Ferrovia Vigezzina. L'autunno in carrozza

Vittorio GiannellaVittorio GiannellaVittorio GiannellaVittorio GiannellaVittorio GiannellaVittorio GiannellaVittorio GiannellaVittorio GiannellaVittorio GiannellaVittorio GiannellaVittorio Giannella

Sul trenino della Val Vigezzo per assaporare lentamente il fascino del foliage e dei piccoli Borghi Arancioni

Una meraviglia lunga 52 chilometri, tanto misura la linea ferrata che unisce la piemontese Domodossola a Locarno, in Svizzera. Per tutti, semplicemente la ferrovia Centovalli-Vigezzina. L’autunno con le sue sfumature di colore è il momento migliore per organizzare un weekend in Val Vigezzo, per ammirare dai finestrini canyon, cascate, precipizi e faggete. Da quasi un secolo un quotidiano elogio della lentezza a scartamento ridotto, dove il treno si muove al ritmo della natura. Il punto di arrivo per partire è Domodossola, la stazione dove decenni fa si fermavano i treni degli emigranti diretti in Svizzera, la porta di un altro mondo posta all’inizio della Val d’Ossola, vallata tracciata dall’impetuoso fiume Toce, e le numerose nervature rappresentate dalle valli laterali tra cui l’ampia Val Vigezzo. Una valle percorsa per intero dal piccolo treno che dal 1923 dopo 52 chilometri, 83 ponti e 39 gallerie giunge a Locarno, un’opera d’ingegneria civile che ha ricamato il suo tracciato accidentato nella valle senza deturparla. E allora, dopo uno sguardo alla foggia alpina di Domodossola con la centrale piazza Mercato, si parte. Da subito il treno comincia a salire con tornanti a elevata pendenza, il paesaggio è caratterizzato da ordinati filari di vigneti con la visuale sull’ampia Val Vigezzo, chiazzata di piccoli borghi ai piedi di poderose montagne con le nuvole ancorate alle cime. Qui ci si lascia conquistare dal silenzio, dai colori autunnali della natura, dai sapori di antica tradizione, dal girovagare nelle viuzze godendo della pace delle borgate, da quell’incanto fatto di locande, piccole cose e grande spiritualità. Dopo otto chilometri da Domodossola giungiamo alla stazioncina di Trontano, e siamo già saliti a 520 metri d’altitudine, regno di castagni e roverelle. Poco dopo cominciano i profondi valloni torrentizi e le prime gallerie naturali, spettacolo che attira l’attenzione dei viaggiatori armati di smartphone fino alla stazione di Coimo che sbuca dalla fitta faggeta colorata di giallo, davanti, le imponenti cime delle Alpi Lepontine. Il trenino dopo pochi chilometri attraversa un ampio altipiano puntellato da baite con i tetti ricoperti di beole, pietre che luccicano per le mille pagliuzze argentate che le compongono, anche con la luna piena, e per questo da secoli, alimentano l’alone di mistero che avvolge la zona, a dire degli abitanti, scelta dalle streghe come località prediletta.

