L'eterno ritorno del Ponte dei desideri

Illustrazione di Maria Rita MacchiavelliIllustrazione di Maria Rita Macchiavelli

Un eterno ritorno tra le grandi opere infrastrutturali italiane: il ponte sullo Stretto torna all'onore delle cronache. E del dibattito

Il recente invio al Parlamento della Relazione sul Ponte sullo Stretto da parte del ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili Enrico Giovannini ha riportato di attualità il tema dell’attraversamento stabile tra Calabria e Sicilia. Le associazioni ambientaliste tra cui il Tci, hanno ribadito la loro comune opposizione all’ipotesi. Una opposizione ribadita in una lettera al Presidente del Consiglio Mario Draghi, «per ragioni ambientali, tecniche, economiche e di priorità di investimenti». Una posizione che è stata ribadita anche dal Corpo consolare del Tci e dai Club di Territorio di Calabria e Sicilia. Tra le altre osservazioni, questi «esprimono forti perplessità riguardo alla realizzabilità, al basso impatto ambientale e temono che si dia vita all’ennesima cattedrale nel deserto...».

Al confronto sul tema del collegamento stabile tra Continente e Sicilia porta questa volta il suo contributo Anna Donati, responsabile della mobilità del Kyoto Club e consigliera Tci. Torna di moda l’attraversamento stabile sullo Stretto di Messina, un eterno ritorno tra le grandi opere italiane. Il progetto non è stato inserito nel PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del Governo Draghi, perché servono approfondimenti, valutazioni e dibattito pubblico. Inoltre era impensabile un completamento dell’opera entro il 2026, motivo per cui la Commissione europea non avrebbe dato il via libera al progetto nel quadro del PNRR.

Estate 2020: riparte la proposta di un tunnel tra Scilla e Cariddi Si era riaperto il tema con la proposta di realizzare un tunnel sottomarino, considerato dai proponenti come facile, sicuro, rapido ed economico da realizzare. L’allora ministra delle Infrastrutture e Trasporti, Paola De Micheli, aveva istituito ad agosto 2020 una commissione di esperti per valutare la fattibilità tra tunnel in alveo, tunnel flottante e Ponte sullo Stretto di Messina. C’è da restare sorpresi che nel 2021, l’attraversamento stabile dello Stretto, abbia trovato nuovi e inediti sostenitori, diversi esponenti del PD, di Italia Viva e del Movimento 5 Stelle, oltre ai tradizionali supporter di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia. Una preoccupante e inedita maggioranza trasversale di fautori del progetto. Ma sono tornate a farsi sentire anche le Associazioni ambientaliste che hanno osteggiato il progetto per l’impatto e la scarsa utilità e avanzato alternative più sostenibili per migliorare l’attraversamento dello Stretto. I limiti dell’approfondimento del Gruppo di Lavoro del MIMS La relazione del gruppo di lavoro del Ministero – ora denominato per le Infrastrutture e la Mobilità Sostenibili-MIMS – per la Valutazione di soluzioni alternative per il sistema di attraversamento stabile dello Stretto di Messina è stata rilasciata e trasmessa al Parlamento il 7 maggio scorso.

Su questa relazione le Associazioni WWF Italia, Legambiente e Kyoto Club hanno svolto una disamina approfondita avanzando critiche e osservazioni, perché davvero molte questioni non tornano: Prima criticità, il gruppo di lavoro aveva come compito quello di studiare le diverse soluzioni di attraversamento stabile dello Stretto (Ponte, tunnel...), ma non quello di comparare le soluzioni di miglioramento e innovazione al sistema attuale del traghettamento. Non si ritiene corretta questa impostazione, che non individua l’alternativa migliore nell’interesse della collettività. Seconda criticità, tra gli incaricati del gruppo di lavoro emerge come siano assenti esperti nelle materie biologiche terrestri e marine, chimico-fisiche, ecologiche, naturalistiche e paesaggistiche, fatto incomprensibile per un progetto localizzato in un contesto di eccezionale sensibilità ambientale, pregio naturalistico e paesaggistico. Su questi aspetti la relazione non approfondisce nulla. Terza criticità, il Ministero dovrebbe procedere, oltre al miglioramento e potenziamento dei servizi di traghettamento, a sviluppare una seria e innovativa alternativa progettuale ai servizi di traghettamento, con interventi sul sistema infrastrutturale e logistico, con nuove tecnologie per favorire il passaggio dei treni e degli autoveicoli, i servizi metropolitani per le relazioni quotidiane, i collegamenti tra Calabria e la Sicilia.

