di Silvestro Serra | Foto di Massimo Pacifico
Punto di incontro storico di tante civiltà, melting pot di etnie, sapori, culture. È la città più giovane con un esercito di studenti e vive all’insegna del “prendila come viene”
La Macedonia? Una vera macedonia. Saporita, gustosa, variegata, poliedrica, ricca di storie diverse, di etnie diverse, crocevia di invasioni, prima Romani e i Saraceni, poi i Normanni, i crociati di passaggio verso la Terra Santa, i Turchi e i Veneziani. Ma è anche luogo di incontri e di personaggi. Terra di politica e filosofia che va da Aristotele (nato a Stagira) ad Alessandro Magno, fino a Mustafa Kemal Atatürk, fondatore e primo presidente della moderna e laica Turchia, di madre greca, la cui casa natale è ora trasformata in museo sulla collina Eptapyrgion, ovvero delle sette torri. E al centro, nel cuore, nel nucleo di questa complessa macedonia storica ed etnica c’è Salonicco, che i greci chiamano Thessaloniki per ricordare la vittoria (in greco nike) di Alessandro contro i Tessali. Una città e una regione, al confine settentrionale della Grecia, molto diverse e distanti dal resto del Paese. Ad accompagnarci in questa Grecia senza troppi souvlaki, moussaka e sirtaki è una che non poteva essere più diversa dal cliché greco: Danai Spania, 25 anni, una barca a vela tatuata sulla schiena, esperta nuotatrice, bionda, zazzera corta ribelle, sbarazzina, buffa ed estroversa. Prima di iniziare il giro a piedi premette: «Per capire Salonicco dovete tenere a mente alcune cose: innanzi tutto una parola chiave, halarà che sta per “prendila come viene”, e poi vedrete che qui le donne sono molto eleganti, la qualità del cibo è alta, i giovani sono tanti e la storia ha lasciato i suoi segni». Un ritornello che sentiamo ripetere è che la città soffre o finge una storica rivalità con la capitale, lontana 520 km, il complesso dell’eterna seconda. Salonicco, città bizantina, versus Atene, città greco arcaica. In un settore però Salonicco batte Atene. Questa è una città giovane e per giovani (prima conferma della teoria di Danai). Su un milione di abitanti ci sono ben 100mila studenti universitari con l’immancabile indotto del dopo studio: locali, bar, caffè, internet point, luoghi di incontro, eventi e tanti appuntamenti artistici e di spettacolo che si svolgono tra i numerosi siti della storia.
È una storia affascinante e terribile quella di Salonicco. Ne abbiamo ammirato ampie tracce lungo la Via Egnazia, strada romana che andava dall’Adriatico a Costantinopoli e che taglia in due la città. Chiese bizantine, case ottomane, edifici ex industriali ebraici, elementi veneziani, resti romani. Questi ultimi sono imponenti: la Rotonda, una specie di pantheon, il Foro, un teatro, un Arco di trionfo, la stessa Via Egnazia, costruita nel 260 d.C., ricordano che dopo la conquista della Macedonia, nel 168 d.C., l’impero romano utilizzò la città come snodo strategico verso Oriente. Uno dei momenti più terribili nella storia di Salonicco è stata l’avventura e la sventura della comunità ebraica. La scopriamo entrando nel Museo dell’Olocausto in quello che fu il quartiere degli ebrei (ma non ci fu mai un ghetto) dal 1492, da quando con l’editto di Granada della regina Isabella, migliaia di ebrei abbandonarono la Spagna. Molti trovarono rifugio qui grazie a Murad II, il sultano ottomano molto aperto verso le altre religioni. Ma perché una storia terribile? Ce lo mostrano le bacheche, i filmati, le foto raccolte nel museo e relative al febbraio 1943, quando i nazisti deportarono la quasi totalità della popolazione ebraica della città nei campi di sterminio a Birkenau. Dei 54mila deportati ne tornarono solo mille. Evangelos Chekimoglou, il curatore del museo, ci dice che solo da pochi anni si è fatta luce su quel massacro. Sulla secolare presenza ebraica in città e sul grande sterminio scese infatti un silenzio durato cinquant’anni. La memoria di una città che era stata abitata, sviluppata, civilizzata per secoli dagli ebrei era stata completamente cancellata.
