Evergreen. La rivincita della plastica

Il corretto smaltimento delle mascherine usa e getta è una questione fondamentale per la tutela dell'ambiente

Purtroppo c’era da aspettarselo. Arrivano già le segnalazioni di quantitativi crescenti di mascherine e guanti in mare, dove diventano letali per tartarughe e pesci che li scambiano per cibo. Secondo il Politecnico di Torino, nella fase due, sono state riavviate attività che necessiteranno di un miliardo di mascherine e mezzo miliardo di guanti al mese. Se anche solo l’1% delle mascherine venisse smaltito non correttamente (e alla fine disperso in natura), ciò significherebbe dieci milioni di mascherine al mese disperse nell’ambiente. Visto che il peso di ogni mascherina è di circa 4 grammi, ciò comporterebbe la dispersione di oltre 40mila chilogrammi di plastica: uno scenario inquietante che va disinnescato, considerando che si tratta di una stima oltremodo ottimistica.

Tutto ciò non può essere lasciato solo alla buona volontà nella gestione dei dispostivi di autoprotezione da parte dei cittadini. Sarebbe necessario un cambio nella progettazione e nella fabbricazione delle mascherine, che potrebbero essere rese riutilizzabili dopo disinfezione e comunque prodotte con plastiche organiche totalmente riassorbibili nell’ambiente. Questa roba finirà nel Mediterraneo, dove ogni anno si riversano già 570 mila tonnellate di plastica. Siamo di fronte a un clamoroso passo indietro: nel momento in cui la plastica era all’indice e le persone iniziavano finalmente a rifiutare l’usa e getta, la pandemia lo ha reso di nuovo auspicabile, e sarà difficile far capire che, semmai, ciò può valere solo per gli aspetti sanitari. Si rischia cioè di tornare indietro di anni nella lotta all’invasione delle plastiche nelle nostre esistenze e nell’ambiente.

Nove settimane di lockdown più o meno duro in quasi tutto il mondo, con più di quattro miliardi di persone chiuse nelle città e nelle case, e il blocco dell’economia ci hanno fatto intravvedere che un altro sistema produttivo avrebbe un impatto molto minore sull’ambiente. La sparizione delle velenose nubi di ossidi di azoto da Wuhan e dalla Pianura Padana, due delle regioni più inquinate del mondo, dimostra una reazione rapidissima e massiccia da parte del pianeta Terra. Animali e piante che si riappropriano degli spazi occupati dai sapiens (e che, vale la pena ricordarlo, precedentemente erano di loro pertinenza), acque più pulite, tutto dice che è di quel mondo che abbiamo bisogno, non di questo. E c’è una contraddizione ambientale ancora più pesante.

Ovviamente soffriamo per le 320mila vittime che Covid19 ha mietuto in tutto il mondo, ma non ci impressionano tanto i 4 milioni di morti in più, rispetto alle medie “normali”, che l’Oms segnala da tempo a proposito dell’inquinamento atmosferico; 80mila solo in Italia, quando per il virus ne piangiamo, per ora, meno della metà. Il virus fa paura, l’inquinamento e la plastica inutile no.