Il bosco dei marinai sulle Prealpi Bellunesi

L’altipiano del Cansiglio è una perla delle Prealpi Bellunesi poco frequentato ma da secoli ben tutelato, grazie a una grande foresta di faggi che Venezia utilizzava per le sue navi

Il sole è già spuntato dietro le cime delle Prealpi Bellunesi, ma sull’altopiano del Cansiglio la coperta di nebbiolina non si è ancora alzata. La mia guida mi fa segno di accelerare il passo senza fare rumore, per non mettere in allarme il grande cervo maschio davanti a noi che fra poco entrerà nel bosco, seguito dal suo codazzo di femmine e cerbiatti.
Riscenderà in questi stessi pascoli soltanto al tramonto, protetto dalla foschia e dall’oscurità, per unirsi agli altri maschi in un gran galà dei bramiti che risuonerà per tutta la notte. Perché è proprio questo verso inconfondibile a fare la differenza nella stagione degli amori per un cervo: più è potente, più gli altri pretendenti desisteranno dalla sfida, evitando di incrociare i palchi per un combattimento all’ultimo corno spuntato. Quassù a mille metri di quota, nel grande catino di erba verdissima dell’altopiano del Cansiglio circondata da una foresta antica di maestosi faggi e abeti, avverto una sensazione di pace distendersi lungo la schiena nonostante il freddo umido delle prime luci del mattino. Che siano gli effetti benefici dello shinrin-yoku? Quello che secondo la medicina giapponese è letteralmente un “bagno nella foresta”, quell’intimità prolungata con madre natura che abbassa frequenza cardiaca e livelli di cortisolo, l’ormone dello stress. è stato dimostrato scientificamente anche dalla recente ricerca italiana Thalea, che in relazione agli effetti emotivi e psicologici causati dalla pandemia ha misurato con appositi dispositivi le onde cerebrali di centinaia di volontari in ambienti naturali.
 

I risultati raccontano che nel nostro cervello i centri del rilassamento e dell’attenzione si attivano particolarmente quando siamo esposti a cibo genuino, foreste e specchi d’acqua incontaminati. E siamo così istintivamente intelligenti, da “vibrare” addirittura in modo diverso quando assaggiamo un miele biologico rispetto a un miele industriale. Di certo gli stimoli naturali non mancano in quest’angolo di Veneto ancora da scoprire, a pochi chilometri da Belluno e dai vigneti del Prosecco. Purtroppo o per fortuna, infatti, è soprattutto un turismo locale a godersi l’Alpago, ancora poco noto fuori dai confini regionali, nonostante l’incantevole foresta e l’altopiano del Cansiglio, le acque turchesi del lago di Santa Croce, le piccole produzioni biologiche di qualità e una ristorazione che stupisce.
L’altopiano è stato un luogo protetto per secoli dalla Repubblica di Venezia, che qui faceva tagliare i faggi più alti per produrre i remi delle sue galere. A quei tempi quassù non poteva abitare nessuno e i taglialegna al soldo della Serenissima erano gli unici autorizzati a entrare nella foresta, amministrata da un magistrato sopra legne e boschi e delimitata da oltre 300 cippi su rocce affioranti marcate di rosso (alcuni ancora visibili lungo l’omonimo sentiero). Fra loro numerosi erano i Cimbri – popolo originario della Baviera – che raggiungevano il Cansiglio in cerca di lavoro dall’Altopiano di Asiago, dove si erano insediati fra il X e il XII secolo. Dopo la caduta della Serenissima nel 1797, furono i Cimbri della zona di Roana a fondare i primi villaggi (quello di Vallorch risale al 1799 ed è il meglio conservato). Al posto dei remi producevano gli scatoi (scatole di legno di faggio), le fasce per il formaggio e altri utensili che scambiavano con la gente di pianura. Nel 1871 fu poi il Regno d’Italia a trasformare il Cansiglio in Foresta demaniale inalienabile e, fortunatamente, da allora poco è cambiato.

