di Isabella Brega | Foto di Maurizio Fabbro
In questo mese, e fino alla metà di luglio, la provincia di Alessandria regala lo spettacolo della lavanda in fiore. Tutto da godere seguendo il filo conduttore di un itinerario in sei tappe
Ormai lo sappiamo. Il Covid-19 ha cambiato noi e il nostro modo di viaggiare. Ci ha spiazzati, stanati, costretti a rivedere le nostre abitudini e, con le frontiere chiuse, ci ha fatto forzatamente scoprire, o riscoprire, le meraviglie della nostra Italia. Ci ha spinto a cercare luoghi non troppo affollati e a viaggiare in sicurezza, inseguendo nuovi spazi e nuove ispirazioni in grado di soddisfare la nostra fame di aria e di libertà. Abbiamo esplorato piccoli borghi, come quelli delle Bandiere Arancioni del Tci, percorso Cammini e sentieri, mentre la campagna, a lungo sottovalutata e dimenticata, è diventata persino di moda. Tornati al centro del nostro viaggio, più consapevoli e protagonisti delle nostre scelte, ci siamo accorti che a volte basta girare l’angolo di casa nostra per ritrovare quello che eravamo soliti cercare all’estero. Come nel caso della lavanda che, senza andare fino in Provenza, anche nel nostro Paese regala scenari splendidi, e profumati, come quelli dell’itinerario che vi proponiamo. Un itinerario che risponde pienamente anche alle nuove parole chiave del turismo post Covid: prossimità, esperienze all’aria aperta, distanziamento.
Il nostro fil violet ha inizio nella parte più orientale della provincia di Alessandria, dove tra i colori della frutta e le vigne da cui si ricava il vino timorasso, sulle strade dei colli Tortonesi che hanno visto crescere la rivalità fra Coppi e Bartali si trova la prima tappa di questo tour adatto alle famiglie, agli amanti della fotografia, della bicicletta e dei prodotti biologici. A Viguzzolo, che vanta la solitaria pieve romanica dell’XI secolo di S. Maria, nota per la grande statua lignea del Cristo in croce dal capo mobile, in strada Bezzano si stagliano i campi di Giancarlo Nossa, che qui dal 2007 coltiva fragole e lavanda e ospita anche le arnie di alcuni apicoltori. Una distesa di circa mezzo ettaro di fiori violetti che questo giovane giardiniere, amante dei viaggi, ha realizzato per passione e la cui bellezza regala generosamente a visitatori cui chiede in cambio il rispetto delle piante e del trovarsi in una proprietà privata. Le stesse regole di educazione e attenzione nei confronti della natura, che dovrebbero far parte del bagaglio di ogni turista, valgono a Castelletto d’Erro, terra di calanchi, di fragole e pesche (insieme ai formaggi ovini e caprini della vicina Roccaverano), posto in posizione panoramica a guardia della valle omonima. Dominato dalle rovine di un antico castello, con una severa torre quadrata del XIII secolo, e dalla chiesetta di S. Anna, si trova nell’Alto Monferrato acquese, vicino al confine ligure, e conta meno di 150 abitanti. Ai piedi di questo borgo collinare, che nell’ultimo secolo ha perso più di tre quarti della propria popolazione e nel 2020 anche il sindaco, l’energico Giuseppe Panaro, scomparso per Covid (cui va il merito di aver creato l’area wilderness Rian d’l’Agì, la seconda zona di tutela ambientale del Piemonte con delibera comunale), spiccano i dieci ettari dell’azienda di Anna Calviello, con coltivazioni di erbe officinali, rosmarino, rose, lavanda officinale e lavandino (lavanda ibrida), i cui colori variano di intensità a seconda della fase di fioritura.
È nella metà degli anni Ottanta che l’allora sindaco di Castelletto, Piercarlo Dapino, dopo alcuni viaggi in Provenza studia un modo per dare reddito al proprio territorio in maniera sostenibile sfruttando i terreni incolti. Impianta colture di piante officinali basate sul metodo dell’agricoltura biologica e biodinamica e spinge per mettere a sistema la produzione di oli essenziali ed erbe essiccate, coinvolgendo nell’iniziativa una serie di aziende agricole locali. Nasce così a Spigno la bella realtà della cooperativa Agronatura, diretta da Marco Ferro e presieduta dallo stesso Dappino, che ha ottenuto il marchio Demeter, una garanzia di qualità dei prodotti biodinamici riconosciuta a livello internazionale, cui oggi conferiscono i propri prodotti per essere lavorati e trasformati una quarantina di realtà delle province di Alessandria, Asti e Cuneo. Essiccate e confezionate sotto vuoto per essere utilizzate in erboristeria oppure distillate per ricavare i preziosi oli essenziali che sono alla base di prodotti di bellezza e profumi, le erbe officinali sono il prodotto d’eccellenza di Agronatura, aperta su prenotazione, nel cui spaccio si possono acquistare direttamente tisane, oli da bagno, potpourri, acque profumate. Gran parte della lavanda, raccolta grazie ai macchinari della cooperativa e distillata, prende la strada della Francia, che non sarebbe altrimenti in grado di soddisfarne la richiesta, visto che per dieci ml di olio essenziale occorrono circa due kg di fiori, pari a cinque metri quadrati di coltura.
