di Gino de Vecchis
L’analfabetismo geografico è una lacuna assai diffusa anche ai piani alti della politica.
Cristoforo Colombo, confidando nelle misure del grande geografo Tolomeo che attribuì alla Terra un diametro del 30 per cento più piccolo del reale, partì da Palos e giunse in America. Un errore geografico rivoluzionò così la storia del mondo. Le cronache attuali ci raccontano invece spesso di errori terra terra. Nel 1993 l’allora direttore della rivista dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia, Gianfranco Battisti, nell’editoriale informava di uno scherzo architettato da un periodico statunitense ai danni dei politici; i redattori avevano intervistato i deputati del Congresso con la seguente domanda: «Che ne pensa della crisi in Freedonia? Il governo locale sta attuando politiche di pulizia etnica contro le minoranze. L’America può restare con le mani in mano?». Ecco alcune risposte. Steve Buyer, repubblicano dell’Indiana: «La situazione in Freedonia è diversa rispetto al Medio Oriente»; Corrine Brown, democratica della Florida: «Dovremmo intervenire in soccorso di quella gente»; Nick Smith, repubblicano del Michigan: «Ci vuole un’azione dell’Onu». Tutte buone intenzioni, anche se... Freedonia non esiste. Esattamente come non esiste il Wakanda, immaginario Stato africano dell’universo dei fumetti Marvel, inserito nel 2019 nella lista dei partner commerciali del Dipartimento dell’Agricoltura statunitense.
Dello stesso periodo, la gaffe del presidente Trump, che in un comizio a Pittsburgh, parlando dell’emergenza migranti messicani, ha affermato che la sua amministrazione sta costruendo un muro in Colorado. Peccato che quest’ultimo non confini con il Messico. Efficace la risposta del governatore del Colorado: «È un bene che offriamo una scuola a tempo pieno e gratuito ai nostri bambini; così possono imparare le basi della geografia». Non sembra ci siano stati così grossi miglioramenti rispetto alla situazione fotografata negli anni Novanta da una rilevazione Gallup, che indicava che il 56 per cento degli statunitensi adulti non sapeva il numero degli abitanti del proprio Paese, mentre un terzo non conosceva nemmeno uno degli Stati della Nato. A fine anni Ottanta un’indagine sull’istruzione geografica in 10 nazioni (tra cui Usa, Giappone, Francia e Italia), commissionata dalla National Geographic Society e curata dal Tci per il nostro Paese fece emergere le tante lacune geografiche degli italiani.
Un problema, quello dell’analfabetismo geografico, dal quale in effetti anche i politici italiani sono affetti, se si pensa che secondo alcuni di loro: l’Emilia-Romagna confina con il Trentino, Novi Ligure si trova in Liguria e Dublino nel Regno Unito; si confondono il Venezuela con il Cile, la Libia con il Libano e Austerlitz con Auschwitz; ed esiste un tunnel che collega il Gran Sasso a Ginevra. Sebbene si tratti di nozioni, che – essendo misurabili – consentono ai media con più facilità di parlare d’ignoranza geografica, pur non sottovalutandone l’importanza, è opportuno ricordare quanto affermato nella premessa del volume che realizzò il Touring dagli allora presidenti Gilbert M. Grosvenor e Francesco Cetti Serbelloni: «Noi individuiamo nella geografia la disciplina fondamentale per la conoscenza del pianeta Terra. Siamo convinti che la conoscenza del territorio sia la base per valutare con responsabilità la compatibilità delle scelte e l’ammissibilità degli interventi». Come non essere d’accordo anche oggi?
*presidente onorario di Aiig