Lazio. Lungo l'alta valle dell'Aniene

Il fiume Aniene scorre verso Roma tra paesaggi selvaggi e piccoli borghi. Lungo il suo corso fa scoprire antichi monasteri e le ville segrete degli imperatori

 

Il fascino di una vallata che sembra cristallizzato nei secoli. Percorsa dalla via della fede e da quella del potere, con il fiume Aniene che le scorre nel mezzo, mantenendo un sottile equilibrio tra le due forze, a un’ora dalla Città Eterna. Una metropoli che ha sempre tenuto nascosta questa valle alle pendici dei Monti Simbruini, diventata Parco naturale, e che l’ha preservata nella sua bellezza selvaggia. La stessa di cui si invaghì Gaspar Van Wittel, italianizzato in Gaspare Vanvitelli, che la ritrasse più e più volte nelle sue vedute.
Meta del Grand Tour prima dell’arrivo a Roma, la valle dell’Aniene sembra essere la musa ispiratrice di una favolosa età dell’oro che combina paesaggi ancora intatti a scorci di tempietti votivi (qui sono stati trovati i resti delle ville di Nerone, di Traiano e di Adriano), residenza dell’élite romana ai tempi dell’impero, poi luogo mistico dove trovare la Regola per San Benedetto. Oggi il laghetto di S. Benedetto, ai piedi dell’abbazia di Subiaco, è raccontato come “i Caraibi a due passi da Roma”. Merito dell’acqua cristallina che si tuffa nel verde smeraldo, alimentata da una piccola cascata che nasce dal fiume. Ripercorriamo insieme, borgo per borgo, la strada che dalla fonte di Filettino, ai confini con l’Abruzzo, conduce a Roma, come gli antichi acquedotti che portavano acqua e vita alla Città Eterna.

Dalla sorgente, il primo centro abitato importante che il fiume incontra è Subiaco. Il Sacro Speco o abbazia di S. Benedetto è un gioco d’equilibrio, come quello tra la retta via e il peccato: è formato da due cappelle sovrapposte che, come disse papa Pio II Piccolomini nel XV secolo, si aggrappano a nido di rondine sullo strapiombo formato dal monte Taleo. La chiesa superiore è ornata da affreschi della scuola del Perugino, mentre quella inferiore è costituita da una grotta affrescata dove visse San Benedetto per oltre tre anni, oggi nota come il Sacro Speco. Qui si trova una raffigurazione molto rara: quella di San Francesco d’Assisi ritratto poco prima della morte, senza stimmate e aureola e rappresentato strabico, per la malattia che lo condusse a perdere la vista. Più a valle s’incontra l'imponente complesso di Santa Scolastica, sorella di San Benedetto, unico superstite dei dodici monasteri fondati secondo la celebre regola benedettina Ora et Labora. Tre chiostri che si intrecciano a raccontare la storia del monastero: la visita si apre nello stile rinascimentale, passa al gotico, con la maestosa biblioteca, per arrivare al cosmatesco del XIII secolo. Ma qui la Via dello Spirito, tappa fondamentale del cammino di San Benedetto che dall’Umbria arriva a Montecassino, si intreccia con percorsi più laici: ai piedi del Sacro Speco si trovano i resti della villa di Nerone che gode della vista dei laghi sublacensi. Probabilmente fu qui costruita per capriccio dell’imperatore, che amava osservare durante i banchetti i giochi d’acqua del fiume. Al centro del paese svetta la Rocca dei Borgia, che diede i natali a Lucrezia e a Cesare: un castello dalle volte affrescate che per secoli fu simbolo del potere temporale degli abati di Santa Scolastica. Una fortezza militare inespugnabile, passata poi nelle mani della ricca famiglia dei Colonna. Nella struttura, il Museo della Carta ricorda che proprio qui fu stampato il primo libro a caratteri mobili in Italia, una fusione tra la grafia gotica e latina che venne conosciuta in tutta Europa come Subiaco Type nel 1465. Ci si perde in questo gioco di bellezza tra sacro e profano e per qualche istante si può assaporare la beatitudine della vita monastica per poi percepire lo sconfinato potere, di vita e di morte, di cui godevano i signori del passato.

