di Tino Mantarro
Serrato dibattito tra l’assessore regionale Quirico Sanna e il consigliere del Touring, Mario Tozzi
NB L'articolo è stato scritto a dicembre 2020. La versione aggiornata a fine gennaio 2021, con gli aggiornamenti relativi alla legge regionale, è a questo link.
L’assessore regionale agli Enti locali, Finanze e Urbanistica della Regione Sardegna porta scritto nel suo nome il suo destino e la sua missione. Si chiama Quirico Sanna, quanto di più sardo ci sia. Ai sardi e alla Sardegna Sanna da anni dedica la sua attività politica nelle fila del Partito Sardo d’Azione, il più antico d’Italia. Per il futuro dei sardi e del territorio dell’isola spiega con orgoglio di aver pensato e scritto il testo del contestato Piano Casa. Mario Tozzi, geologo, divulgatore scientifico e consigliere del Touring, non è sardo, ma ama la Sardegna. Isola che negli anni lo ha ricambiato concedendogli la cittadinanza onoraria in ben due paesi dell’interno, Guspini e Seulo, anche perché tutta la Sardegna è giustamente orgogliosa della tesi che Tozzi appoggia e sostiene, secondo cui la misteriosa Atlantide altro non sarebbe che l’isola dei sardi al centro del Mediterraneo. I due si sono incontrati per un dibattito organizzato dalla nostra rivista, per discutere di un tema che al Touring Club Italiano sta particolarmente a cuore: il Piano Casa della Regione Sardegna e le sue conseguenze sul consumo di suolo e sullo sviluppo turistico. Del resto la nostra associazione come mission ha quella di prendersi cura dell’Italia bene comune, e il suolo lo è eccome.
L’antefatto. Su proposta dell’assessore Sanna il 7 febbraio 2020 la Giunta regionale sarda ha presentato il disegno di legge 108/2020 “Disposizioni per il riuso, la riqualificazione e il recupero del patrimonio edilizio esistente e altre disposizioni in materia di governo del territorio”. Una mini legge urbanistica che dovrebbe restare in vigore per tre anni, fino al dicembre 2023. Se approvata così come è attualmente, la legge consentirebbe tra le altre cose incrementi volumetrici del 30 per cento dell’esistente per le case poste oltre 300 metri dalla costa. Per quelle che si trovano entro tale fascia l’aumento è del 20 per cento, a patto che siano state costruite prima del 1989. Per le strutture ricettive le percentuali lievitano al 50 e al 30 per cento a seconda che si sia all’interno o oltre i 300 metri dalla linea di costa. Aumenti previsti anche per le abitazioni nei centri storici sino al 25 per cento del volume, mentre si concede la possibilità di costruire nelle campagne dell’interno anche per chi possiede almeno un ettaro di terreno agricolo purché sullo stesso terreno si piantino alberi, ma senza alcuna necessità di essere imprenditori agricoli oppure coltivatori diretti. Una proposta quella della Giunta sarda che secondo le associazioni ambientaliste è in netto contrasto con il Piano paesaggistico regionale del 2006 – che porta la firma dell’allora presidente della Regione Renato Soru – secondo cui entro 300 metri dalla costa l’inedificabilità è totale. Per andare oltre i vincoli del Piano, la Giunta sarda il 13 luglio 2020 ha approvato la legge 21 “Norme di interpretazione autentica del Piano paesaggistico regionale” con l’obiettivo di creare i presupposti tecnici per regolamentare da sola ambiti di solito di competenza statale, tra cui le costruzioni entro i 300 metri dalla costa. Una legge che le associazioni ambientaliste hanno prontamente ribattezzato “scempia coste” ed è stata impugnata dal Consiglio dei Ministri perché in contrasto con diversi articoli della Costituzione, tra cui l’articolo 9, quello secondo cui «la Repubblica tutela il paesaggio». L’incontro è servito per capire le differenti ragioni di chi quella legge l’ha proposta, Sanna, e di chi è decisamente contrario, come Tozzi e il Touring Club Italiano
«La legge non è il mostro che molti descrivono – spiega Sanna –. Nessuno vuole cementificare le coste, perché sarebbe un attentato al nostro stesso territorio. Negli anni passati sulle nostre coste si è costruito tanto e male, progetti speculativi di basso livello, villaggi alveari e colate di cemento. Questa legge è l’occasione non per consumare altro suolo, piuttosto per intervenire sul costruito riqualificandolo secondo nuovi canoni. Utilizzando materiali locali come il marmo sardo e la lana di pecora, il legno e il mattone crudo sardo, tutti elementi che contribuiranno a restituire un senso identitario alle costruzioni, altrimenti chi arriverà penserà di essere in un posto qualsiasi in Italia. Mentre io vorrei una architettura che fosse subito riconoscibile come sarda», prosegue l’assessore. «Tutto questo è inteso anche a creare sviluppo e lavoro sull’isola e per chi ci vive, considerato che negli ultimi anni l’edilizia ha perso 37mila posti di lavoro. Dobbiamo anche migliorare le strutture ricettive esistenti per permettere loro di stare sul mercato, consentendo di aumentare il numero di camere fino a 60 e ampliarle, dotandosi di spa e altri servizi che attirino i turisti. La filosofia che ci guida è quella di uno sviluppo armonico nel rispetto del territorio, ma anche delle necessità dei sardi che altrimenti continueranno a emigrare come in questi anni».
