Idee. Piccoli borghi e città: una grande alleanza

In occasione della Borsa Internazionale del Turismo 2021, il touring ha organizzato il webinar "Il nuovo protagonismo dei borghi e delle aree interne, quali prospettive concrete", cui hanno preso parte tra gli altri l'architetto e urbanista Stefano Boeri.

Fra gli appuntamenti organizzati dal Tci alla Bit 2021, la Borsa Internazionale del Turismo che si è tenuta a maggio interamente on line, grande interesse ha destato Il nuovo protagonismo dei borghi e delle aree interne, quali prospettive concrete? dedicato al futuro dei piccoli centri dell’entroterra nell’Italia post-Covid. Al webinar, moderato dal giornalista Tci Stefano Brambilla, hanno preso parte l’architetto e urbanista Stefano Boeri; il direttore generale Tci Giulio Lattanzi, la responsabile del programma territoriale Bandiere Arancioni Tci Isabella Andrighetti e i sindaci di due località Bandiere Arancioni, Sara Riva di Gromo in Lombardia e Federico Balocchi di Santa Fiora in Toscana. Ecco una sintesi ragionata dei vari interventi tenutisi durante l’incontro.

L’emergenza sanitaria ha acceso i riflettori sui borghi e sulle aree interne non solo come mete turistiche, ma anche come luoghi attrattivi per nuove forme di residenzialità, all’insegna della qualità della vita. Il Touring Club Italiano che, attraverso il programma Bandiere Arancioni, da 23 anni promuove uno sviluppo turistico sostenibile dei piccoli centri dell’entroterra e li accompagna in un percorso di miglioramento continuo, ha promosso una riflessione sulle prospettive di rivitalizzazione dei piccoli centri delle aree interne, anche in relazione al ripensamento del loro rapporto con le grandi città. «Negli ultimi anni si è assistito a una crescente attenzione delle istituzioni verso le aree interne», ha spiegato il direttore generale Tci Giulio Lattanzi, «a partire dal Piano strategico per il turismo 2017-2022, che esplicita tra i suoi obiettivi primari il rafforzamento delle destinazioni emergenti tra cui borghi e aree interne; dalla istituzione dell’Anno dei borghi nel 2017 e del connesso Comitato Borghi, di cui anche la nostra associazione ha fatto parte; dal ruolo svolto dalla Snai, Strategia Nazionale Aree Interne, che ha affermato l’importanza di un approccio multi-disciplinare nelle strategie di sviluppo locale».

 

«La nostra associazione è in prima fila a sostenere queste politiche, visto che l’interesse per i luoghi meno conosciuti del Paese è parte del nostro Dna» prosegue Lattanzi. «Sicuramente il Next Generation EU è un’occasione unica per il sistema Paese per ripensare l’Italia, anche quella del turismo e quella dei centri minori, partendo soprattutto da una strategia integrata e coerente, guidata dai 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile 2030 dell’Onu. Noi stessi come Touring abbiamo presentato proposte/osservazioni al Governo, anche attraverso l’Alleanza per la mobilità dolce. Quella che ci attende nei prossimi mesi sarà una nuova normalità nella quale dovremo ripensare la nostra vita, le nostre città e il nostro rapporto con l’ambiente e con i consumi: anche il modo di viaggiare è destinato a modificarsi e secondo noi è necessario ripartire proprio dalla mobilità dolce, dal turismo lento, che significa valorizzare borghi, cammini, cicloturismo, aree interne. Nelle situazione odierna, le aree ai margini acquisiscono una nuova centralità su cui puntare: è probabile che un modello di sviluppo che connetta centro e periferia, aree interne con quelle metropolitane possa migliorare la qualità della vita dei residenti e incentivare un ripopolamento di alcuni territori». «Da queste riflessioni – ha concluso Lattanzi – ha preso il via il tavolo di lavoro tra Touring Club Italiano, Politecnico di Milano e l’architetto Boeri, stimolati dalla sua riflessione che se un cambiamento ci sarà, anzi è già in atto, il cambiamento deve essere capito e governato».

Una riflessione riproposta dall’intervento di Boeri: «Una tendenza forte alla delocalizzazione della vita urbana, ovvero a cercare spazi di vita e di lavoro che non siano solamente nella città, negli ultimi mesi si è manifestata, non solo in Italia, con grande evidenza. Questo fenomeno va studiato, capito e orientato. Io penso che sia un tema non solo urbanistico, ma anche territoriale, culturale e politico. La pandemia ha provocato una accelerazione di una tendenza già presente, ma soprattutto ha generato la consapevolezza del fatto che oggi cambiare il proprio progetto di vita, ovvero risiedere e lavorare in un piccolo centro senza perdere il contatto con la città, è diventato una possibilità reale e realizzabile. Da questo punto di vista ritengo che la vera sfida dei prossimi mesi sarà quella della reciprocità. Il tema è come trovare un’alleanza fra i piccoli centri che tornano a essere vissuti come realtà urbane, e qui ci sono interventi pratici da realizzare – una connessione a banda larga, collegamenti stradali più efficaci, un ripensamento degli spazi interni... –; e le città che, da parte loro, devono capire che non possono solo ricevere, ma devono anche dare qualcosa ai piccoli Comuni. Prima di tutto, dare le garanzie che chi fa questa scelta di vita possa restare connesso ai circuiti dell’economia e della cultura che solo le grandi città possono avere».

