Il Terminillo, montagna vintage

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Da buen retiro invernale inventato dal regime nel Ventennio ad aspirante “Cortina de noantri”.
Il passato e il futuro del monte che ha fatto conoscere lo sci ai romani

Nel libro A tavola con il duce Maria Scicolone racconta così l’incontro tra il suo futuro suocero Benito Mussolini, di rientro in aereo a Roma da Forlì, e il monte Terminillo. Un amore a prima vista all’inizio degli anni Trenta. In breve tempo il duce dispose la costruzione della statale 4 bis del Terminillo, “costola” della Salaria, e diede il via allo sviluppo edilizio con la costruzione di alberghi, ostelli, ristoranti, colonie e una funivia. E quel rilievo dei Monti Reatini fino ad allora sconosciuto alla Capitale divenne per tutti “la montagna di Roma” e una delle prime stazioni turistiche dell’Appennino. Oggi, a distanza di quasi novant’anni, il Terminillo (il cui nome, usato a partire dell’Ottocento, stava a indicare un termine, un confine tra Stato Pontificio e Regno di Napoli) continua a buttarsi nel Tirreno scrutando la “sua” capitale, a circa cento chilometri. Nelle giornate più terse i romani possono scorgere il suo profilo di forma trapezoidale: uno scrigno di biodiversità, tra aquile reali e lupi, faggete monumentali e antiche betulle, testimoni, queste ultime, di un tempo in cui tutto era coperto di ghiaccio e i mammut erano le uniche macchie scure del territorio. C’è anche un premio per chi arriva in vetta: l’abbraccio di una corona infinita di monti che puntella il centro d’Italia, con il Gran Sasso, la catena della Laga, il Velino, il Vettore. Quando poi si avvista la linea blu del mar Tirreno, sono fuochi d’artificio.
Eppure, per questo rilievo non si riesce, almeno da trent’anni, a trovare un’identità, nuova o primordiale, che lo faccia tornare a essere un massiccio “tutto d’un pezzo”, amato e rispettato per il suo valore ambientale e culturale.

Arrivati nella piazza della stazione turistica di Pian de’ Valli – a cui si approda dalla statale 4 bis (nel frattempo diventata regionale 4 bis) che si conclude a Campoforogna, l’altra località del comprensorio – appare un disturbante groviglio di negozi, bar e ristoranti, dall’aspetto fermo agli anni Ottanta e infilati uno dietro l’altro senza gusto. Nei periodi di turismo, un coacervo di auto, suv e moto vi si riversa in cerca di parcheggio e in quei momenti, con le dovute proporzioni, sembra di trovarsi sul Grande raccordo anulare di Roma. Il cielo è terso, sì, e la montagna è lì sopra, ma tutto intorno si alzano ad alveare palazzetti, hotel, residence, monumentali come le faggete, senza però la loro grazia e la loro eleganza. E l’aria sembra mancare anche se siamo solo a quota 1620 metri.
Più in alto, tra altipiani e pianori, appaiono qua e là i cadaveri arrugginiti di otto impianti di risalita che giunti molti anni fa a fine vita, sono ancora in attesa di essere rimossi. I loro bracci rattrappiti indicano il volo di un’aquila solitaria, che si perde tra le pareti rocciose. «Colpa di una cattiva gestione del territorio – spiega Simone Munalli, direttore della Scuola italiana sci Terminillo – e di chi, scadute le concessioni, non le ha rinnovate lasciando questo sconquasso sotto gli occhi di tutti. Attualmente funzionanti sono invece cinque impianti, compresa la funivia che il duce inaugurò nel 1938 e che collega Pian de’ Valli al Terminilluccio, una delle cime della montagna di Roma».
Racconta Gabriele Zanin, responsabile della sezione reatina di Legambiente: «Agli inizi degli anni Cinquanta scoppiò un primo boom edilizio e tra le faggete fiorirono principalmente graziosi villini per la classe abbiente della capitale. Poi, negli anni Settanta e parte degli Ottanta, quando il turismo di massa era ormai una realtà, gli alberghi costruiti in precedenza furono trasformati in condomini e residence con oltre 2.200 appartamenti, ora sfitti, dove decine di migliaia di romani, da affittuari o da proprietari, trascorrevano le loro vacanze invernali sciando sulle difficili e strette piste del Terminillo.
Le cose cambiarono mano a mano che fu completata l’A24: i romani preferirono raggiungere le località montane dell’Abruzzo, Campo Felice, Ovindoli, Campo Imperatore, Roccaraso, meglio attrezzate e gestite».

