Una foto, una storia. Così Stretto... da farci un ponte?

Puntuale come il Natale, i treni giapponesi e la quiete dopo la tempesta si torna a parlare del ponte sullo Stretto di Messina

Ci risiamo. Puntuale come il Natale, i treni giapponesi e la quiete dopo la tempesta si torna a parlare del ponte di Messina. «Sullo Stretto dobbiamo pensare, quando ci saranno le condizioni, a un miracolo di ingegneria, una struttura leggera ed ecosostenibile e nel caso anche sottomarina» ha detto quest’estate il premier Giuseppe Conte. Ed ecco che si è palesato l’eterno ritorno del progetto infinito e mai finito di unire Scilla e Cariddi, improvvidamente divise dall’acqua perigliosa dello Stretto. Quella di cui Omero scrisse: «... e sotto Cariddi gloriosamente l’acqua livida assorbe./ Tre volte al giorno la vomita e tre la riassorbe/ paurosamente. Ah, che tu non sia là quando riassorbe». Un tratto di mare pericoloso non solo nella letteratura classica. Tratto che deve essere accorciato, saltato, unito, per evitare – costi quel che costi – di dover ancora prendere quel benedetto ferribotte, che uora uora arrivau.

L’idea del tunnel non è nuova. Racconta il giornalista Gian Antonio Stella che un «passaggio sottomarino attraverso allo Stretto di Messina per unire in comunicazione continua il sistema stradale ferroviario siciliano alla rete della penisola fu infatti proposto dall’ingegnere Carlo Alberto Navone nel 1870». Esattamente 150 anni fa. Riveduta e corretta, l’ipotesi del tunnel ritorna. Dal punto di vista geomorfologico si fonda sull’esistenza nello Stretto di una sella sottomarina tra Villa San Giovanni e contrada Arcieri a Messina. «Una zona poco profonda che indica una continuità montuosa tra Aspromonte e Peloritani, tutto a una profondità di 170 metri. Scendendo di 50 metri si può scavare un tunnel subalveo» ha spiegato al Corriere della Sera l’ingegnere Giovanni Saccà. Il tunnel verrebbe realizzato in cinque anni, costo 1,5 miliardi. Il progetto è allo studio del Ministero, ma un tunnel scalda poco gli animi.

«Il ponte è un simbolo. Il tunnel non lo vede nessuno» ha constatato Saccà. Ha ragione: un ponte è un ponte, altrimenti che ci metti sulle cartoline? È forse per questo che la variante ponte è quella che ha avuto più declinazioni. In un libro di qualche anno fa, Il mitico ponte sullo Stretto, il sociologo Aurelio Angelini fece il punto su tutti i progetti, veri o presunti, per unire Scilla e Cariddi: storia millenaria. Scrive Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia che il console romano Cecilio Metello, vincitore di Asdrubale, nel 251 a.C. abbia tentato di trasportare da Messina a Reggio 170 elefanti da guerra costruendo un ponte di barche e botti galleggianti. È la prima tappa del “cavalcamare”, ovvero un “attraversamento stabile tra la Sicilia e il Continente”. Sogno accarezzato – si dice – anche da Carlo Magno, oltre che dai sovrani del Regno delle Due Sicilie, che lo abbandonarono per via dei costi. Dall’Unità d’Italia il chiacchiericcio sul ponte dello Stretto torna periodicamente. Nel 1876 il ministro dei Lavori pubblici, Giuseppe Zanardelli, dichiarò: «Sopra i flutti o sotto i flutti la Sicilia sia unita al Continente». Nel 1942 anche Mussolini volle dire la sua: «È tempo di finirla con questa storia dell’isola. Dopo la guerra farò costruire un ponte».

Nel 1984, Claudio Signorile, ministro per il Mezzogiorno: «Il ponte si farà entro il 1994». L’anno successivo il presidente del Consiglio Bettino Craxi fu categorico: «Nel 1989 prenderanno avvio i lavori. Nel 1995 il ponte sarà ultimato, sarà da primato mondiale». Nel 2001, il ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi arriva a proclamare: «Il ponte sarà pronto nel 2012, il pedaggio costerà 21mila lire». Seguono anni di annunci e smentite, una quasi inaugurazione del primo scavo, retromarce, sospensioni, polemiche: «Ponte». «Non ponte». «Opportunità». «Catastrofe ambientale». «Volano di rilancio». «Favore alla mafia». L’ultima promessa è del 2018, epoca di elezioni regionali in Sicilia, la fece l’assessore ai Trasporti: «Entro il 2023 il governo regionale si propone di porre la prima pietra». Vedremo. Nel frattempo non ci sono stati solo annunci. Nel 1981 viene creata la società pubblica Stretto di Messina Spa incaricata di realizzare concretamente l’attraversamento. Dal 2012 è in liquidazione. In oltre 30 anni tra studi di fattibilità, incartamenti, sedi, personale, consulenze, missioni, avrebbe bruciato oltre 300 milioni di euro.

Il progetto che è andato più vicino alla realizzazione prevedeva un collegamento tra Cannitello in Calabria e Ganzirri in Sicilia mediante un ponte sospeso con due corsie stradali, una di emergenza e due binari ferroviari. L’impalcato sospeso misurava 3.666 metri, con una campata unica di 3.300 ancorata a quattro cavi d’acciaio, i due piloni sarebbero stati alti 399 metri. Non se ne è fatto nulla. Altra corsa, altro giro: di nuovo largo al tunnel.

L’unico ad aver attraversato lo Stretto senza imbarcazioni, ponti o tunnel è stato S. Francesco di Paola. Si sa il giorno: 4 aprile 1464, non è chiaro se all’alba o sul far della sera. Il Santo arrivò a Catona e, dopo essersi visto rifiutare un passaggio da un avido traghettatore, invocò la Provvidenza che lo incoraggiò a stendere il mantello e attraversare le acque. Cosa che fece, approdando in Sicilia. Ma qui siamo nel campo dei miracoli, e S. Francesco di Paola protettore della Calabria è l’unico ad averne fatti. Per ora.

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