di Clelia Arduini
Terra di pellegrini e di mercanti, di leggende e di miti. Ma anche paese di editori, appassionati lettori e (premiati) scrittori
«Se guardi in cielo c’è la luna, se guardi a sinistra vedi il monte, se guardi a destra vedi il mare, allora vuol dire che stai alle Montanare...». Così Artemisio, “libero comiziante, anche a richiesta, e poeta di cantina e dintorni”, descrive le Torri Montanare, simbolo iconico di Lanciano, in provincia di Chieti. Lui, poeta toscaneggiante, è nato tra fantasia e realtà dalla penna di Remo Rapino, 69 anni, scrittore lancianese vincitore del Premio Campiello 2020 (edizione n. 58) con Vita, morte e miracoli di Liborio Bonfiglio, altra figura immaginaria segnata da battaglie, dal lavoro in fabbrica al manicomio e al carcere, fino alla solitudine della vecchiaia trascorsa nel paese abruzzese. Artemisio è figlio di un altro suo scritto, Fuori margine, zeppo di “strani soggetti di paese, derisi ma anche a volte amati, eppure oggettivamente parte di una comunità”. «Sono le persone, anche quelle “coccia matte”, a definire e descrivere città, borghi e paesi come monumenti di umanità», afferma Rapino, che con la vita di Liborio raccontata con un linguaggio fatto di sgrammaticature volute, dialettizzato e pieno di parole in chiaroscuro, si è aggiudicato a sorpresa il Campiello. Se fosse vissuto tra il XIV e il XVI secolo, Remo avrebbe di certo scritto un’enciclopedia di personaggi provenienti da tutto il mondo allora conosciuto perché a quel tempo Lanciano – già celebre sin dall’epoca romana per le sue fiere – era frequentata da mercanti italiani, spagnoli, francesi, tedeschi, dalmati, greci, albanesi, asiatici e africani, e si presentava come un crogiuolo di lingue, di merci, di costumi e di stili di vita per lunghi periodi dell’anno. Per la durata delle sue fiere, in Toscana nacque addirittura un proverbio per indicare una persona lenta nelle sue azioni: «Tu non saresti a tempo alla fiera di Lanciano, che dura un anno e tre dì». Il miracolo economico e culturale iniziò quando la città senza accesso diretto al mare, trasformò, su concessione dell’abbazia di S. Giovanni in Venere, il lido di S. Vito, distante circa dieci chilometri. Da quell’arenile bianco fiorì un rinomato porto commerciale e Lanzano – così si chiamava allora – si aprì con successo al traffico dell’Adriatico sotto il rigido controllo della Serenissima, che le aveva accordato la sua protezione utilizzandola per immettere i suoi prodotti in tutto il Mezzogiorno. Furono secoli formidabili in cui il legame con Venezia favorì il suo inserimento nei circuiti commerciali di mezzo mondo.
Ma fu nel mercato culturale che la città abruzzese, primo modello di globalità locale in questa parte d’Italia, ottenne un grandioso risultato: insieme a Francoforte sul Meno, Lione e Medina del Campo, divenne una delle quattro fiere librarie europee più importanti per la circolazione di stampe, di mappe, di carte, di codici e di libri. «Una storia meravigliosa – sottolinea Marusca Miscia, assessore alla Cultura e al Turismo – che in parte continua a vivere oggi sotto altre forme come indelebile dna, compreso il “nostro” Campiello, che ne rappresenta la sintesi. Lanciano, per esempio, per la seconda volta consecutiva è stata premiata dal Mibact come Città che legge, un riconoscimento di valore perché lettura, libri e cultura rappresentano un salvagente contro la violenza, la paura e l’ignoranza». L’antica sensibilità nei confronti del mercato editoriale e della diffusione della cultura si manifesta ancora con la presenza ultrasecolare della casa editrice Carabba, che diede voce, tra le prime, a giganti della letteratura come Pirandello, D’Annunzio, Montale, Vittorini e altri grandi scrittori del secolo scorso. Oggi – dopo un’interruzione durante il fascismo e una resurrezione negli anni Novanta – continua a resistere sotto gli incerti colpi della rivoluzione digitale proponendo le opere sempreverdi della collana La Cultura dell’Anima, ideata da Giovanni Papini e pubblicata da Carabba dal 1909 al 1938, per un totale di 163 titoli, dedicati principalmente a filosofia e religione. «Sono i libri su cui abbiamo concentrato le nostre forze ripubblicandoli in edizioni di grande pregio e ora sono quelli che vendono di più – precisa il presidente Antonino Serafini – e che rappresentano il nostro marchio, orientato principalmente alla saggistica, alla poesia e ai libri d’arte».
