Evergreen. Un pianeta tutto nuovo?

Pandemia, inquinamento e cambiamento climatico: che Terra ci aspetta nel terzo millennio?

Se non facciamo qualcosa, subito, contro la crisi ecologica che ci sconvolge, dovremo, prima o poi, spiegare il perché ai nostri nipoti. Questo il primo commento che salta in testa dopo aver analizzato, per l’ennesima volta, i dati sul clima, l’assottigliamento delle risorse, la fine della biodiversità. Dopo aver, cioè, riesaminato quello che la scienza della natura, inequivocabilmente e senza distinguo di rilievo, ci spiega e ci indica.
Quello del terzo millennio dei sapiens è indubbiamente un pianeta nuovo rispetto alla vecchia Terra, un pianeta che offre al complesso dei suoi abitanti minori opportunità di vita e di sviluppo e che, anzi, indica strade obbligate sostanzialmente differenti rispetto al passato. Qualsiasi campo vogliamo prendere in considerazione, il minimo comune denominatore non potrà più essere la spinta dell’uomo verso nuove frontiere, fisiche o ideali che siano, ma il ritornare a una dimensione locale che contemperi i limiti dello sviluppo. Una clamorosa e inevitabile marcia indietro che tanto più tardi comincia tanto più lunga sarà. Nonostante la gran mole di dati prodotti, gli uomini sembrano voler ritardare il momento delle scelte scomode.

Negare il cambiamento climatico è un esercizio barocco, spesso ben pagato dai petrocarbonieri, ma qualche volta fatto anche in buona fede, specie da scienziati che climatologi non sono. I cosiddetti negazionisti ci fanno perdere tempo cincischiando sul fatto che il surriscaldamento dell’atmosfera non dipenderebbe dagli uomini, ma non sanno indicare correttamente da quale altro processo naturale. E non è una sorpresa, visto che altri non ce ne sono.
Più in generale il problema è che ci siamo comportati per secoli come se l’ambiente fosse una risorsa, il mero contenitore fisico dei minerali, del petrolio, dell’acqua o del paesaggio, lo scenario di cui fanno parte le piante e tutti gli animali. Recentemente abbiamo poi pensato che esistesse la possibilità di uno sviluppo sostenibile che senz’altro è un passo avanti rispetto all’esaurimento delle risorse, ma che non può essere risolutivo.
è il sistema economico capitalista a essere esiziale per l’ambiente, perché consuma troppa energia. Semplicemente l’attuale nostro modo di vita non è compatibile con il mantenimento dei cicli ecologici necessari alla sopravvivenza delle specie dei viventi, uomo compreso.
Eppure questo piccolo uomo ha cambiato i connotati della vecchia Terra e creato un’era (l’Antropocene) il cui scenario futuro rischia di essere indigesto o addirittura mortale. Non è qui più questione di distinguere i catastrofisti dagli ottimisti: molti di noi sono semplicemente ottimisti bene informati. è soprattutto questione di una nuova cultura che abbia solide basi scientifiche. Lo sanno gli dei se ce ne sarebbe bisogno.

 

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