Oggi con una manciata di residenti per una superficie di 6.570 ettari, gli uomini rimangono una presenza marginale sull’altopiano e la fauna selvatica si muove indisturbata, perché la caccia è vietata da secoli.
I Cimbri, riconosciuti come minoranza etnica, hanno in gran parte smesso di parlare la loro lingua, disperdendosi un po’ per il mondo, ma conservando l’attaccamento al bosco e alle loro tradizioni gastronomiche, a base di funghi, erbe selvatiche, selvaggina, crauti, canederli e polenta. Di origine cimbra, però, sono ancora i cognomi più diffusi nella zona, come Azzalini, Slaviero o Gandin. Tiziana Azzalini, per esempio, è l’abile casara del Caseificio del Cansiglio, una delle rare donne italiane a svolgere questa antica professione a livello industriale. Nel centro di produzione di Tambre trasforma ogni settimana 60 quintali di latte delle quattro aziende agricole dell’altopiano in caciotte, ricotte e yogurt. Formaggi “buoni da mangiare e buoni da pensare” perché queste aziende sono tutte biologiche e gli animali vivono liberi al pascolo. Annesso al caseificio c’è un bed & breakfast con le stanze semplici e uno spaccio, dove comprare un’ampia varietà dei prodotti d’eccellenza dell’Alpago, come le tradizionali “pendole” di carne secca e le composte di frutta. Il consorzio ha un altro punto vendita nel cuore dell’altopiano, il Bar Bianco, che è anche ristorante e punto di incontro per le passeggiate con le guide naturalistiche dell’Associazione Prealpi Cansiglio. L’anello che abbraccia tutta la foresta, da percorrere a piedi o con le ciaspole, è lungo circa 30 chilometri, ma ci sono anche molti sentieri forestali da esplorare in bici.
Il Faverghera è stato chiuso 14 anni prima che Marco Vueri – 26 anni, fra i più giovani gestori del Veneto – non accettasse la sfida di riaprirlo tutti i finesettimana a pranzo e nelle notti di luna piena. Almeno per cominciare, perché Marco, progetta di aggiungere presto alcuni posti letto e una sauna panoramica. Un luogo dove rifugiarsi dal mondo per farsi coccolare dalla natura.

 

Oltre al campo da golf da 18 buche fondato nel 1958 con un ottimo ristorante, l’altra attrazione dell’altopiano sono i numerosi inghiottitoi, profonde voragini di origine carsica scavate dall’acqua nella roccia. Il più famoso è il Bus de la Lum (180 metri di profondità), teatro di eventi tragici durante l’ultimo conflitto mondiale, mentre il più profondo è l’Abisso del Col della Rizza, ben 794 metri. Per esplorare il Bus del Buson, però, considerato il più spettacolare della zona, bisogna spostarsi di qualche chilometro verso Belluno nella valle del torrente Ardo, che prima di cambiare il suo corso ha scavato un canyon fra pareti altissime di roccia e vegetazione lussureggiante. La natura carsica del Cansiglio spiega anche l’assenza di corsi d’acqua sull’altopiano. Le acque piovane si raccolgono in questi inghiottitoi da dove probabilmente si convogliano nel sottostante lago di Santa Croce. Su questo piccolo lago dalle acque turchesi, con una ciclabile che gli corre accanto, puntuale ogni pomeriggio si leva un vento costante che in autunno e primavera attira amanti di windsurf, kite e wing, ultima novità fra gli sport su tavola.
Per ammirare il più bel panorama del lago, però, l’ideale è salire sulla vicina Alpe del Nevegal: nelle giornate limpide il panorama si allunga dall’Alpago fino alla laguna di Venezia. Qui, di fronte al Giardino botanico delle Alpi Orientali, fondato negli anni Cinquanta e gestito dai Carabinieri Forestali, c’è un piccolo rifugio che sembra una malga.
Il Faverghera è stato chiuso 14 anni prima che Marco Vueri – 26 anni, fra i più giovani gestori del Veneto – non accettasse la sfida di riaprirlo tutti i finesettimana a pranzo e nelle notti di luna piena. Almeno per cominciare, perché Marco, progetta di aggiungere presto alcuni posti letto e una sauna panoramica. Un luogo dove rifugiarsi dal mondo per farsi coccolare dalla natura.

 

Fotografie di Lucio Rossi
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