Emilia, tutti i colori di Maranello

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Terme storiche e castelli medievali, riserve naturali, borghi suggestivi e musei unici: nel Modenese, oltre al rosso Ferrari brillano tanti altri colori, tutti da scoprire

 

«Questa è la scrivania di Enzo Ferrari. È stato portata qui dalla sua casa-museo. La visita al Museo Ferrari di Maranello (Mo) inizia da qui perché tutto è iniziato da qui. Il suo blocco d’appunti, il suo telefono, la sua penna: sempre la stessa, sempre dello stesso colore, il colore che Enzo amava perché gli ricordava il padre...» «Rossa?», chiedo. «No.»
Ok, ho fatto una figuraccia. Ma pensavo che il rosso Ferrari… E invece no. Il rosso Ferrari, scopro durante la visita del museo, era tale perché all’epoca le auto che partecipavano al campionato del mondo avevano un colore che ne identificava la nazionalità. Le vetture Usa erano bianche e blu, per esempio. Quelle dell’Italia, rappresentata dalla Ferrari, erano rosse. Ma il colore, anzi i colori, a cui Enzo Ferrari era legato erano altri: il giallo della sua Modena, e infatti il cavallino rampante è su campo giallo, ma soprattutto il colore che gli ricordava il padre, quella scrivania che Enzo, da bambino, vedeva sempre piena di documenti e ricevute, di carta copiativa, come si usava allora: davanti bianca, dietro viola chiaro. Viola, il colore di papà Alfredo. Viola il ricordo, viola la penna dell’ingegner Ferrari.

Allora ho capito. Qui non c’è solo il rosso Ferrari. La provincia di Modena è un arcobaleno di colori.

Anzitutto c’è il giallo del capoluogo, Modena, ai piedi della Ghirlanda, la torre civica simbolo della città, che assieme al Duomo e alla Piazza Grande che li ospita è Patrimonio Unesco. Gialla è pure l’avveniristica struttura che ospita il museo Enzo Ferrari, presso la casa dell’ingegnere. Poi c’è il rosso di Maranello, conosciuta in tutto il mondo per la Ferrari e meta di turismo per il Museo Ferrari, un concentrato pazzesco di tecnologia e di storia, capace di affascinare anche chi non ha la passione per i motori. Merito delle varie sezioni, quella della Formula Uno con tutte le monoposto che hanno fatto la storia del Cavallino, da Fangio a Schumacher; ma anche quella con le hypercar, le lussuosissime e supertecnologiche vetture realizzate sempre in edizione limitata per poche centinaia di collezionisti. Ad arricchire il museo, le auto storiche testimoni dei trionfi del passato. Tutto è esposto a rotazione, cosicchè ogni visita è sempre diversa dalla precedente: solo la passione resta la stessa. E il colore della passione, si sa, è il rosso.
C’è il verdenero del Sassuolo, piccola squadra di calcio in serie A che ha fatto scoprire al resto d’Italia questa cittadina (40mila abitanti, la seconda della provincia dopo Modena), capofila del locale distretto della ceramica: l’80 per cento della produzione nazionale avviene in quest’area. Non è però verde né nero il Palazzo Ducale, seicentesco, alla cui elegante facciata si contrappongono i trompe l’oeil e i fregi barocchi degli interni, con sale e gallerie riccamente decorate. Da visitare anche il parco che lo circonda.

 