Danai ci accompagna ora a piazza Aristotele che è al tempo stesso il salotto chic della città, la sede di attraenti pasticcerie (il dolce locale, bougatsa, è una treccia di pane dolce di castagne con una copertura di glassa alla vaniglia o cioccolato) nonché il luogo prediletto per il passeggio elegante (confermata dunque la premessa numero due di Danai: qui le donne sono tutte sempre molto “in tiro”) ma di giorno si trasforma anche in un campo di calcio per i ragazzini che, indisturbati, giocano le loro partitelle usando gli zaini di scuola come porte. Piazza Aristotele si apre sul golfo e confina con il lungomare. Lo percorriamo verso est tra una fila interminabile di dehors, bar, alberghi sorti dove fino all’800 si trovavano le imponenti mura di difesa del IV secolo d.C. In fondo la grande statua a cavallo di Aléxandros ho Mégas, Alessandro Magno, accanto al teatro nazionale della Macedonia, al Museo Archeologico (in mostra permanente l’oro dei Macedoni). Ci fermiamo davanti alla Torre Bianca. È un imponente simbolo cittadino con i suoi 34 metri di altezza e 23 di diametro. Più volte modificata nel corso della storia, ha origini bizantine, ma la struttura attuale è ottomana. E anche su questa torre, prima chiamata del sangue, le storie e le leggende si sprecano (fu luogo di detenzione per gli evasori fiscali ma anche di eccidi di prigionieri). Ora ospita il museo storico della città. Il lungomare termina con il nuovo auditorium, il palazzo della musica, disegnato dall’archistar giapponese Arata Isozaki. Di fronte, a poche miglia di mare le luci delle località balneari e il profilo del monte Olimpo, dal 1938 parco nazionale. Nel vicino Museo di Arte contemporanea, che organizza una importante Biennale, anche la collezione permanente è di tutto rispetto. Si riconoscono le opere di Jannis Kounellis, Pino Pascali, Niki de Saint Phalle, Jean Tinguely, Takis (Panayiotis Vassilakis). Salonicco è anche la base per escursioni nelle zone vicine: località balneari, spirituali e archeologiche la circondano. Ci sono le tre dita della penisola Calcidica, ma anche Verghina, sito archeologico patrimonio Unesco. Per gli appassionati dei Cammini passa di qui la Via di S. Paolo, che arriva ad Atene e a Corinto. Sull’ultimo dito della Calcidica c’è poi il monte Athos con i suoi 20 monasteri, abitati da 1.500 monaci, russi, bulgari, serbi, rumeni, greci, la cui visita è riservata solo agli uomini. Le donne possono solo bordeggiare a non meno di 500 metri dalla costa per ammirare da lontano almeno gli otto monasteri che si affacciano sul mare. Un po’ come succede alle Meteore in Tessaglia, anch’esse sede di quasi inaccessibili monasteri.
È sera ed è arrivata l’ora di verificare l’altro assunto della nostra guida: la gastronomia e la vita notturna. Un tour a piedi tra il mercato Modiano, il Bit bazaar, le stradine e i passaggi nella vecchia città (Ano Poli) è un fuoco di artificio multicolore di suoni, grida, aromi, insegne, attrazioni per tutti i sensi. Ladadika è il quartiere storico (protetto dall’Unesco) sopravvissuto all’incendio del 1917. Era il luogo dove si faceva l’olio ancora considerato un prodotto di eccellenza. Lì si trova la piazza della Libertà, Eleftheria platìa, con il primo centro commerciale e locali sui tetti. La Ernest Hébrard è una delle vie preferite dalla movida cittadina con bar di tendenza come Gorílas. Da non perdere anche la bougatsa, proposta dai locali della parte alta di Ladadika. Qui si trovano i migliori spacci di pastourmas (insaccato di carne di mucca ricoperto di peperoncino, “parente” del ben più noto pastrami) e del formaggio feta. Vicino al mercato da non perdere i numerosi bar-meze dove mangiare spuntini, specialità locali e bere Psimeni Raki, un distillato di vinacce simile alla nostra grappa ma nella versione di Amorgos aromatizzato con cumino e miele, oppure Tsipouro, un’acquavite da 40 gradi e oltre, con anice e senza. Per assorbire l’alcol assaggiamo tanti piatti di una sorprendente cucina ellenica: insalata di melanzane al grano con polipo, pesce spada, sardine, fagiolini all’aglio, e una feta affumicata. Alla fine un bicchierino di Mastika, liquore estratto da una resina del lentisco che ha il compito di ripulire la bocca dai sapori del pasto. Poi, tra tanta abbondanza e gioia di vivere, un brusco ritorno a una realtà più cruda. A un crocicchio, tra le vie Ermou e Venizelos notiamo un cippo. Ricorda l’assassinio politico del deputato Grigoris Lambrakis. La sua storia ha ispirato il romanzo Z (che sta per “zo”, cioè vive) di Vasilis Vasilikos e il film del 1969 Z, l’orgia del potere, del regista Costa-Gavras. Il cinema è il pretesto che ci trasporta sul molo a ovest del lungomare. è qui nei vecchi cantieri navali in disuso che si raccoglie la crema della Salonicco culturale, artistica, alternativa e d’avanguardia. E dove si concentra il popolo dei giovani (l’ultima tesi di Danai). Tra gru e capannoni si trova il molo dove si allineano il Museo fotografico, quello di Arte contemporanea, un kitchen bar con terrazza panoramica sul golfo e sul lungomare. E appunto il Museo del Cinema. Al suo interno cineprese e cine proiettori d’epoca, abiti di scena, spezzoni di vecchie pellicole in bianco e nero sull’avventurosa storia della cinematografia ellenica, omaggi video a una giovanissima Melina Merkouri, prima star greca di fama internazionale e poi celebrato ministro della Cultura del governo ellenico. A vegliare sul museo un grande busto del grande regista greco Theo Angelopoulos realizzato da un artista russo. Halarà. Salonicco, prendila come viene.