di Silvestro Serra | Foto di Massimo Pacifico
Un diplomatico italiano affascinato dall’unicità e dai contrasti del Paese, racconta in un libro il suo lungo “viaggio”. E ci guida a capirlo svelandoci leggende, manie, passioni, ossessioni e le sue infinite regole
«Andare in Giappone è come cambiare dimensione, come passare da un’altra parte. Cambia persino il concetto di tempo. Tutto è magico, diverso, strano... Strano ma affascinante tanto che ogni volta che ci torno mi viene voglia di approfondire questa diversità». Mario Vattani, diplomatico italiano a lungo incaricato in Giappone ed Estremo Oriente, moglie giapponese, non si è accontentato delle facili suggestioni che il Paese del Sol Levante alimenta nei turisti superficiali: ha preso la patente di guida, ha imparato la lingua, ha studiato e praticato le arti marziali, ha girato il Paese in lungo e in largo e con tutti i mezzi, a piedi, fino in cima al monte Fuji, e in treno. «Un mezzo amatissimo dai giapponesi, che riassume l’identità nazionale e ne simboleggia l’orgoglio, che ha unito il Paese e raggiunge con una precisione massima ogni angolo di questa isola lunga, stretta dalla natura complicata».
E Vattani, già alla seconda prova di scrittore, ha ora trasferito questa esperienza in un libro, Svelare il Giappone, voluto fortemente da Giunti editore. Un volume che, nonostante le 396 pagine, risulta agile, scorrevole e ricco di storie, leggende, divinità e samurai, ma anche di modi di fare, tic, comportamenti, vezzi, passioni e manie di un popolo e di un Paese «rimasto impermeabile all’Occidente. In fondo anche la Cina e l’India hanno subito la presenza e la cultura occidentale, abbiamo anche lì lasciato un marchio. In Giappone no. Qui il Cristianesimo non ha mai attecchito». Svelare il Giappone è quanto di più lontano da una guida turistica si possa immaginare, anche se davvero utile e ricco di consigli pratici. Cerca di aiutare a conoscere «qualcuno che è diverso da noi, un universo fatto di infinite regole non scritte, di dettagli che sembrano insignificanti e che invece fanno la differenza e sono fondamentali per capire, per avvicinarsi a questo Paese e a questo popolo, per superare i luoghi comuni, vincere i pregiudizi, evitare le gaffe, capirne la mentalità e alla fine sentirsi un po’ meno gaijin ovvero meno estranei, meno stranieri».
La passione, l’attrazione, il richiamo per il Giappone che ha assorbito già in famiglia e fin da bambino, non fanno tuttavia velo a Vattani nel raccontare anche con accenti sinceri e crudi i tanti aspetti dark e complessi di un mondo affascinante quanto difficile, le sue contraddizioni, la sua duplicità, le sue ossessioni. A cominciare dal singolare rapporto con una natura aspra e dura, con una terra pericolosa per terremoti, eruzioni, tifoni e tsunami, ma che ha in sé qualcosa di sacro da rispettare. Selvaggia, non domata eppure amatissima. Una natura che cerca di imporre la sua volontà e con cui l’uomo lotta continuamente per tenerla sotto controllo e sopravvivere.
Tutto il libro di Vattani è un sottolineare questo universo di contrasti: la città ipermoderna che conserva strutture vintage tenute benissimo, i rituali legati alle cerimonie più popolari, dalla scrittura al té, dall’ikebana alle arti marziali. Dal ferreo rapporto gerarchico basato sull’età e sul rispetto degli anziani, al galateo a tavola e nelle case (mai incrociare le bacchette sul piatto di riso, mai camminare con le scarpe sul tatami sul pavimento, mai scavalcare una spada o un oggetto che la ricordi…). Contrasti anche a tavola tra il dolce, il salato e quel gusto in più, quell’umami che sembrano avere solo loro. Contrasti anche in casa tra lo spazio vitale delle abitazioni, più piccole delle nostre, e il grande amore per il vuoto (noi accumuliamo, loro sottraggono). Infiniti contrasti di un Paese che, citando anche l’amato scrittore Yukio Mishima, Vattani definisce «elegante e brutale, raffinato e crudele, ordinato e ribelle...».
Un Paese democratico dove vigono libertà, rispetto e privacy (e distanziamento) ma dove viene esercitato da tutti un implacabile controllo sociale che nasce già nella scuola, vera e propria micro società organizzata e gerarchica, come sul posto di lavoro (dove spesso il dirigente combina i matrimoni a impiegati che dedicano la gran parte della loro vita all’attività lavorativa) e persino nei condomini. Ma se questa vita può apparire quasi aliena alla nostra sensibilità, dove nessuno si lamenta mai (lamentarsi oltre che inutile è altamente disonorevole), è anche una grande recita, una gigantesca forma di teatro, sostiene Vattani. Le forme, i gesti, gli atteggiamenti così fortemente sottolineati non sarebbero altro che altrettante mosse di scena. Tutto fatto per non esporsi, per nascondere la propria natura, per evitare l’unico scandalo: mettere a nudo le proprie emozioni.
Il libro entra a fondo nel cuore della vita giapponese svelandone via via i codici, con le parole chiave fondamentali. Si va da Ritmo (tutto avviene sempre in tre fasi: accenno, pausa, esecuzione) a Giardino, da Spada a Morte, da Bellezza ad Amore, da Tormento fino a Impero... «Ma per capire davvero il Giappone bisogna fare l’esperienza degli onsen», i bagni pubblici, generalmente situati in località di villeggiatura e immersi nella natura. «È qui che tra bagni, abluzioni, regole ferree nell’abbigliamento e nei riti, si capisce davvero l’animo giapponese, fatto di desiderio di ritorno a una stagione antica, all’età sognata dell’innocenza, alla lontananza sia pur momentanea dallo stress quotidiano. Un’esperienza davvero totalizzante». Troppe regole per un occidentale? È paradossale ma, conclude il diplomatico-scrittore, «andando via da questo universo super controllato ci si sente più liberi. Grazie al Giappone abbiamo imparato a conoscere meglio noi stessi, e la nostra individualità (occidentale) ha potuto espandersi. Svelarsi appunto».
Svelare il Giappone
Frutto di una lunga permanenza in territorio nipponico, il libro di Mario Vattani (pag. 396, 19 €, Giunti editore) non è una semplice guida, anche se ricco di riferimenti e consigli utili all’eventuale viaggiatore.
Tenta invece di entrare nell’animo di un Paese e di un popolo rimasto isolato dal mondo per secoli.