di Clelia Arduini
Alla scoperta degli Istituti Italiani di cultura: 82 centri nel mondo per raccontare l'Italian way of life, tra mostre, spettacoli e altre eccellenze
Bisogna andare all’estero per scoprire la ricchezza culturale del nostro Paese e la bellezza del vivere all’italiana. è un paradosso, certo, ma non sbagliamo di molto se consideriamo la “potenza di fuoco” messa in campo dalla Farnesina, specie in questo periodo, con la sua rete estera articolata in cinque continenti di ambasciate, consolati e istituti italiani di cultura. Si tratta di una vera e propria task force di diplomazia culturale che promuove e diffonde la cultura italiana nel mondo e quel naturale stile che alcuni chiamano way of life composto da lingua, cucina, senso del bello, genialità. Un antichissimo e non replicabile modello costituito di elementi materiali e immateriali, che tutto il mondo vorrebbe per sé. Uno strumento, fatto di risorse spesso intangibili, che contribuisce a esercitare quello che la teoria delle relazioni internazionali oggi chiama soft power, ma che nei secoli è stata la pura fascinazione del mondo verso i valori e i modelli culturali propri del nostro Paese. Grazie a un piano quadriennale chiamato appunto “Vivere all’italiana” (e approvato con la legge 232 del 11 dicembre 2016) un numero crescente di cittadini stranieri e una bella fetta di connazionali che vivono fuori dal Belpaese (vedi box) ha potuto partecipare complessivamente a oltre 20mila eventi in oltre 250 città di 120 Paesi (di cui 9mila solo nel 2019 con 330 iniziative dedicate al genio dei geni, Leonardo da Vinci, per i 500 anni dalla sua morte). Al centro dei programmi tutto lo scibile: design e moda, archeologia e tutela del patrimonio, arti visive. Ma anche lingua, letteratura ed editoria, promozione del sistema universitario, cucina, turismo e territori, spettacoli dal vivo di musica, teatro e danza; e ancora: cinema, scienza, ricerca e innovazione, focus geografici. «La diplomazia culturale favorisce la reciproca conoscenza – sottolinea Lorenzo Angeloni, direttore generale per la promozione del Sistema Paese del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – e permette di stabilire canali di comunicazione con Paesi espressioni di altre civiltà, in linea con la tradizione dell’Italia. Che da sempre è quella di Paese facilitatore di un dialogo finalizzato alla stabilità e alla pace. Iniziative in aree chiave per il nostro paese, come “Italia, Culture, Mediterraneo”, del 2018, rispondono a questa esigenza».
Presenti in tutti i continenti, gli istituti culturali affilano le armi per un nuovo anno all’insegna del servizio del sistema Italia e dei cittadini residenti all’estero. Furono creati con un regio decreto nel 1926 sia per ragioni diplomatiche sia per mantenere un legame con i numerosi italiani emigrati nei decenni precedenti, ma furono aperti quasi tutti dopo la seconda guerra mondiale. Tra i primi a partire, nel 1932, quello di Bruxelles cui seguì nel 1939 l’istituto di Madrid. Attualmente sono 84, di cui 82 operativi (a Tripoli e Damasco l’attività è stata sospesa). Alla guida otto direttori nominati per chiara fama, come prevede la legge (possono essere al massimo dieci e solitamente sono scelti per gli istituti più importanti, il loro nome, conosciuto anche al di fuori dei confini nazionali, può contribuire al successo delle iniziative), e poi 75 fra dirigenti e funzionari della promozione culturale, con incarico di direttore – di cui attualmente la metà è donna – o di addetto, assistiti da 353 dipendenti a contratto. Nel 2020, la Farnesina ha assunto 44 nuovi funzionari per la promozione culturale, che renderanno più forte e capillare la nostra diplomazia culturale. Anche grazie alle nuove aperture, sempre quest’anno, a Dakar e Abu Dhabi, pensate per far fronte alle sfide poste dalle nuove dinamiche mondiali. Tra le iniziative previste nel 2021 – rafforzate dalla legge “Cura Italia” che ha assegnato alla Farnesina 30 milioni di euro per sostenere i tre grandi filoni della promozione integrata (cultura e lingua, economia e commercio, scienza e ricerca) e rilanciare l’immagine dell’Italia – in dirittura d’arrivo ci sono “Vivere all’italiana sul palcoscenico” e “Vivere all’italiana in musica”. Si tratta di venti nuove produzioni individuate con un avviso pubblico nell’ambito della musica, del teatro, della danza e del circo contemporanei, che saranno fruibili online on demand e “circuiteranno” all’estero. Grande attenzione anche alla settima arte: in collaborazione con Anica (Associazione nazionale industrie cinematografiche audiovisive e multimediali) saranno realizzati cinque cortometraggi d’autore per raccontare al pubblico straniero l’Italia di oggi e le sue eccellenze. I corti, firmati da registi e sceneggiatori italiani selezionati con una procedura aperta e pubblica, saranno disponibili in streaming e protagonisti di proiezioni “in presenza” in tutto il mondo (i dettagli dei corti selezionati si trovano sul sito del Ministero). Sul fronte dell’arte contemporanea è partito il progetto “Cantica21” (cantica21.it) messo a punto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, che con una grande mostra “diffusa” nel mondo promuove la ricerca e la pratica sulle arti visive per valorizzare le capacità ideative e il lavoro degli artisti italiani, favorendone il rilancio sui mercati internazionali.
E per i beni culturali scende in campo perfino Geronimo Stilton, lo “stratopico” personaggio amato dai bambini, che racconterà con un’avventura inedita in giro per l’Italia le ricchezze del nostro territorio. L’inedito Grand Tour sarà tradotto in più lingue straniere e diffuso all’estero per avvicinare anche i più giovani ai tesori nascosti del nostro Paese. E sempre al pubblico più giovane, nei primi mesi del 2021 strizzerà l’occhio un videogioco sul patrimonio culturale, articolato in cento livelli ognuno dei quali associato a un sito culturale. «Il covid-19 ha messo l’Italia davanti a una sfida storica – aggiunge Angeloni – dobbiamo rilanciare l’Italia in modo sostenibile, difendendo i posti di lavoro esistenti e creandone di nuovi. La cultura può essere una leva straordinaria, anche perché consente di creare occupazione di qualità, legata ai nostri territori, dove la stessa formazione svolge un ruolo importante. Ricordo che spendere in cultura significa investire. In Italia, la cultura ha generato quasi 96 miliardi di euro di valore aggiunto nel 2018; 1,55 milioni di occupati che lavorano in una delle 416mila imprese del settore. Generando oltre 62 miliardi di euro di export, che è pari al 14 per cento del commercio italiano con l’estero. Senza contare che più di un terzo del fatturato del settore turistico è attivato dalla cultura». Resta ancora molto da fare per irrobustire la nostra diplomazia culturale: sul fronte del personale, per esempio, in termini comparati, per ogni addetto italiano all’estero la Spagna (il cui Instituto Cervantes ha 86 sedi in 45 Paesi) e la Germania (che mantiene 159 Goethe-Institut in 98 Paesi) ne hanno circa 3, la Francia 5 (con 98 Instituts français in 89 Paesi, più 128 “antennes” decentrate). Ma sul fronte della “casa Europa” in cui le diverse culture dovrebbero confrontarsi di più, un passo avanti è stato fatto con la fondazione di Eunic (European national instituts for culture), organismo indipendente, al quale hanno aderito la maggior parte degli istituti di cultura europei, tra cui i nostri. Perché solo una rete, che parli in tutto il pianeta il linguaggio universale dell’arte, della cultura e della bellezza, ci salverà.