan, fu sepolto circa duemilacinquecento anni fa con un abito ricoperto da migliaia di pezzi d’oro, ma da quando fu scoperta la sua tomba, nel 1969, non ha avuto più pace. Tutto cominciò quando l’archeologo kazako Beken Nurmuhambetov trovò a Issik, non lontano dall’allora capitale Almaty, una sepoltura ancora intatta sotto un grande tumulo (kurgan) di sessanta metri di diametro databile intorno al V-III secolo avanti Cristo e attribuibile ai Saci, il ramo orientale degli Sciti, un insieme di popoli nomadi che vissero nelle steppe dell’Asia centrale tra il Mar Nero e i confini della Cina.

Lo scavo portò alla luce lo scheletro di un individuo di 17-18 anni, letteralmente coperto da oltre quattromila oggetti d’oro: placchette decorate, un tempo cucite sull’abito rosso, lamine con figure di cavalli e leopardi, un cinturone con figure di cervi e un copricapo conico alto settanta centimetri, ornato con elementi d’oro tra cui spiccava un grande frontale formato da due cavalli alati provvisti di corna di ariete. Tutti elementi simbolicamente associati alle forze del cielo e della terra. Oltre a queste meraviglie furono rinvenuti una spada e un pugnale di ferro con placche d’oro raffiguranti animali. Gli archeologi notarono che l’alto copricapo ricordava molto quelli utilizzati per secoli dalle donne kazake (noti come saukele) in occasione del matrimonio, sia per la forma conica sia per le placche d’oro applicate al tessuto, rappresentanti la dote della sposa. Ma la presenza delle due armi fece prevalere l’idea che il personaggio sepolto fosse un guerriero, subito battezzato Uomo d’Oro.

Con quel nome mi fu infatti presentato nell’autunno del 1997 dal direttore del Museo nazionale di Almaty, mentre i suoi collaboratori tiravano fuori dalla cassaforte gli oggetti d’oro dell’abito e li posavano sul tavolo. Alle mie spalle un grande murales celebrativo raffigurava l’Uomo d’Oro a cavallo, con altri cavalieri armati. La conversazione con i responsabili del museo non fu tra le più agevoli perché tutti sapevano che c’erano forti dubbi sul sesso del cavaliere. Ma un cambio di sesso non era ben visto. Poco tempo prima, infatti, un’archeologa americana aveva dimostrato con assoluta certezza che l’acconciatura ritrovata era tipica di una sciamana-guerriera dei Saci.

Ma da anni ormai in Kazakistan si stampavano libri e cartoline dedicati all’Uomo d’Oro, e i vari monumenti che lo rappresentavano erano tutti al maschile. Far cambiare sesso all’eroe nazionale avrebbe creato problemi pratici e un imbarazzante danno d’immagine. Così prevalse l’ipotesi machista, e le ossa del «guerriero» sparirono misteriosamente nel nulla. Nessun esame scientifico avrebbe più potuto trasformare l’Uomo d’Oro in una donna, sia pure guerriera e sciamana. Ma l’anno scorso ci fu una sorpresa. Le ossa perdute furono ritrovate in un istituto forense dove erano conservate in uno scatolone insieme a un biglietto con scritto «Uomo d’Oro, che riposi in pace». Un responsabile del museo di Issik dichiarò che i resti erano in cattivo stato, quindi inservibili per stabilire con l’esame del dna se fossero di uomo o di donna. La stessa sera la tv kazaka annunciò che le ossa sarebbero state sigillate in una sorta di capsula del tempo e seppellite secondo le tradizioni dei Saci, affidando agli scienziati del futuro il compito di risolvere l’enigma. Il cambio di sesso dell’eroe nazionale è un’operazione davvero impegnativa.