Intervista. La mia vita a scatti

Gianni Berengo GardinGianni Berengo GardinGianni Berengo GardinGianni Berengo GardinGianni Berengo GardinGianni Berengo GardinGianni Berengo Gardin

A tu per tu con Gianni Berengo Gardin: 90 anni di fotografie, spesso per il Touring come in queste immagini del nostro archivio

Dopo aver esaminato le 1.444 diapositive a colori pervenute entro il termine del 31 ottobre 1961, la Commissione ha preso all’unanimità le decisioni seguenti: primo premio di lire 100.000 alle fotografie: Venezia, piazzetta San Marco, e: Venezia, piazza San Marco, di Giovanni Berengo Gardin”.
La Commissione era quella del Touring Club Italiano, il concorso, riservato ai dilettanti, era bandito dalla rivista Le vie d’Italia. Il fatto che il “dilettante” fosse Gianni Berengo Gardin è una di quelle sorprese che l’archivio Tci ogni tanto svela (le foto vincitrici sono in basso a destra). È la prima immagine che gli mostriamo in occasione di un incontro nello studio milanese del fotografo per parlare della sua autobiografia pubblicata da Contrasto Books (208 pag., 22,90 euro) per celebrare i 90 anni del maestro della fotografia italiana, almeno 60 dei quali trascorsi con una Leica al collo («È stata mia figlia a darmi una mano a mettere in ordine i ricordi...», ci tiene a sottolineare con autentica riconoscenza). «Proprio in quegli anni stavo passando dal dilettantismo alla professione, però non mi ricordavo di aver partecipato, per giunta con due foto a colori!», Berengo Gardin indossa la mascherina ma gli occhi azzurri stanno chiaramente sorridendo e si sono illuminati. Succede ogni volta che gli si mostra una foto e si ricorda di un momento, di un aneddoto, di una persona. «Quando cominciai la collaborazione con il Touring per i volumi dedicati alle regioni italiane e ai Paesi europei era in corso una vera rivoluzione. Con il redattore Giuliano Manzutto abbiamo deciso di cominciare a ritrarre le persone oltre che i paesaggi. Basta belle cartoline, ci voleva più anima». Ora sembra scontato vedere nei reportage le persone nel contesto in cui vivono, ma allora non lo era affatto.

«I primi viaggi nel Suditalia furono epici, si cominciava all’alba e si finiva al tramonto, macinando chilometri», tour de force che includevano un’intera generazione di fotografi di grandissimo livello come Pepi Merisio, Toni Nicolini, Cesare Colombo... «Eravamo tutti amici, ci davamo consigli, ma soprattutto ci piaceva scherzare insieme. L’unico cruccio era che i volumi pel Touring non avevano mai il nostro nome in copertina. Ma non importa, ho imparato e viaggiato così tanto in quegli anni». “Quegli anni” sono una collaborazione lunga due decenni alla quale Berengo Gardin affiancava numerosi altri progetti: dal racconto delle contestazioni studentesche alla vita dei gitani, fino al fondamentale lavoro negli ospedali psichiatrici che contribuì a sostenere le idee di cambiamento di Franco Basaglia. Altri tempi si dirà, in cui la fotografia non era abbellita in post produzione ma raccontava la realtà, anche se talvolta non era così bella da vedere. «Le foto modificate al computer diventano immagini, non più fotografie. Certo ci sono dei vantaggi, ma per me no. Io continuo con la pellicola e il bianco e nero. Per il Touring avevo solo fatto delle eccezioni», scoppia a ridere, ma scorrendole, le immagini che scattò per l’associazione in quegli anni lo emozionano ancora. Qualcuna non la riconosce nemmeno, ma si compiace di averle scattate tutte. «Sono il racconto di un’Italia che non c’è più e sono felice che resteranno a testimonianza». Si guarda intorno a indicare il suo, di archivio: due milioni di foto. Ovviamente in bianco e nero e nemmeno un computer a portata di mano.

Foto Archivio Tci