La Relazione non è un via libera Sulla base dei dati disponibili la relazione esclude fattibilità e utilità del Tunnel mentre ritiene il Ponte molto più fattibile, anche se valuta la soluzione del “Ponte sospeso a unica campata” molto complessa e rischiosa. Suggerisce di puntare sulla soluzione di Ponte a più campate con le pile in alveo nello Stretto (si ammette che è tutta da studiare). La relazione afferma che «sussistono profonde motivazioni per realizzare l’attraversamento stabile», affermazione che sembra motivare una scelta ma in realtà è una esortazione, non una decisione ponderata frutto di elementi tecnici e scientifici, ancora tutti ancora da svolgere. La relazione non dà comunque un via libera ad alcuna soluzione stabile, propone piuttosto, nelle conclusioni, una lunga lista di quesiti e rimanda a studi di fattibilità per approfondire gli aspetti rilevanti: soluzioni tecniche, dati di traffico, normative, rischio sismico, impatti ambientali, meteomarini e geologici, costi e pedaggi. attraversare lo stretto, oggi I flussi di traffico. Resta confermato che i numeri sia locali sia nazionali sono bassi e che vanno in ogni caso aggiornati. I dati di traffico locali tra le due sponde sono minimi – seimila persone al giorno – e con un servizio di traghettamento efficiente e veloce, con un sistema metropolitano dell’area dello Stretto, si risolverebbe efficacemente la connessione tre le due sponde. La relazione sostiene che i flussi sono bassi perché i servizi attuali sono pessimi e lenti: c’è qualcosa di vero e i flussi potranno crescere con una nuova domanda generata dal Ponte, ma vanno messi in relazione alle attività, alle dinamiche territoriali e occupazionali, al Pil, alla disponibilità a pagare. Ma riteniamo, anche sulla base di altre esperienze mondiali, che non potranno mai crescere fino a giustificare la realizzazione del Ponte.

I reali risparmi di tempo. A pagina 123 della relazione c’è una tabella che spiega bene come i maggiori risparmi di tempo si otterrebbero con il miglioramento del traghettamento piuttosto che con un Ponte. Per esempio, in treno da Roma Termini a Messina oggi si impiegano 8 ore, con il miglioramento del traghettamento si arriverebbe in 5 ore e 16 minuti, con il Ponte in 4h 30’, con l’Alta Velocità tra Salerno e Reggio Calabria in 4h 05’. Per Catania proporzione analoga. Da Roma a Palermo si arriva in 6 ore e 39 minuti con tutti gli interventi previsti e quindi il Ponte continua a non essere competitivo con il trasporto aereo. Si vuole ridurre il traffico merci via mare. Per il traffico merci c’è una ipotesi di riduzione del traffico merci dal sistema di navigazione attuale (che per il 44% va verso i porti campani) per aumentare l’uso dell’attraversamento stabile, senza specificare se con il trasporto ferroviario o stradale. Come dire che vogliamo ridurre il traffico marittimo per portarlo a terra: questo è un vero punto critico del progetto Ponte, perché la prospettiva generale deve essere invece il potenziamento del trasporto marittimo. Sia per intercettare i traffici mondiali marittimi sia nel traffico Nord-Sud del Paese, con carburanti e innovazioni da applicare per la decarbonizzazione anche nel trasporto via mare.

