di Silvestro Serra | Fotografie di Gianni Cipriano
Il rilancio del mito del ratto di Proserpina è l’occasione per scoprire “l’ombelico dell’isola”, territorio, siti archeologici e borghi dell’interno
Seduti sulla riva, il lago di Pergusa ci appare come un piccolo specchio d’acqua a forma ellittica frequentato da uccelli acquatici, folaghe e cavalieri d’Italia e affollata area di sosta per gli uccelli migratori da e verso l’Africa.
Certo è un importante paradiso naturale, un’area protetta, un sito di importanza comunitaria. Ma pur sempre un piccolo lago, di acqua salmastra, l’unico naturale in tutta la Sicilia, piazzato nel centro dell’isola, a pochi passi da Enna (ma chissà perché circondato da un autodromo costruito nel 1951, con un circuito auto e motociclistico di cinque chilometri che ne segue con precisione il perimetro).
Eppure è proprio dalle acque del Pergusa che emerge uno dei più celebri miti dell’antichità, quello del ratto di Proserpina (per i Greci, Persefone). La storia è nota ma è importante riassumerla per capire dove siamo: Plutone (Ades), dio degli inferi, spunta un giorno dalle acque a bordo della sua biga trainata da quattro cavalli neri. Adocchia la bella Proserpina intenta a cogliere narcisi sulle rive. Colpo di fulmine ed è subito rapimento e fuga con rapida reimmersione. La “fuitina” non concordata però non passa. La ragazza è figlia di Giove e di Cerere (Demetra). Il re degli dei non si scandalizza più di tanto, la madre (dea della fertilità e dei raccolti) invece se la prende come una furia e dichiara guerra all’isola provocando una grave carestia.
Seguono trattative tra divinità (Plutone era fratello di Giove, non dimentichiamolo) e alla fine, il compromesso: Proserpina potrà stare sei mesi all’aria aperta (primavera ed estate) e sei mesi, quelli bui e invernali, agli inferi con il neosposo. I raccolti tornano a fiorire in quella che viene da allora definito il più ricco granaio di Sicilia, un infinito susseguirsi di dolci colline interrotte da speroni di roccia, nell’ombelico dell’isola, anzi nel suo esatto centro geografico, secondo i calcoli di Federico II poi confermati da studi moderni. Questo modo fantasioso (e violento) per spiegare il ciclo delle stagioni ha colpito l’immaginazione di poeti e artisti, da Ovidio a Callimaco, da Aristotele a Livio, ed è stato scolpito nel marmo da Gian Lorenzo Bernini.
Ora proprio questo mito è diventato un importante spunto per rilanciare turisticamente il cuore agricolo dell’isola, un attrattore che si vorrebbe irresistibile per curiosi e visitatori, appassionati di Sicilia ma non saziati dai piaceri delle spiagge, dagli arabeschi sparsi ovunque nelle zone più note e battute, dal Siracusano al Trapanese, da Taormina a Noto, alle Madonie.
Nasce per questo, qualche mese fa a Enna, il capoluogo di provincia più alto d’Italia, 931 metri slm, il Museo del Mito, posizionato sotto la rocca di Cerere che domina l’antica Castrogiovanni poi Henna e finalmente Enna (che vuol dire roccaforte). In una ex scuderia a Capannicoli, in una zona archeologica in fase di scavi e riscoperta (l’antica via Sacra è stata ripulita dagli scout), è nato uno spazio multimediale e virtuale che integra arte e racconto cinematografico.
Sotto il logo, una spiga di grano stilizzata, si sviluppa un percorso immersivo che, grazie alle tecnologie moderne, postazioni per la realtà aumentata e totem touch screen, permette di rivivere in 15 minuti il mito di Plutone e Proserpina con l’aiuto di immagini, suoni, i colori della natura e la voce narrante di Neri Marcorè. Il progetto curato dagli esperti d’arte, di tv e cinema di Sarteria è stato sposato dal sindaco Maurizio Dipietro che ora ha intenzione di costruire un percorso più vasto di riscoperta e rivisitazione mitologica di una zona ingiustamente trascurata dal turismo culturale e che invece racchiude importanti luoghi, architetture, tradizioni e tracce della storia e del paesaggio siciliano. E ci ha mostrato alcuni delle eccellenze su cui si imposta questa strategia turistica di un sicilian tour alternativo.