Per rimontare lo svantaggio, nacque allora l’idea di sfruttare il versante di Leonessa (uno dei Comuni del comprensorio, nonché Bandiera Arancione Tci, vedere box a pagina 56), orientato a nord e soggetto a nevicate più abbondanti, collegandolo al versante meridionale reatino con un impianto di risalita che unisse Pian de’ Valli e Campo Stella, la località sciistica del Leonessano.
L’idea si trasformò in un progetto coordinato dalla Provincia di Rieti, che per alcuni avrebbe portato sviluppo e lavoro sul territorio, per altri solo spreco di soldi pubblici e danni all’ambiente. Dopo oltre 15 anni, prima con il nome di Tsm (Terminillo Stazione Montana) e poi Tsm2, queste carte, più volte rimaneggiate e aggiornate, sono in attesa (nel momento in cui scriviamo, a gennaio 2021, nda) dell’approvazione sulla valutazione d’impatto ambientale da parte della Regione Lazio, che ha già espresso un parere positivo sull’incidenza ambientale. Gioiscono i fautori del progetto, ma le associazioni ambientaliste ritengono si tratti di un assenso debole in molti punti e sono certi che il 2021 sancirà l’insostenibilità economica e ambientale del Tsm2.
«Il progetto prevede dieci nuovi impianti di risalita, sette nastri trasportatori non fissi in galleria, 37 chilometri complessivi di piste di sci alpino, due bacini di raccolta per impianti di innevamento programmato e sette rifugi in bioarchitettura – spiega Alessandro Piazza, vicepresidente di Federtrek –. Un elefantiaco programma non sostenibile sia per i costi sia per l’ambiente. La Regione ha una disponibilità di venti milioni di euro, ma il tutto ne costerebbe almeno cinquanta. Dove sono i privati disposti a investire la restante somma? L’ampliamento del comprensorio, poi, – continua Piazza – comporterebbe l’attraversamento di un sito di interesse comunitario, la Vallonina, con l’abbattimento di preziosi faggi per far posto a un impianto di risalita. Da considerare inoltre che la neve, come osservato anche dal Cnr, è ormai sempre più rara anche sull’Appennino».

«Quanto si vorrebbe realizzare sul Terminillo – ribatte Munalli – non prevede cementificazione, ma impianti di risalita per collegare i due versanti, al posto dei tralicci dove attualmente passa la linea elettrica; non ci saranno tagli di foresta per far spazio a nuove piste, ma solo aggiustamenti e piccoli allargamenti di linee e passaggi già sfruttati. Per quanto riguarda la neve (quest’inverno copiosa) e i cambiamenti climatici – conclude –, in montagna si raggiungono comunque temperature utili al funzionamento degli impianti di innevamento programmato» (Di questo tema parla anche Mario Tozzi nella sua rubrica Evergreen). Una proposta per spezzare il braccio di ferro tra il fronte del sì e quello del no viene da Legambiente, che suggerisce l’istituzione di un parco naturale per garantire unità alla gestione del litigioso territorio montano. Perché coniugare lo sviluppo con la tutela delle risorse ambientali si può. E mentre le comunità per il “sì” e per il “no” al Tsm2 continuano la loro battaglia, l’estate scorsa decine di migliaia di turisti hanno scelto per le loro “vacanze di prossimità” la montagna di Roma, trasformata in paradiso del trekking e del buon mangiare. Anche tra dicembre e gennaio, dopo abbondanti nevicate, reatini e romani si sono riversati sui versanti incanutiti con ciaspole e slittini, alla scoperta di angoli nascosti, che con gli sci ai piedi sfuggono alla visuale.
Il Terminillo regala infatti una miriade di itinerari per esperti e per appassionati del trekking: tra questi, la passeggiata al Terminilletto (un’altra cima nel gruppo del Terminillo, a 2108 metri d’altitudine) e al Rifugio Rinaldi, con le pietre dei quattro santuari della Valle Santa Reatina (Greccio, Fonte Colombo, Poggio Bustone e la Foresta) collocate nel 1969 ai quattro angoli della costruzione per commemorare il passaggio di San Francesco sul territorio; quella alla Riserva naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, ai piedi del rilievo, per osservare i magnifici volatili della zona; le escursioni fino alla vetta del Terminillo, passando per la cresta Sassetelli (2079 metri) e la vetta Sassetelli (2139 metri), e alla Sella di Leonessa fino al Rifugio Sebastiani, dove è possibile gustare piatti tipici.

C’è poi qualche curioso in visita nei pressi di Pian de’ Valli alla chiesa della Madonna della Vittoria, più conosciuta come la chiesetta del Terminillo, edificata nel 1937 in memoria degli alpini caduti durante la guerra in Africa.
Il tempietto balzò agli onori della cronaca quando l’attrice Gina Lollobrigida nel 1949 lo scelse per il suo matrimonio con il medico sloveno Milko Skofic.
E non manca mai chi, in inverno o in estate, fermo sul Colle del Termine a oltre 1500 metri, cerca all’orizzonte la gigantesca scritta “Dux”: fu realizzata nel 1939 dagli allievi della Scuola delle Guardie Forestale di Cittaducale sul monte Giano nel Comune di Antrodoco (Rieti), piantando 20mila abeti su una superficie di otto ettari. Distrutta da un incendio, è stata recuperata e ora è di nuovo là, come un’installazione di arte contemporanea, a ricordare quando “c’era lui”. Si vede anche dal Gianicolo e da Monte Mario, a Roma, sulla destra del Terminillo, e specie quando c’è la neve, le tre faraoniche lettere appaiono più evidenti, suscitando lo stupore e lo sconcerto dei turisti stranieri.
«Il mercato dello sci da discesa è ormai maturo: anche nelle località dolomitiche – sostiene Marco Briscolini, socio Touring e frequentatore assiduo del Terminillo – si punta a destagionalizzare attività e servizi, riqualificando l’offerta esistente e potenziando attività oltre lo sci come mountain bike, free climbing, turismo equestre, passeggiate botaniche, ciaspolate, scivolate con lo slittino».
Quelle che il duce spesso praticava sulla “sua” montagna, preferendole allo sci che, come ha raccontato il maestro Cesco Kostner, gli risultava ostico. Questo non gli impedì di innamorarsi di questa neve, e di questa montagna.

 

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