Un’altra casa editrice presente in città è la Nuova Gutenberg, nata trent’anni fa grazie a un gruppo di professionisti locali, e che nel 2015 con l’unione di tre associazioni del luogo ha dato vita alla Bottega dal viaggiatore errante, qualcosa di più di un centro di accoglienza turistica, dove si possono assaggiare specialità del luogo, acquistare prodotti artigianali e leggere libri. «Nella struttura – spiega Giuseppe De Pasqua, tra i responsabili dell’attività – è presente la Libreria Abruzzese, il primo bookshop dedicato all’editoria della regione, dove clienti e visitatori ricevono un libro in regalo a fronte di una donazione di un euro». Cultura, lettura, editoria, romanzi, storie: sono dunque le cose che vengono bene ai lancianesi. Anche il film Parenti serpenti di Mario Monicelli è stato tratto da un racconto scritto da un altro scrittore di Lanciano, Carmine Amoroso. Peccato che poi le riprese furono girate a Sulmona, ma questa è un’altra storia. Quest’anno si punta alla realizzazione di un museo di strada nelle zone più popolose i cui stabili offrono facciate larghe, pronte a essere decorate dai writers di tutto l’Abruzzo; in dirittura di arrivo anche l’allestimento di un percorso dei luoghi di Liborio Bonfiglio e il Festival della micro editoria, con al centro la Casa di Conversazione: prima era un circolo privato, oggi è realtà viva a disposizione della comunità, con decine di iniziative gratuite. «Se poi riuscissimo a sfruttare l’Art bonus (credito d’imposta a sostegno del mecenatismo a favore del patrimonio culturale, ndr) per restaurare le Torri Montanare, avremmo fatto centro», aggiunge l’assessore Miscia. Erette intorno al XII secolo e chiamate così perché difendevano la città dal lato ovest, quello affacciato sulla Majella, fino al 1992 hanno ospitato un penitenziario, ma da qualche anno sono state trasformate nel Parco delle arti musicali: un grande spazio aperto ricavato nella piazza d’Armi, all’interno delle mura, che accoglie le realtà più importanti della città e in occasione dell’Estate musicale frentana diventa il punto d’incontro e di esecuzione di giovani musicisti provenienti da tutta Italia. Pur nella loro possanza e bellezza, le Torri Montanare, tanto care ad Artemisio e alla città, non rappresentano per Rapino il “campiello” cittadino, cioè il luogo di ritrovo per eccellenza nella tradizione veneziana. «Per me è il Caffè Piccadilly in piazza Garibaldi, dove – dice ridendo – ci si riunisce per inzummare (prendere in giro) qualcuno e fumare una sturlazza, secondo la lingua di Liborio».
Sono invece due i campielli di Nicola D’Onofrio, socio Touring – anch’egli scrittore (Cinque ponti e una croce d’argento e La casa delle monache), che ha collaborato anche all’ultima edizione della Guida Verde Abruzzo per la parte dedicata a Lanciano: il cortile quattrocentesco in piazza dei Frentani, nel quartiere di Lancianovecchia, dove abita, e via dei Frentani, che va da piazza Plebiscito a Porta di San Biagio. «È un tratto di strada lungo 150 metri dove ci sono una serie di edifici e strutture che rappresentano un piccolo, ma interessante catalogo di storia dell’arte: dal romanico al Settecento, dal neoclassico al liberty e c’è anche un teatro, il Fenaroli». Non si possono perdere poi le chiese di S. Maria Maggiore – che al suo interno conserva una Croce processionale in argento sbalzato firmata dal genio abruzzese Nicola da Guardiagrele –, di S. Agostino con la facciata appena restaurata che svela i colori originali, e della Cattedrale, sorretta dall’imponente struttura dei cinque ponti. Per i centomila pellegrini che ogni anno arrivano in città da tutto il mondo, il luogo del cuore è invece la chiesa di S. Francesco (o Santuario del miracolo eucaristico) al cui interno si conservano le reliquie di un evento miracoloso avvenuto secondo la tradizione intorno all’VIII secolo: un monaco basiliano manifestò dei dubbi sulla reale presenza di Cristo nell’Eucarestia, ma durante la messa l’ostia e il vino consacrati si trasformarono in carne e in sangue. Sull’onda di questi numeri in continua crescita (Lanciano è stata inserita nelle rotte dei viaggi spirituali internazionali che da Roma fanno gite in giornata per Loreto e San Giovanni Rotondo) si sta ora pensando di intercettare il Cammino di San Tommaso – altro cristiano dubbioso – che da Ortona (distante da Lanciano appena 20 km) conduce a Roma. Tra campielli sacri e profani, il nostro Rapino si sta ora buttando su un altro libro, che a suo dire, parlerà di un paese che non esiste, forse un Macondo, e di un José Arcadio Buendía in versione lancianese. Ma due fantasiose vecchine del luogo, Vittoria de Cecco e Vilma Giallonardo l’hanno anticipato con un altro libro stampato da Nuova Gutenberg, Mo’ t’aricconte ‘na favulette (Ora ti racconta una favoletta) scritto durante il lockdown in una residenza protetta per anziani di Lanciano, in cui sono ospiti. Le due nonne arriveranno a cent’anni, ma non in solitudine. Come del resto i lancianesi, che attraversano i secoli come se fossero giorni, fieri delle loro fiere, creature creative, colti e di culto.