Partiamo proprio dalla terrazza del Belvedere di piazza Crispi, uno dei più spettacolari balconi dell’intera Sicilia e salotto all’aria aperta di Enna dove, accanto all’ex hotel omonimo in stile liberty (molto amato dal duca di Edimburgo Filippo in gioventù), tra maestosi cedri del Libano, e una vista spettacolare che va dai monti Nebrodi alle Madonie, all’Etna, si erge dal 1935 la fontana con al centro una copia in bronzo della famosa Proserpina del Bernini (l’originale, in marmo, è alla galleria Borghese di Roma). Fu Mussolini a scegliere Enna, dandole il nome definitivo, come capoluogo preferendola alla più quotata Caltagirone, che però era politicamente troppo vicina a don Sturzo, fondatore del Partito Popolare e dunque avversario del regime.
Enna si percorre facilmente a piedi e così una passeggiata lungo il corso principale di via Roma, inframezzato da una decina di piazze, diventa una facile occasione per percorrere a ritroso le numerose vicende, le leggende e le storie di questa città. Città snodo che proprio per la posizione strategica al centro delle vie di comunicazione (ancora oggi strade, autostrada e ferrovia la tengono connessa al resto dell’isola) è sempre stata una ambita preda per i vari popoli che l’hanno via via abitata, Sicani, Greci, Romani, Bizantini, Normanni, Svevi, Aragonesi... perché facile da difendere (possiede ben otto sorgenti d’acqua) e molto difficile da espugnare (come accadde una volta, solo con l’inganno). Questo spiega la presenza, nella zona più alta della rocca, del poderoso Castello di Lombardia, circondato da una grande cortina muraria. Oggi nella vasta piazza d’armi all’interno, sotto la merlata Torre Pisana, l’unica rimasta in piedi e visitabile fino in cima, si tengono concerti e spettacoli teatrali. Imperdibile poi la Torre ottagonale di 24 metri costruita da Federico II, circondata dai giardini, che segnava con sorprendente precisione il centro dell’isola. Sempre lungo via Roma si possono ammirare le facciate dei palazzi simbolo della ricchezza dei grandi latifondisti, il Museo Alessi, il Duomo in stile gotico, il Museo archeologico nel settecentesco palazzo Varisano.
Ma tra un palazzo e una chiesa, e una visita alla sede delle confraternite che durante la Settimana Santa danno vita a cortei e processioni in costume, non mancano le occasioni per una sosta saporita in un caffè per gustare il grande assortimento della pasticceria siciliana o per provare un arancino (qui è maschile) da passeggio, frutto della creatività di Rosario Umbriaco, quarta generazione di famiglia nello street food (il bisnonno vendeva hot dog a Manhattan) che in viale IV Novembre si appassiona in variazioni sul tema, richieste anche dai grandi chef del continente: doppi strati di riso e ricotta, zafferano con fonduta di formaggio piacentino ennese bagnati con acqua di mare; aromi con confetture di melograno e calici di fiori di lavanda, pecorino dop, fiori di sambuco e pinoli di Piazza Armerina... Una gradita alternativa è una sosta per una degustazione di vini doc siciliani nell’enoteca Tommy's wine in piazza Neglia.
La scoperta di questa Sicilia dell’interno non si ferma certo a Enna. Tutta l’area è ricca di tesori. In un percorso ad anello, si va dal geoparco, oggi protetto dall’Unesco, dove sorgevano le storiche miniere di zolfo e di sale, alle perle sgranate di questa corona fatta di borghi, noti e meno famosi. Nel giro di pochi chilometri si passa dalla arroccata Calascibetta a Leonforte, feudo dei Branciforti, a Piazza Armerina dove nel 1929 fu trovata la Villa romana del Casale con meravigliosi mosaici policromi perfettamente conservati, a Morgantina, famosa per il Teatro greco, per l’acropoli ma soprattutto perché qui fu scoperta una Venere del V secolo a. C.: rivenuta in uno scavo clandestino nella seconda metà del Novecento, fu esportata clandestinamente ed era finita al museo Getty a Malibù, in California. È tornata a casa nel 2011 e da allora è esposta nel Museo archeologico regionale di Aidone. Un altro gioiello da (ri)scoprire nell’ombelico dell’isola.