Gli edifici di Alessandria, che si intravvedono in lontananza, fanno da sfondo dei 40 ettari di campi dell’azienda agricola Cascina Ospedale, da quattro generazioni di proprietà della famiglia di Franca e Maria Carla Goggi. Posta lungo l’antica Via del Sale, è adagiata lungo la sponda destra del fiume Tanaro. Qui fra cereali come mais, soia, farro (da cui si ricavano le farine e gli ottimi prodotti alimentari come biscotti e grissini acquistabili nello spaccio) dal 2016 si distinguono i quasi due ettari di lavanda, sia officinale sia ibrida, da cui si ricava un olio essenziale dalle straordinarie proprietà rilassanti. Tutte le coltivazioni sono biologiche, compresa quelle delle barbabietole (particolarmente ecosostenibili per le proprietà delle loro foglie di assorbire l’anidride carbonica), dalle quali si ottiene l’unico zucchero biologico da barbabietola italiano, Nostrano, lavorato nello stabilimento di Italia Zuccheri di Minerbio (Bo). La grande cascina è anche una fattoria didattica, che offre una serie di laboratori studiati per le scuole, e passeggiare lungo l’argine che l’attraversa ammirando le distese violette che si muovono come onde al vento, è una gioia per i sensi.
Una Big Bench, una enorme panchina color lilla, costituisce la quarta tappa di questo itinerario sulle tracce della lavanda piemontese. A una ventina di chilometri a nord di Alessandria, nel cuore del Monferrato, a metà della strada panoramica chiusa al traffico che collega lungo il crinale del colle Cuccaro a Lu, una di queste installazioni fuori scala ideate dal designer americano Chris Bangle si affaccia sulle colline Patrimonio dell’Unesco chiazzate di distese di lavanda, dominando campanili e case, vigne e borghi. Scendendo verso la pianura in direzione di Quargnento, ci si imbatte nel lavandeto biologico in pendenza di 8mila metri quadrati dell’azienda La lavanda di Lu, di Sergio Amadori e Silvana Alessio, ricavato sul luogo di una antica vigna e ancora lavorato a mano, meta di ciclisti coraggiosi e allenati e degli amanti dei selfie. Nel weekend un piccolo gazebo blu accoglie i prodotti dell’azienda come acqua profumata (idrolato), saponi, miele, oli essenziali estratti con la tecnica della corrente di vapore, sfruttando cioè l’azione osmotica del vapore acqueo, deliziosi sacchetti per la biancheria, il cui profumo, dalle proprietà rilassanti, si espande nell’aria regalando serenità e pace.
È ancora il profumo a condurci a Giarole, tra Valenza e Casale Monferrato, dove, alle porte dell’abitato, l’azienda Pavese ha impiantato lungo il torrente Grana e nel territorio di Pomaro due belle coltivazioni biologiche di lavanda. Da un gioiello della natura a uno della cultura. Giarole infatti ospita uno scenografico castello la cui fondazione è legata a Federico Barbarossa, che nel 1163 autorizzò i cavalieri di Sannazzaro – Guido, Burgundio, Assalito e Raineri – a erigere un maniero nei loro possedimenti. Da allora di acqua ne è passata tanta sotto il ponte levatoio del complesso, più volte rimaneggiato e restaurato a metà dell’Ottocento in stile neogotico, ma la famiglia è sempre la stessa, i conti Sannazzaro Natta. Oggi Giose e Letizia Sannazzaro ricevono personalmente i visitatori, condividendo generosamente con loro il fascino di una dimora di 45 stanze e tre torri (non manca neanche il fantasma dispettoso, il pittore Grosso morto nell’Ottocento dopo una caduta dal ponteggio mentre affrescava la sala da ballo) dove la storia e i cimeli di questa stirpe illustre si intrecciano con quelli d’Italia. L’edificio, circondato da un vasto parco all’inglese e preceduto da una chiesa che vanta opere e affreschi del XVI sec., è affittabile per eventi privati e cerimonie. Nel passato fra i suoi ospiti vi sono stati principi, duchi e sovrani, come Vittorio Emanuele II e Napoleone III, e ora accoglie nei saloni e nelle sei belle camere adibite a b&b turisti di tutto il mondo, colpiti dallo stile dell’antica nobiltà piemontese. Elegante, rilassato, ma discreto e mai eccessivo. Come la lavanda.