di Luca Bonora
Un’imponente fortezza e un grande vino bianco portano alto il nome di questo borgo Bandiera Arancione Tci nell’Alessandrino a un passo dalla Liguria. Dentro un territorio ricco di tesori
Dietro a ogni viaggio c’è sempre una scusa. Nel caso di Gavi, la mia scusa era scoprire dove nasce uno dei vini bianchi più blasonati d’Italia. Un bianco nella terra dei vini rossi, il Piemonte. Vigneti che si alternano a boschi. I monti a due passi dal mare, Genova più vicina di Alessandria. Le architetture, la cucina, perfino l’accento sono liguri. Eppure questa non è una terra di confine. È un luogo fortemente identitario: le terre del Gavi.
Questa è da sempre una terra di passaggio. È qui, lungo la linea Sestri-Voltaggio, che l’Appennino Ligure sfuma nelle Alpi Marittime. È qui che passa lo spartiacque tra le montagne e la Pianura Padana. Ed è qui, a un’ora e un quarto di auto da Milano, che si incontrano quattro regioni: Piemonte, Lombardia, Emilia e Liguria. I genovesi chiamavano queste terre Oltregiogo, e qui, a partire dall’Anno Mille, le grandi famiglie di Genova – Doria, Spinola, Adorno, Malaspina... – avevano possedimenti, molini, filande, boschi e vigneti. A loro dobbiamo i castelli di Francavilla Bisio, Pasturana, Tassarolo e San Cristoforo. Secoli di “genovesità” hanno lasciato il segno nella toponomastica (Ligure è l’appellativo di molti Comuni), nella lingua e nelle tradizioni, a cominciare dalla cucina. Fra le ricette tipiche troviamo infatti gli gnocchi al pesto, il baccalà fritto e soprattutto i ravioli di Gavi, ripieni di borragine, manzo, maiale e maggiorana, da gustare “a culo nudo”, cioè senza condimento.
E poi c’è il gavi, il motivo della mia visita. Vino bianco da uve cortese, vinificato fermo, frizzante, spumante e riserva, ha una tradizione antichissima: i primi documenti che attestano la presenza di vitigni in quest’area risalgono al 972. E in questi terreni ricchi d’acqua e dove soffia il marino, il vento che viene dal mare (quello stesso vento che in Emilia scandisce la lavorazione del parmigiano reggiano), nasce un grande bianco che invecchia benissimo, con bottiglie del 2010 come il “Vecchia Annata Gavi docg” delle cantine Broglia, una delle più grandi e antiche del territorio. Quella del Gavi è una docg che comprende 11 Comuni con capofila Gavi, 1.510 ettari di vigne che danno 13 milioni di bottiglie l’anno.
Per capire questo vino basta guardare l’etichetta, in particolare quella istituzionale del 2020. Ogni anno il consorzio propone un’etichetta d’artista che racconti il vino e il suo territorio. Nel 2020 la scelta è caduta su Riccardo Guasco, artista alessandrino che i soci Tci già conoscono per il murales sulla facciata della nuova sede di via Tacito. L’etichetta creata da Guasco raffigura la principessa Gavia, figura leggendaria che avrebbe dato il nome a queste terre. Le sue braccia cingono le colline in un abbraccio a forma di calice, e i suoi capelli blu sono il mar Ligure, solcato dalle navi dei genovesi che portano fin nel Nuovo Mondo il vino dell’Oltregiogo.
Ritrovo lo stesso abbraccio nel borgo di Gavi, che si sviluppa a semicerchio attorno alla collina che ospita il Forte ed è a sua volta cinta dal fiume Lemme. Bandiera Arancione Tci, fortificata già in epoca romana, Gavi è stata controllata a lungo da Genova, che le ha lasciato un’inconfondibile impronta urbanistica e architettonica.
I profili e i colori delle case sono tipicamente liguri, tanto che viene da chiedersi dopo quale curva e quale stradina del centro storico comparirà il mare. Da vedere la parrocchiale di S. Giacomo, edificata nel XII secolo in stile romanico (pregevole il portale) e rimaneggiata poi in epoca barocca, quando fu realizzato il campanile.
Gavi forte e cortese, si diceva. Cortese per il suo vino, forte per la poderosa fortezza eretta tra Cinque e Seicento a forma di poligono stellato con sei bastioni uniti tra loro da cortine. Più volte rinforzato e ampliato negli anni, oggi si sviluppa su tre livelli, anche se le visite guidate hanno accesso solo al bastione basso e alla manica lunga. Ma in paese, e in particolare al Consorzio Tutela del Gavi docg, vorrebbero una maggior valorizzazione dell’edificio, con un’illuminazione notturna (attualmente attiva solo alcuni weekend) e la possibilità di tenere all’interno mostre e degustazioni. Il Forte si vede da lontano, sarebbe bello che diventasse il faro di Gavi.
A otto chilometri da Gavi c’è Serravalle Scrivia, probabilmente la località più conosciuta delle terre del Gavi per la presenza del McArthurGlen Serravalle Outlet. «Loro fanno sei milioni di visitatori l’anno, noi seimila. Ma non ci arrendiamo». Chi parla è Iudica, guida archeologica di Libarna. Libarna è una città romana costruita nel 148 a.C. lungo la Via Postumia che collegava Aquileia con Genova. È stata scoperta ai primi dell’Ottocento durante i lavori di costruzione e scavo della ferrovia, che infatti passa accanto al sito archeologico. Libarna è nel territorio comunale di Serravalle ed è quasi sconosciuta, eppure per dimensioni è il più importante sito romano di tutto il Nordovest: oggi sono visibili il teatro, l’anfiteatro, due quartieri di abitazioni e alcune strade, mentre le terme e il foro sono stati reinterrati. Il sogno di Iudica è che sempre più visitatori dell’outlet si fermino a scoprire Libarna e i dintorni. Magari, aggiungiamo noi, spingendosi fino a Bosio, il più meridionale dei Comuni della docg Gavi. Qui, dove gli Appennini si fondono con le Alpi, c’è il Parco naturale delle Capanne di Marcarolo, area protetta che occupa la punta estrema della provincia di Alessandria. In linea d’aria siamo ad appena dieci chilometri dal mare e da alcune cime si può vederlo.
Per scoprire i sentieri del parco siamo saliti da Baita rio Gorzente, sopra Voltaggio. La strada è stretta, tutta curve. I laghetti del Gorzente e della Lavagnina, i torrenti che scavano la val Borbera e la val Lemme sono destinazioni ideali per chi ama la montagna e un trekking non impegnativo. Uno degli itinerari più suggestivi del parco è quello che porta al Monte Tobbio, dalla cui cima, 1092 metri di altitudine, si gode il panorama sulla pianura alessandrina e sulle valli circostanti. Qui il mare non si vede, ma se ne sente il profumo.