Calabria. La Costa degli Dei (e degli eroi)

L’oasi amata da Giuseppe Berto è oggi fertile terreno di iniziative e imprese di tanti giovani di ritorno che sfidano il degrado e puntano su cultura, tutela dell’ambiente e ospitalità di qualità

 

Giuseppe Berto, grande scrittore veneto ma folgorato dalla bellezza ancestrale di questo luogo, negli anni Cinquanta suggeriva di chiamarlo Costabella. Prevalse la più classica definizione di Costa degli Dei a suggerire la predilezione delle antiche divinità per questo tratto di Calabria bagnata dal Tirreno che scende da Pizzo Calabro fino a Nicotera, provincia di Vibo Valentia.
Un territorio che celebra il suo punto più attraente proprio sul Capo Vaticano, un alto e scosceso sperone di granito appena a sud di Tropea, proteso verso le isole Eolie, in tempi antichi luogo sacro scelto per vaticini (da qui il nome) per indovinare il futuro. È qui che lo scrittore di Mogliano Veneto convertito sulla via di Calabria decise di stabilirsi, in fuga dagli asfittici circoli letterari romani. E qui trovò calma e tranquillità per scrivere gran parte dei suoi romanzi di successo, da Il male oscuro a La cosa Buffa, da Anonimo Veneziano a Il Cielo è rosso, fino a Il brigante. È un territorio dove però gli dei devono essersi distratti a lungo, almeno a guardare i segni evidenti di abusivismi architettonici, facciate di case senza intonaco, spuntoni di ferro nei pilastri e bordure azzurre e gialline di sacchetti di plastica di spazzatura sbiaditi dal sole sulle strade. Quello che ormai è uno stile classico: “il non finito calabrese”.

 

Ora però almeno qualche divinità sembra essersi risvegliata: si avvertono dappertutto i segni di una ripresa. Si respira la voglia di prendere in mano le sorti di questa regione; c’è il coraggio di molti giovani di fare impresa nel turismo e di tutelare l’ambiente; si registrano i tentativi testardi di praticare un’ospitalità di qualità. Numerosi i casi di cervelli sulla via del ritorno dopo la fuga all’estero o al Nord; e le iniziative, ancora a macchia di leopardo, per creare una rete virtuosa di offerte originali e autentiche e dare al visitatore la possibilità di trasformare una vacanza, con la complicità di un mare splendido, in un’esperienza difficile da dimenticare.
Ed è proprio da qui, da Casa Berto, che parte il nostro giro alla scoperta di questo angolo di Calabria. Casa Berto è un grappolo di semplici casette costruite dallo scrittore con l’aiuto di un capomastro, sparse tra pini ed eucalipti piantati da lui, alberi che col tempo sono diventati giganti e hanno coperto di ombra quella che era una brulla e aspra scogliera di fichi d’India. Quelle casette sono diventate un’oasi speciale per visitatori di tutto il mondo che si passano la voce e che ogni anno trovano rifugio tra il faro e la “praia di fuoco”, una spiaggetta intonsa che si raggiunge o dal mare o scendendo 409 gradini scavati nel granito, incantati dalla struggente vista del tramonto su Stromboli. Ma è un sacrificio che vale la pena fare.

Dal 1988 ogni estate gli amici dello scrittore (e autore dei soggetti di film popolarissimi) celebrano il premio Giuseppe Berto che finora si è alternato tra Mogliano Veneto, il luogo di nascita, e Ricadi, dove lo scrittore è sepolto sotto un cipresso nel piccolo cimitero. Il premio “opera prima” che negli anni ha lanciato Luca Doninelli, Michele Mari, Paolo Maurensig e Francesco Piccolo. Sempre celebrato in maniera informale, aperto a tutti e all’aperto, in giardino. Lo stesso ombroso giardino dove dal 2015 si tiene anche un festival letterario, Estate a Casa Berto, con la regia di Antonia, la figlia dello scrittore, anche lei tornata “a casa” dopo lunghi anni in fuga negli Stati Uniti, a Key West, in Florida, passati a gestire ristoranti come l’Antonia’s. Ora è Antonia, insieme al marito Philip Smith, chef americano di Chicago che cucina piatti calabresi per gli ospiti e accoglie tutti con una rilassata semplicità, che mette a loro agio scrittori, musicisti, attori, uomini delle istituzioni e spettatori.
Ma una sosta in Casa Berto è anche l’occasione per conoscere personaggi e poi andare a curiosare nei loro luoghi di elezione visto l’entusiasmo e l’energia che mettono per far progredire questa regione così bella e così arretrata. È il caso di Renato Marvasi, 33 anni, che nel 2014 lascia Roma e gli studi artistici e torna nella terra di famiglia a Tropea e rilancia l’azienda agricola Marchesa Isabella Toraldo, riporta in vita le vecchie vigne di famiglia, e, come presidente dell’Associazione viticoltori vibonesi, punta al riconoscimento della doc per i vini d’eccellenza come il Natus e il Ruggia. Una storia di ritorno simile a quella di Giovanni Benvenuto, figlio di un pizzitano che, tornato dall’Abruzzo sulle terrazze vista mare di Pizzo Calabro, ha rilanciato un antico vino autoctono, uno Zibibbo secco, già entrato nella classifica top ed esportato nel mondo.