Diversa la visione di Mario Tozzi che, pur capendo le esigenze del comparto edilizio e riconoscendo le buone intenzioni dell’assessore Sanna nei confronti della sua terra, è però fermo nel ricordare che «il Piano paesistico sardo esiste, è bellissimo e non va toccato, perché tutela le coste che sono patrimonio di tutti gli italiani e non solo dei sardi, vietando qualsiasi tipo di costruzione. L’unico intervento possibile è costruzioni zero, non gli aumenti volumetrici». Anche perché, spiega Tozzi, «l’identità e l’attrattività della Sardegna sta non solo nel costruito, ma soprattutto nel suo paesaggio. L’isola ha la fortuna unica in Italia di avere una gran parte delle coste ancora intatte e non si può permettere che aumentino costruzioni e consumo di suolo. Non possiamo pensare nel 2021 a uno sviluppo che ancora punta sul mattone come nel Dopoguerra. La gente sceglie la Sardegna perché è diversa, perché è bella, perché è naturale. L’isola va valorizzata per il suo paesaggio integro, non con costruzioni a buon mercato che già si trovano altrove, non servono altre Rimini o Tropea. Le strutture ricettive sarde hanno un tasso di occupazione del 54 per cento, a che cosa servono ulteriori stanze vuote per dieci mesi l’anno?».
E proprio il modello turistico è al centro dei ragionamenti del Tci. «Per noi che siamo osservatori del fenomeno turistico il problema della Sardegna non è avere più posti letto da vendere in estate, quando si concentra il 65 per cento delle presenze, ma un nuovo sviluppo che pensi al mercato di domani, a nuove domande turistiche destagionalizzate che valorizzino anche l’interno dell’isola» interviene Massimiliano Vavassori, direttore del Centro Studi del Touring Club che ha partecipato all’incontro. Ma Sanna ne fa una questione identitaria. «Continuiamo a subire una visione della Sardegna che viene da fuori. Che cosa sarà della Sardegna lo devono decidere i sardi, verso cui abbiamo il dovere di agire. Noi non abbiamo bisogno di ulteriori case, concordo, ma abbiamo necessità di migliorare l’esistente e creare sviluppo. L’edilizia non è l’unico volano ma è uno dei motori di una regione che ha un disperato bisogno di lavoro, una regione da cui la mia gente emigra perché non c’è futuro» prosegue. «Se l’edilizia fosse funzionale a un recupero dell’esistente, a un miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici potrei anche essere d’accordo – ribatte Tozzi –. Ma la mia esperienza di direttore di Parchi nazionali mi dice che la questione delle migliorie delle costruzioni è sempre stata la scusa per nuovi abusi, perché il sistema dei controlli non funziona. E una volta costruito e consumato ulteriore suolo, indietro non si torna». Sanna però resta fermo nelle sue posizioni: «Non si tratta di nuove costruzioni, ma di riuso e riqualificazione come è scritto nella legge. I sardi devono poter investire sul proprio territorio per costruirsi un futuro, anche costruendo se servisse». Per Tozzi l’investimento sul futuro dei sardi è la tutela assoluta del loro territorio, che è la loro maggiore risorsa. Concetto su cui concorda Sanna, seppur con un grande “ma”. «Anche a noi piace vedere le vacche pascolare sulle spiagge selvagge: ma se sono costretto a scegliere preferisco non vedere le vacche, e vedere invece la gente che lavora», conclude.
Una visione che preoccupa il Touring. La scelta di aumentare le volumetrie, ancorché abbellita da parole come “riuso” e “riqualificazione” come fa il disegno di legge 108, pur di creare lavoro, non sembra al Touring la via migliore per un corretto sviluppo dell’isola. Perché l’eccezione della Sardegna, quella che la rende più attrattiva agli occhi dei turisti sta nel fatto di essere poco costruita (solo il 3,28 per cento contro il 7,10 per cento del resto d’Italia). E sarebbe un peccato sacrificare questo record per una cameretta in più o stanze d’albergo più grandi. E questa è solo la prova generale della legge urbanistica che a breve segnerà il futuro dell’isola e su cui il Touring, cogliendo l’invito di Sanna a fine incontro, vigilerà con attenzione.