«Le Bandiere Arancioni Tci sono nate come programma di certificazione dei borghi d’eccellenza ma anche di accompagnamento allo sviluppo turistico sostenibile», ha ricordato Isabella Andrighetti, responsabile delle Bandiere Arancioni Tci. «Negli anni abbiamo diffuso l’iniziativa in tutte le Regioni d’Italia attraverso l’analisi di oltre 3mila piccoli centri dell’entroterra e, di questi, ne abbiamo certificati 252 assegnando il marchio di qualità turistico-ambientale. Per noi il tema del turismo sostenibile, della gestione sostenibile del territorio è sempre stato centrale. Il Tci attraverso le Bandiere Arancioni si impegna non solo nella certificazione e promozione dei piccoli borghi eccellenti, ma li accompagna in un percorso di miglioramento volto a diffondere un modello di sviluppo turistico sostenibile delle aree interne. Si mette al centro il concetto di qualità: dei servizi, degli attrattori turistici, dell’ambiente e della vita dei residenti e si coinvolgono le amministrazioni locali in processi di miglioramento continuo. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, nei piccoli borghi c’è grande disponibilità a mettersi in gioco e a sperimentare, cogliendo opportunità diverse da quelle tradizionali», ha concluso Andrighetti. «Questo lo testimoniano anche i due sindaci che oggi ci raccontano come un borgo possa essere un laboratorio di innovazione e un modello cui fare riferimento».

Lo ha confermato Sara Riva, sindaco di Gromo, un piccolo Comune – meno di 1.200 abitanti –, in Val Seriana, a 40 km da Bergamo, Bandiera arancione dal 2007, con un borgo medievale sviluppatosi ai piedi del trecentesco castello Ginami. «Gromo è un paese meraviglioso ma come spesso accade nelle valli, è vittima di spopolamento: negli ultimi anni abbiamo registrato un costante calo della popolazione, a fronte invece di un aumento delle presenze turistiche, ma tutte concentrate nei mesi estivi o in pieno inverno. Il nostro obiettivo invece è quello di accogliere visitatori tutto l’anno, cosa che aumenterebbe le opportunità di lavoro anche per i residenti. Tuttavia, dall’inizio della pandemia abbiamo registrato un ripopolamento del territorio: in molti, sia residenti sia proprietari di seconde case, sono tornati in paese per lavorare o seguire la didattica universitaria a distanza. Questo però ha fatto emergere anche delle criticità, prima fra tutte una connessione internet inadeguata. Ѐ vero: questo cambiamento va governato. Perciò siamo stati ben felici di far parte del progetto portato avanti dal Politecnico di Milano, dal professor Boeri e dai suoi studenti del master “Urban design studio” che per tre mesi hanno studiato e analizzato la nostra realtà cercando soluzioni alternative, sostenibili, digitali e adatte a diverse fasce d’età, per lo sviluppo del borgo. Tra le idee emerse, la riqualificazione di spazi inutilizzati per dare vita a musei e aree espositive, nuovi percorsi naturalistici e gastronomici, la creazione di centri benessere e strutture eco-compatibili, una nuova funicolare, un teatro a cielo aperto nell’abetaia... Tanti spunti per realizzare una riqualificazione urbana di Gromo senza snaturarla».

L’altro originale modello è stato quello raccontato da Federico Balocchi, sindaco di Santa Fiora, Comune Bandiera arancione del Grossetano, sul versante meridionale del Monte Amiata, a 60 km dal capoluogo. Fra le eccellenze del suo territorio, la Peschiera, suggestivo parco-giardino sforzesco del XVI secolo, e il Museo delle miniere di mercurio, testimone del lavoro dei minatori in quest’area. «Santa Fiora conta oggi 2.500 abitanti (ma siamo stati anche 10mila, in passato). Da prima della pandemia, ci siamo resi conto che per sviluppare il nostro territorio è fondamentale puntare sul lavoro delocalizzato. Nel 2019 abbiamo avuto la banda ultra larga, fra i primi in Toscana, requisito fondamentale per diventare un hub di smartworking. Paesi come il nostro possono fornire una grande opportunità a chi lavora in remoto, ma anche alle aziende che vogliono delocalizzare: siamo in grado di fornire adeguate infrastrutture e servizi, a cominciare dalla banda ultra larga, a costi competitivi rispetto alle città. Noi i residenti li dobbiamo e vogliamo “coccolare”, perché restino in paese e non si trasferiscano in città. Auspico un futuro con qualche persona in meno in città e qualcuna in più nei paesi. Ne guadagnerebbero tutte in qualità della vita. Se riusciamo a far capire che in un piccolo paese dell’entroterra si può lavorare come e meglio che in città, senza snaturarci come piccolo borgo d’eccellenza, diamo un segnale importante e possiamo anche essere di esempio per altri piccoli centri».

Boeri ha poi raccontato un altro caso emblematico, che vede lui e il suo team lavorare alla ricostruzione di alcuni piccoli centri dell’Appennino devastati dal terremoto del 2016. «Ci stiamo occupando di alcuni piani di ricostruzione, in particolare nei borghi di Castelsantangelo sul Nera (Mc) e Arquata sul Tronto (Ap), dove ci sono stati danni pesanti e molte vittime. Paesaggi bellissimi sfigurati dal sisma. La sfida in questo caso è non commettere l’errore di ricostruire gusci vuoti: noi dobbiamo pensare a come ricostruire un tessuto sociale, prima che gli edifici. Il lavoro da fare è capire come gli spazi possano essere progettati per accogliere quella autenticità di relazioni che per secoli ha fatto comunità. Per questo diciamo che non ci interessa ricostruire l’identico, ma recuperare l’autentico. Il tema è sempre quello di preservare i piccoli borghi dell’entroterra ma nei territori colpiti dal sisma questa sfida diventa ancora più estrema, radicale». «Vorrei ringraziare il Touring Club Italiano – ha concluso Boeri –, per il grande aiuto e per la sua storia di cura verso quella parte del territorio, i piccoli centri, che spesso la politica non ha guardato con la giusta attenzione».

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