Blu è invece il colore guida per le Terme della Salvarola, nell’omonima frazione di Sassuolo, su tra i boschi e le colline. Note sin dall’età romana, furono adibite a sorgenti termali nel 1884, quando l’avvocato Luigi Rognoni vi fece costruire il primo albergo. La facciata in stile liberty delle terme è del 1910. Oggi il complesso comprende una parte dedicata specificamente a cure mediche termali (in particolare per problemi respiratori e reumatici) e un’altra dedicata al benessere e al relax, con piscine idromassaggio, sauna e bagno turco, un centro yoga e un’area massaggi dove si pratica, tra l’altro, la vinoterapia. A marzo le Terme ospitano il Concours d’Élégance Trofeo Salvarola Terme riservato alle auto d’epoca: una vera e propria sfilata di star su quattro ruote (Ferrari, Maserati, Alfa Romeo, Bugatti, Cisitalia...), divise in classi e categorie. Il concorso paradossalmente nacque con ragioni tutt’altro che automobilistiche: far conoscere ai piloti le bellezze del Modenese, soprattutto quelle... gastronomiche.
A proposito di assaggi, viola è pure il colore dell’aceto balsamico tradizionale, dop dal 2000, uno dei prodotti più rari e preziosi della gastronomia italiana (costa circa 450 euro al litro). Spesso confuso con l’aceto balsamico, il tradizionale ha un disciplinare molto rigido, si produce solo nelle province di Modena e Reggio Emilia da mosto cotto (e non dal vino, come spesso si crede), ed è venduto esclusivamente nella bottiglietta disegnata da Giugiaro.Il disciplinare deriva da una lettera scritta nel 1862 da Francesco Aggazzotti, avvocato, viticoltore e primo sindaco di Formigine dopo l’Unità d’Italia. A lui è giustamente intitolata l’Acetaia comunale di Formigine, dove il balsamico tradizionale raggiunge l’invecchiamento minimo di 25 anni sotto lo sguardo attento del maestro acetaio Giorgio Ferrari e dei suoi capelli bianchi.

Grigio è invece il colore delle Salse di Nirano, la prima riserva naturale regionale dell’Emilia-Romagna, istituita nel 1982. A caratterizzare quest’area sono dei curiosi vulcanelli di fango freddo che ribolle. Un fenomeno naturale così insolito e particolare che ha sempre attirato l’attenzione dei viaggiatori, da Plinio il Vecchio a Victor Hugo; in tempi più recenti la cantante Giorgia ha girato qui un video. Questo fango, in passato ritenuto a torto curativo, risale da profondità che raggiungono i due chilometri. Nella riserva ci sono 13 percorsi di visita con postazioni informative; il paesaggio è bizzarro, a tratti lunare. Curioso notare che l’area non è riserva naturale per questo fenomeno, ma per la presenza di una pianticella tanto rara quanto anonima, la puccinella fasciculata, che cresce in questa zona ed è un fossile vivente, avendo più di ottomila anni.
Ne ha “solo” 819, di anni, il Castello di Formigine, sulla strada che da Modena porta a Maranello. Originario del 1201 ­– ma l’aspetto attuale risale al Quattrocento –, sorge nel cuore della cittadina, affacciato su piazza Calcagnini, imponente, centrale, vivo e vissuto come il milanese Castello sforzesco. Il Castello di Formigine è il luogo della memoria collettiva e il salotto cittadino: nel suo parco le famiglie portano i bambini, nel ristorante enoteca al piano terra si trascorrono le serate, nelle sale comunali soprastanti ci si sposa. All’interno, un museo multimediale con installazioni audio e video realizzate da Studio Azzurro racconta la storia del castello e con esso la storia di Formigine.

Il nostro viaggio si conclude idealmente in un altro castello, quello di Spezzano, poco fuori Fiorano (nota soprattutto per il circuito di prova della Ferrari). Non ha la magnificenza di quello di Formigine: i numerosi ampliamenti e rifacimenti, l’ultimo dei quali seicentesco, ne hanno “annacquato” l’originario aspetto medievale. Ma ha due fiori all’occhiello unici. Il primo è la grande Sala delle Vedute, interamente affrescata nel 1596 con le immagini dei 57 fra borghi e castelli che costituivano i possedimenti di Marco III Pio di Savoia. Il secondo è il Museo della ceramica, diviso in tre sezioni: quella storica, dove si fa anche archeologia sperimentale e scopriamo il marchio latino Mutina fecit, ovvero il Made in Italy al tempo di Romani; quella multimediale, allestita nei sotterranei, con materiali audio e video realizzati con grande creatività; e la raccolta di arte contemporanea, con circa 200 oggetti di design. Domina – anche fisicamente – questa sezione l’omaggio a Enzo Ferrari realizzato da Ivano Marco Malavasi Quando il sogno diventa realtà: un cavallino rampante alto 160 centimetri in ceramica a mosaico su supporto di legno. I colori? Nero e oro. Mica ve lo aspettavate rosso, vero?