Il fallimento e i problemi irrisolti del progetto del 2010. Il Ponte sospeso a unica campata è il progetto definitivo del 2010 elaborato dal general contractor Eurolink, che fu abbandonato dal Governo Monti nel 2012, decisione a cui seguì nel 2013 la liquidazione della concessionaria Stretto di Messina SpA. Ricordiamo che il Governo Monti aveva chiesto a Eurolink di consegnare entro marzo 2013 approfondimenti tecnici ed economico-finanziari sul progetto definitivo che non arrivarono, lasciando irrisolti numerosi problemi tecnici e senza superare la VIA ambientale sul progetto. Un progetto che già nel 2010 aveva un costo stimato tra i 7,5 e i 9 miliardi di euro, cifra che non comprendeva l’aumento dei costi derivato dalle 35 prescrizioni di carattere tecnico e ambientale allora richieste nel parere di Valutazione di Impatto ambientale e dal CIPE. Le modifiche richieste erano sostanziali e, in alcuni casi, di una complessità senza precedenti per un’opera di queste dimensioni, da realizzare in una delle aree più complesse dal punto di vista del rischio sismico e idrogeologico. E non tenendo conto che siamo in una delle aree a più alta biodiversità del Mediterraneo, dove sono localizzati 12 siti delle Rete Natura 2000 tutelati dall’Europa, ai sensi delle Direttive Habitat e Uccelli.

Quindi, il progetto del Ponte sospeso a unica campata non ha mai avuto il via libera definitivo per la realizzazione. Ed è facile prevedere che una complessità analoga avrebbe il progetto di Ponte sospeso a più campate, suggerito nella Relazione come ipotesi, ma di cui non esiste nemmeno uno studio di fattibilità. Inoltre il Ponte consumerebbe ingenti risorse pubbliche, che dovrebbero essere destinate alle infrastrutture per il Mezzogiorno. Il nodo dei costi. La relazione rimanda a ulteriori approfondimenti e quindi non contiene alcuna previsione sui costi dell’intervento. Nel corso degli anni sono stati realizzati studi di ogni tipo su questa opera, costati centinaia di migliaia di euro, tanto da sembrare la vera ragione e interesse per alcune imprese e strutture di ricerca. Per questo è necessario che, se questa strategia verrà ritenuta plausibile dal Parlamento e dal MIMS, si proceda mediante gara europea per la selezione degli operatori, con chiari parametri di trasparenza e indipendenza per evitare ogni tipo di conflitto di interessi. Rispetto alle precedenti discussioni su «chi paga il Ponte?» la relazione ha poi un elemento di chiarezza: esclude che si ripaghi con il project financing e/o un canone di disponibilità da parte di RFI e Anas (la famosa tassa sul Ponte come era stata definita); e ritiene che debba essere realizzato in modo esplicito con risorse pubbliche nazionali e magari europee. Ma ricordiamo che, pur facendo parte delle reti TEN-T del corridoio ferroviario Berlino-Palermo, la Commissione Europea ha sempre escluso la possibilità di contribuire alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, perché concentra le proprie risorse sui collegamenti tra Paesi europei e di valico.

In conclusione: ben altri sono gli interventi utili al Sud Italia e alle relazioni tra Calabria e Sicilia. Si deve puntare a migliorare la logistica e le reti ferroviarie e stradali del nostro Meridione, tra cui la velocizzazione della ferrovia Salerno-Reggio Calabria, favorendo intermodalità tra i diversi vettori e con le infrastrutture portuali e aeroportuali, a cominciare nell’area dello Stretto. In questi anni l’attenzione di Governo e Parlamento nei confronti dei collegamenti in questa area del Paese e dello stato delle infrastrutture è stata del tutto inadeguata.

I collegamenti in traghetto e quelli ferroviari si sono infatti ridotti e non è stata posta alcuna attenzione a come rendere più semplici e veloci gli spostamenti. Lo stato delle infrastrutture nell’area è peggiorato al punto che di recente sono state chiuse gallerie e viadotti autostradali dopo che si erano evidenziati problemi e lesioni nelle strutture. A questi interventi necessari e urgenti vanno dedicate le risorse. E, con esse, le energie progettuali e politiche per il rilancio e la rigenerazione del Mezzogiorno italiano.

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