Valentino Pileggi invece è tornato da Roma via Napoli, con la laurea in legge in tasca e nelle colline della sua Lamezia ha costruito Due Esperienza Panoramica, una struttura di accoglienza eco-sostenibile, unico caso di glamping in Calabria: recuperando un vecchio casale immerso tra gli ulivi lo ha trasformato in un micro hotel per due, senza wifi, spalancato sulla natura, con un grande letto, The Cube, da cui si gode senza ostacoli una vista panoramica sul golfo di Sant’Eufemia. Agli ospiti resta solo la compagnia sonora delle cicale di giorno e la notte quella delle stelle. E per mangiare, il servizio a bordo piscina con i prodotti del piccolo orto biologico annesso.
A pochi chilometri da Tropea, sull’altopiano del Porro ha messo le sue nuove radici Manuel Grillo, chimico con la passione per la letteratura e soprattutto per l’agricoltura. Così ha aperto un agriturismo biologico, il Don Carlo, ridando vita ad antichi grani calabresi: la Rosìa, il Mazzancolle, il Saragolle, coltivati intorno all’agriturismo e utilizzati per fare il pane e la pasta alla maniera tradizionale. Non contento ha iniziato un allevamento di asini, animali quasi scomparsi dalle campagne italiane. Ma Manuel non ha dimenticato la sua passione per i libri, così tra una mietitura e un ospite porta avanti una piccola casa editrice, la Settecolori, radunando autori anticonformisti di saggistica e narrativa.
Berto alla “sua” Calabria aveva dedicato molte energie e pagine, iniziative e manifestazioni e anche una mostra sulla civiltà contadina, ma aveva finito per lamentare con «rimpianto e nostalgia la scomparsa di quella civiltà povera ma di grande ricchezza morale che, con umiltà, aveva lasciato in eredità un paesaggio intatto e bellissimo». Considerava un’occasione persa quella di una regione che «sarebbe potuta diventare paese di un turismo nuovo, colto, civile» e che invece vedeva sempre più oggetto di aggressione distruttiva del paesaggio. «Una furia guidata dall’avidità e l’ignoranza con risultati disastrosi, il trionfo del cattivo gusto funereo, e costruzioni di una meschinità deprimente». Si sentiva insomma un Don Chisciotte nelle sue battaglie per fermare la rovina.

Ma oggi, incontrando queste piccole emergenti realtà, di storie positive, si avverte la speranza di un cambio di passo, trapela un entusiasmo che scavalca vincoli, pastoie, sfiducia atavica e invadente burocrazia. Come dimostra il caso di Andrea Paolo Massara, figlio di contadini di Ricadi, giovane e affermato sceneggiatore a Roma, che ogni anno torna a Capo Vaticano dove dal 2016 inventa Avvistamenti teatrali, una rassegna di drammaturgia contemporanea seguita da quasi duemila spettatori a sera. Per farlo, con un gruppo di coetanei ha ripulito da terra e erbacce il Parco di Torre Marrana, uno spettacolare anfiteatro di pietra calcarea all’ombra di una torre d’avvistamento aragonese, di fronte al mare e ai tramonti formato multicolor su Stromboli. E che dire di Mirko Perri, 33 anni, che da nove riesce a coinvolgere migliaia di spettatori con il Color Fest, rassegna di musica indipendente in una regione, la Calabria, da cui altrimenti bisogna uscire per poter seguire un concerto. E lo fa negli spazi verdi dell’agriturismo Costantino di Maida, a due passi da Lamezia Terme.
Ci vuole coraggio e anche amore per il rischio e ancora più amore per la Calabria. Che cos’è se non la passione quella che ha portato Giulio Vita, da Caracas, dove è vissuto, e da Madrid, dove ha studiato cinema, ad Amantea, terra dei nonni, per organizzare da nove anni La Guarimba Festival, rassegna di cortometraggi a cielo aperto, sotto la rupe del borgo antico di Amantea, diventata punto di riferimento nazionale? Entrando nella sede dell’associazione Guarimba si respira un’allegra e rassicurante aria “glocal”. Da qui parte ogni anno anche Cinema ambulante, rassegna itinerante nelle cinque provincie calabresi, e si tiene Kino Guarimba, residenza artistica, che ospita registi, attori e tecnici del cinema. L’obiettivo è «riportare il cinema alla gente e la gente al cinema». Insomma, con buona pace di Berto, si avvertono parecchi momenti di non trascurabile felicità, o almeno di speranza, per questa terra. Eh sì, sembra proprio che gli dei si siano svegliati sulla costa che porta il loro nome...

Fotografie di Luigi Vitale
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