Arriviamo a Santa Maria Maggiore che segna il punto culminante del percorso a 830 metri d’altitudine, Domodossola dista solo venti chilometri. È il paese capoluogo della valle dove c’è il maggior afflusso di turisti sia d’estate per i tanti sentieri sia in inverno per le piste di fondo che raggiungono i paesi vicini di Malesco e Druogno, oltre a essere Bandiera Arancione Tci. Passeremo qui la notte, perché ci sono spunti interessanti da vedere con calma. La visita inizia dal museo dello spazzacamino, alle spalle di Villa Antonia in pieno centro, suggestivo luogo della memoria che racconta le difficili condizioni di vita dei giovanissimi valligiani che tentarono la fortuna all’estero con questo antico mestiere. Vecchi attrezzi, biciclette e spazzole messe in bella vista con foto d’epoca. Due passi in via Rossetti Valentini per ammirare il palazzo delle Belle Arti, con le tele di pittori vigezzini che dalle atmosfere della valle hanno tratto ispirazione. Da non perdere la parrocchiale di S. Maria Assunta con i suoi affreschi, poi è la volta della Casa del Profumo, in piazza Risorgimento: inaugurata tre anni fa rende onore allo scopritore della formula di Aqua Mirabilis, l’acqua di Colonia, inventata da Giovanni Paolo Feminis, nativo di Santa Maria Maggiore, e a Giovanni Maria Farina, altro vigezzino che la commercializzò rendendola famosa in tutto il mondo. Dalla sale del museo si passa a quella del ristorante Le Colonne, per assaporare i tagliolini di farina di castagna e cavolo cappuccio accompagnato dagli stinchèet, sottili sfoglie ottenute con un miscuglio di acqua e farina. Poi il profumo di erbe aromatiche e prosciutto crudo vi guiderà nella vicina borgata di Crana, alle sale di stagionatura dei prosciutti vigezzini di Pierino Bona, azienda familiare che ha ottenuto la De.Co, acronimo di Denominazione Comunale di Origine, che ne tutela la ricetta e valorizza la tradizionale affumicatura delle cosce con bacche di ginepro e stagionatura all’aria vigezzina per 15-18 mesi. Chiedete al signor Pierino di accompagnarvi nel vicino oratorio di S. Rocco per vedere gli affreschi di Giovanni Battista da Legnano che, come un fumetto, riassume la vita del santo. La prima brinata di stagione imbianca ancora i prati quando, alle 8.38, raggiungiamo la stazione di Santa Maria Maggiore per salire sul trenino che ci porterà a Locarno. Prima fermata Malesco, comune Bandiera Arancione e porta d’ingresso del selvaggio parco nazionale della Valgrande; seguita da Villette, villaggio noto per i muri abbelliti da meridiane e numerose piccole cappelle votive, poco dopo a Re scendiamo per una visita all’imponente santuario della Madonna del Sangue. Risaliti in treno attraversiamo vari viadotti arditi per superare il torrente Melezzo infante ma spumoso, fino a Ribellasca, confine con la Svizzera. Da Camedo ha inizio la discesa spettacolare in una valle incassata tra alte pareti strapiombanti a picco sul torrente e sul lago di Melezzo, attraversando una tavolozza autunnale di sfumature gialle e rosse e numerose vallette laterali che hanno dato il nome con cui gli svizzeri battezzano la ferrovia, Centovalli appunto.

Altra tappa di due ore a Intragna per vedere il più bel ponte romano a schiena d’asino della valle, che si raggiunge dopo una facile camminata all’ombra di castagni centenari su un sentiero antico fatto di gradoni in pietra locale: un salto indietro di centinaia di anni vista l’atmosfera che ci avvolge tra il vento e il rumore potente del torrente. Riprendiamo il treno e appena usciti dalla stazione di Intragna ci ritroviamo sospesi a quasi ottanta metri sul torrente Melezzo, un ponte di ferro elegante, il più alto dell’intera tratta. Ci siamo: all’orizzonte si vede il lago Maggiore con le palazzine di Locarno, capolinea di questa spettacolare ferrovia. Abbiamo a disposizione tutto il pomeriggio prima di riprendere l’ultimo treno di rientro. Appena usciti dalla stazione avveniristica e sotterranea della città facciamo un salto nella splendida chiesa romanica di S. Vittore, alle spalle della stazione, con affreschi tra i più antichi del Canton Ticino. Da lì alla funicolare per il Santuario della Madonna del Sasso ci vogliono dieci minuti. Con una pendenza pazzesca si arriva a Orselina da dove appaiono in tutta la sua bellezza architettonica il Santuario a picco sul lago Maggiore e le montagne grigie nella foschia che fanno da cornice: un patrimonio di arte, storia e spiritualità. Colpisce all’interno della chiesa una tela di Antonio Ciseri che ritrae il Trasporto al sepolcro in modo spettacolare, e alla sua destra l’unica tela presente in Svizzera del Bramantino, la Fuga in Egitto, il resto sono colonne e soffitti affrescati da pittori ticinesi. A Locarno si fa un salto a Piazza Grande, con i bei palazzi color pastello che la cingono, sede del Festival Internazionale del Cinema e il panoramico lungolago. Alle 19 si ritorna, i finestroni del treno in corsa si appannano e tutto sfreccia via veloce.

Foto di Vittorio Giannella