di Barbara Gallucci | Foto di Lorenzo De Simone
È dalla città simbolo ed epicentro della mappa del contagio che vogliamo ricominciare a raccontare l’impegno del Touring Club e dei suoi preziosi volontari. Bergamo si sta rialzando e la nostra associazione è pronta a fare la sua parte per riposizionarla come merita nella più ampia e positiva #mappadellabellezza. Perché il progetto Passione Italia, nato online, è ora pronto a fare il prossimo passo.
Arriviamo a Bergamo in un’assolata giornata di luglio. I vicoli della Città Alta sono vuoti e silenziosi. Solo le cicale fanno da colonna sonora. L’appuntamento con i volontari del Touring Club Italiano è in piazza Vecchia. Non facciamo fatica a trovarli perché indossano il badge di riconoscimento e un sorriso aperto e accogliente. Sorriso che sparirà dietro una mascherina varcando la soglia della basilica di S. Maria Maggiore. Riavviare il progetto Aperti per Voi è stato ed è tuttora complesso. Regole di sicurezza nuove, procedure diverse, distanziamento fanno parte di una nuova normalità che un passo alla volta il Tci sta affrontando anche grazie alla buona volontà dei volontari. «Se il sorriso era la prima regola della nostra accoglienza, ora sarà dallo sguardo che dovremo far capire che sono tutti benvenuti» dice Stefano, console e reclutatore di molti dei 75 volontari bergamaschi, che comunque non ha dubbi sul fatto che si può trovare il modo per non perdere il contatto con i visitatori. «Poi lo stupore che tutti provano varcando la soglia della basilica si capisce comunque dai gridolini di giubilo e dalle teste che si girano di qua e di là, in alto e in basso, come in una bizzarra ginnastica», gli fa eco Giordano, coordinatore dei volontari, la cui risata fragorosa risuona nella piazza semideserta.
Quando entriamo, anche noi abbiamo esattamente quella reazione. Difficile decidere dove guardare prima: la cupola con L’incoronazione di Maria dipinta da Gianpaolo Cavagna nel 1615? Oppure gli affreschi trecenteschi che decorano le pareti del transetto? Gli arazzi sulle pareti che raccontano la vita di Maria oppure il celebre Albero della vita dipinto nel 1347 da un anonimo la cui parte superiore è coperta dal Diluvio universale di Pietro Liberi? Poi Maria Grazia, un’altra entusiasta volontaria, mi indica con lo sguardo di seguirla verso un altro capolavoro della basilica, il confessionale barocco di Andrea Fantoni, un tripudio scultoreo di legno i cui infiniti dettagli meriterebbero lunghi momenti di osservazione. La storia della monumentale basilica è complessa e stratificata: consacrata nel 1273, dal 1449 è affidata alla Congregazione della Misericordia Maggiore (MIA nell’abbreviazione) che ancora oggi ne tutela la cura. Ed è proprio grazie alla commissione di un teologo di fiducia della MIA, fra’ Girolamo Terzi, che nel Cinquecento Lorenzo Lotto disegna gli episodi biblici del coro intarsiati da Gianfrancesco Capoferri e dalla sua scuola: 71 tarsie esposte al pubblico solo la domenica, durante le feste religiose o su richiesta per gruppi. «Davanti a queste opere ogni visitatore rimane completamente abbagliato. Noi cerchiamo di far notare i dettagli, l’incredibile plasticità e modernità dei disegni, la varietà e originalità della narrazione del Lotto», commenta Stefano. Che prosegue: «Il Diluvio universale sembra tridimensionale: il vento che muove gli alberi, gli animali che salgono sull’arca guidati da Noè, persino lo sguardo del leone sottolinea la drammaticità del momento». Con quegli occhi del leone ancora in mente, che forse mai avremmo notato senza Stefano e i suoi colleghi volontari usciamo alla luce del sole. «Comunque c’è un altro Lotto che va visto. Andiamo da don Pietro a bere il caffè», insiste Giordano.
Scendiamo dalla Città Alta e andiamo verso il quartiere di Pignolo. «Questa è sempre stata una zona un po’ nobiliare, da qui passava la strada che conduceva a Venezia e si intuisce dai palazzi che ci vivevano persone abbienti», racconta Stefano. E anche la canonica in effetti non è da meno. Don Pietro, che ci vive da qualche mese, sta cercando di darle un tono meno “istituzionale”. «Qui accanto c’è la chiesa di S. Bernardino. Era la chiesa di quartiere, la chiesa dei matrimoni di chi viveva qui. Poi la chiusura, per anni. In molti mi chiedevano di riaprirla ma senza un appoggio esterno sarebbe stato impossibile. Per questo mi sono rivolto ai volontari del Touring Club Italiano», racconta il giovane e intraprendente parroco. Quando scendiamo per visitarla non capiamo fino in fondo tutta questa ostinazione finché non entriamo e subito lo sguardo viene rapito dai vivaci colori dell’olio su tela che si trova sopra l’altare. «È la Madonna in trono con il Bambino, i Santi Giuseppe, Bernardino, Giovanni Battista, Antonio Abate e angeli di Lorenzo Lotto», dicono quasi in coro Franca e Remigio la cui esperienza da volontari è iniziata proprio in concomitanza con la riapertura alla città della chiesa, agli inizi di febbraio: «Purtroppo dopo poche settimane abbiamo dovuto chiudere a causa della pandemia, ma ora finalmente siamo di nuovo qui. D’accordo con don Pietro lasciamo la porta d’ingresso aperta così chiunque passi può vedere da subito il capolavoro». Tenere le porte aperte è fondamentale per questa città, così colpita dal virus che ha sconvolto le vite di tutti, ma che qui ha toccato intere famiglie. Una comunità che ora ha voglia di mostrare i suoi capolavori con rinnovato orgoglio. «Sono tante le persone che ci chiedono come diventare volontari del Touring. Cittadini che vogliono fare la loro parte – conferma Stefano –, ma ora fa un po’ caldo, andiamo a fare una gita».
La gita significa 15 minuti in macchina e una breve passeggiata per raggiungere la chiesa del S. Sepolcro e il monastero di Astino. Anche qui i volontari Touring mettono a disposizione il loro tempo per accogliere i visitatori. «Questo luogo è una gita classica per noi bergamaschi, fin da bambini. È sempre stato un monastero con cascina, azienda agricola e cantina sociale», racconta Giordano, e guardandoci intorno in effetti il paesaggio è bucolico e quieto, in qualche modo pensato per rasserenare gli animi dei pellegrini che passavano di qui. La chiesa è del 1117 ed è dedicata al S. Sepolcro proprio perché eretta in anni di Crociate. Nel corso dei secoli poi sono diminuiti pellegrini e frati fino a che, in epoca napoleonica, anche l’ultimo ha lasciato il monastero. Dopo anni di semi abbandono, nel 2007, la Misericordia Maggiore acquista e inizia il restauro del complesso. Ora è pronta ad accogliere i pellegrini del Terzo Millennio, quelli curiosi di scoprire il patrimonio a pochi passi da casa, pronti a riconoscere il sorriso accogliente dei volontari anche dietro a una mascherina.