Da Subiaco si sale, vertiginosamente, percorrendo a ritroso un altro ramo del fiume Aniene, quasi a volersi liberare di tutti gli orpelli e degli intrighi di potere delle famiglie nobili che dominarono queste terre. Si arriva così a Cervara di Roma, borgo Bandiera Arancione Tci dagli scorci indimenticabili: questo paesino a oltre mille metri ai margini del Parco regionale dei Monti Simbruini è fatto di scale e scalini da cui ammirare il panorama. Ad allietare la salita o la discesa vi sono dediche di poeti, artisti e scultori che hanno amato al primo sguardo la cittadina: Samuel F.B. Morse, pittore statunitense inventore dell’alfabeto omonimo, il ritrattista francese Ernest Hébert e il poeta spagnolo Raphael Alberti. Negli anni Ottanta del Novecento, un professore dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, insieme ai suoi studenti, incise figure e ritratti nella roccia calcarea, tanto da rinominare Cervara “paese scolpito nella roccia”. Dal punto più alto della cittadina, godendo della vista rasserenante su tutta la vallata, come faceva un tempo il popolo preromano degli Equi, si ammira Arsoli, dove l’Aniene trova forza e vigore scorrendo impetuoso, un borgo diffuso dedicato ai mestieri antichi: nel centro storico si può “toccare con mano” come si viveva una volta, con tanti abitanti-attori che interpretano i mestieri di un tempo.
Tornando sulla strada principale, sempre corteggiati dallo scorrere dell’Aniene, appare, alto tra le nubi, il borgo di Anticoli Corrado, da sempre famoso per la bellezza: sia per lo scorcio che si gode dal basso, arrivandoci, sia per il panorama dall’alto, guardando verso i boschi rigogliosi, ma anche grazie alle sue modelle. Ragazze di una bellezza mediterranea frutto, si racconta, di una popolazione mescolata con uomini mediorientali di passaggio, rapiti dalla grazia delle donne locali. Nel Museo d’arte moderna e contemporanea si possono ammirare diversi ritratti che hanno come soggetto le muse locali, donne di Anticoli che hanno ispirato artisti come Picasso, Corot, Duchamp, Kokoschka e persino Fausto Pirandello, figlio del drammaturgo Luigi. Una galleria che ha assegnato al borgo il nome di “Paese degli artisti e delle modelle”. Ma Anticoli Corrado merita una visita anche per la chiesa di Santa Vittoria, di fronte al museo: all’interno si trovano alcune pale d’altare a tema religioso ma in stile decisamente pop e contemporaneo, con una serie di ritratti “scanzonati” dei santi firmati da artisti contemporanei come Eric Hebborn e Manfred Dietrich.

Seguendo il più lento scorrere del fiume, solo un quarto d’ora di strada separa Anticoli Corrado da Mandela, ma li distanzia un abisso: il primo, un borgo d’arte e d’artisti, la seconda una cittadina da sempre al servizio della nobiltà e del potere, quello vero, di porpora e d’oro. A Mandela imperdibile la visita al “bosco romantico”, ovvero i giardini all’italiana all’interno del Castello, oggi di proprietà dei marchesi del Gallo di Roccagiovine. Chiamati anche giardini d’Orazio e inseriti nel circuito dei Grandi Giardini Italiani,
furono amati da papa Pio VI, ex abate di Subiaco, e divennero centro intellettuale e artistico sotto Giulia Bonaparte, cugina di Napoleone III.
Facendo una piccola deviazione rispetto alla strada che conduce a Roma, risalendo un altro ramo dell’Aniene s’incontra Licenza, paese intriso di poesia e cultura: qui si trovano i resti della villa romana appartenuta – pare – al poeta Orazio e, a neanche duecento metri da essa, l’antico ninfeo della potente famiglia Orsini, la Fonte Bandusia, dove i rampolli declamavano il loro amore alle belle del luogo.
La valle dell’Aniene si stringe poi attorno a Vicovaro, per millenni la vera porta orientale per Roma, la cittadina più importante, a livello politico e strategico, dell’intera zona. E proprio qui si trova un esempio unico di gotico rinascimentale: il tempietto votivo di San Giacomo Maggiore: un «gran lavoro» secondo il Vasari, per una costruzione durata quasi un secolo a causa delle vicissitudini della famiglia Orsini (compresa una scomunica e diversi disordini). Oggi il quadro di Maria Ss. Avvocata Nostra è meta di costante pellegrinaggio di fedeli perché “quando gira gli occhi rivolgendoli al cielo” sembra esaudire la preghiera di chi la invoca.

Il luogo forse più noto fra quelli toccati dall’Aniene è Tivoli, con la rinascimentale Villa d’Este dagli spettacolari giochi d’acqua e con Villa Adriana, la dimora imperiale Patrimonio Unesco dal 1999. Ma è anche quello di cui si parla di più, perciò abbiamo preferito dare spazio a tutti quei luoghi, suggestivi e poco noti, più vicini alla sorgente e ai Monti Simbruini. È il maestoso salto della cascata di Tivoli (e le successive cascatelle) a sancire l’arrivo del fiume nella pianura romana, ormai indirizzato alla confluenza nel Tevere.
Siamo giunti alle porte di Roma, quando vediamo il profilo imponente del ponte Nomentano: costruito all’epoca di Menenio Agrippa e immortalato da pittori di tutte le epoche per il fascino delle sue sovrastrutture di epoca medievale e rinascimentale e gli archivolti di travertino. La leggenda vuole che sopra questo ponte, uno dei pochi pedonali della città, nell’anno 800 abbia avuto luogo l’incontro fra Carlo Magno, diretto a Roma per essere incoronato imperatore nella basilica di San Pietro, e papa Leone III. Aperto al pubblico con visite su prenotazione, è il simbolo del quartiere Montesacro ed è inserito nel Parco naturale della Valle dell’Aniene, l’area protetta di 650 ettari lungo il corso urbano del fiume dal Grande Raccordo Anulare fino alla confluenza con il Tevere. La Città Eterna ci attende.
 

Fotografie di Vittorio Giannella