di Viviano Domenici
Le avventure di Donna Sola che visse 18 anni su un’isola deserta al largo della California
A chi non è capitato di sognare almeno una volta di vivere in un’isola deserta? Un pezzetto di terra tra cielo e mare azzurro, delle palme e tanta sabbia bianca. Nient’altro. Un sogno, appunto, perché nella realtà è un incubo. Le testimonianze in questo senso sono parecchie, a partire dallo scozzese Alexander Selkirk che dopo quattro anni e quattro mesi di solitudine in un’isola deserta offrì lo spunto a Daniel Defoe per scrivere Le avventure di Robinson Crusoe, che ha fatto sognare grandi e piccini. Meno conosciuto il caso della nativa americana nota come “Donna Sola”, della tribù Nicoleños, che rimase sola per diciotto anni – dal 1835 al 1853 – sull’isola San Nicolas al largo della costa della California, dopo che il suo popolo era stato decimato.
Nel 1835 i Nicoleños erano ridotti a una dozzina di persone che le autorità californiane decisero di salvare inviando la goletta Peor es Nada (“Meglio che niente”, un nome che non prometteva granché) per trasferirli a Santa Barbara, sulla terraferma. Mentre li stavano imbarcando, una donna si accorse che il figlio non era con lei e tornò a terra a cercarlo. Ma le condizioni del mare peggiorarono, costringendo il comandante a rientrare a Santa Barbara per evitare di finire sulla scogliera; ripromettendosi di tornare appena possibile. Cosa che non poté fare perché la goletta affondò. Col passare degli anni la storia della Donna Sola e del suo bambino rimasti sull’isola fu ripetuta mille volte, e altrettante furono le versioni di come fu salvata. Di fatto sappiamo che George Nidever, cacciatore di lontre di mare di Santa Barbara, organizzò alcune spedizioni di ricerca che individuarono impronte su una spiaggia e pezzi di grasso di foca messi ad asciugare. Fu il primo indizio della presenza di qualcuno sull’isola.
Una successiva ricerca portò al ritrovamento della Donna Sola, che si rivolse al suo salvatore parlando una lingua incomprensibile. Secondo il racconto tramandato aveva circa cinquant’anni ma era ancora forte e attiva, con una faccia piacevole e sorridente. Indossava un mantello di pelli e piume di cormorano, i suoi denti erano corrosi fin quasi alle gengive a causa della sabbia nei cibi che mangiava. Nessuna traccia della presenza del figlio. Portata a Santa Barbara, la donna fu oggetto della curiosità di tutti e il capitano Nidever decise di accoglierla in casa affidandola alle cure della moglie. Quattro superstiti Nicoleños riuscirono a capire delle parole, ma solo quattro parole furono registrate, oltre a due canzoncine che ripeteva spesso. Donna sola si sforzava di comunicare a gesti e, secondo alcuni nativi che la ascoltarono, era vissuta in una capanna fatta con costole di balena e coperta con pelli di foca, ma aveva anche trovato rifugio in una piccola caverna. Il figlio sarebbe stato ucciso da uno squalo.
Nonostante le difficoltà di comunicazione, Donna Sola sembrò contenta di vivere in compagnia dei Nidever, ma la sua felicità durò solo sette settimane: il 19 ottobre 1853 morì per un attacco di dissenteria. Solo allora le fu dato un nome cristiano, Juana Maria, e fu sepolta in una tomba anonima. Nel 2009 alcuni archeologi hanno rinvenuto sull’isola i resti della capanna, due scatole di legno con punteruoli d’osso e aghi fatti con lische di pesce, oltre a frammenti di un vaso di fattura cinese. Nel 2018 è stata individuata anche la grotta in cui visse Donna Sola. Ma niente può raccontarci davvero i suoi diciotto anni di solitudine. Una statua che la raffigura avvolta nel mantello con in braccio il figlio si trova a Santa Barbara. Una copia della statua è a Pietrasanta, in Toscana.