di Luca Bonora
Il Po: un fiume di opportunità per chi viaggia
Il turismo fluviale (in generale e in particolare legato al Po) è un tema molto sentito dal Tci, affrontato in modalità e in tempi diversi, con svariate iniziative (Io sono il Po nel 2015 su tutte, e fra le altre il patrocinio al Tevere Day nel 2019 e nel 2020), studi, ricerche, pubblicazioni e guide e anche, recentemente, con un reportage pubblicato proprio su Touring ad aprile 2021, sul tratto del Medio Po diventato Riserva della Biosfera. Oggi, con altri partner, il Tci sta organizzando per il 30 settembre a Colorno (Pr) un incontro con gli operatori locali del territorio per discutere di Po, sviluppo sostenibile e ripartenza (per aggiornamenti, www.touringclub.it).
Il Tci vede il Po come un contesto integratore in cui innescare uno sviluppo sostenibile, in un’area molto importante per il nostro Paese, ma anche molto fragile e da tutelare. Un’area che può trovare nel turismo lento e nel turismo dolce un importante fattore di sviluppo locale e di valorizzazione. Di tutto questo si è parlato durante la Bit 2021 al webinar dal titolo Il turismo fluviale per lo sviluppo sostenibile, organizzato dal Tci e condotto da Stefano Brambilla, giornalista Touring. Per tutti coloro che non hanno avuto modo di seguirlo, vi proponiamo una sintesi ragionata dei vari interventi.
La professoressa Claudia Sorlini, vicepresidente di Fondazione Cariplo ed ex consigliere Tci, ha iniziato i lavori mettendo a fuoco potenzialità e criticità del nostro più importante fiume: «Il Po ha segnato la storia della valle Padana e delle sue popolazioni e ha contribuito allo sviluppo agricolo di quella che è considerata una delle terre più fertili d’Europa. Non è un caso che proprio nel suo bacino idrografico sia stato rinvenuto il più antico aratro d’Europa, risalente a 4.000 anni fa (nel sito archeologico di Lavagnone, Desenzano). È sempre in questo territorio che si è sviluppata anche la più alta concentrazione di attività industriali del nostro Paese. Ma a fare di questo fiume un patrimonio di valore inestimabile sono la varietà straordinaria dei paesaggi che si susseguono dalle sorgenti al Delta mutando a ogni chilometro, le incantevoli aree di interesse naturalistico (zone umide, boschi, biodiversità, ecosistemi) e la ricchezza di testimonianze di civiltà passate e di beni culturali. Oggi una riserva di acqua dolce così significativa, come quella del Po, acquista ancora più importanza se si considera che stiamo vivendo una stagione nella quale si riduce sempre più la disponibilità di questa risorsa. Il Po vive però una situazione difficile, in quanto soffre di una gestione frammentata. Infatti, a parte l’Autorità di Bacino Distrettuale del Po e l’Agenzia Interregionale per il fiume Po, la gestione è divisa tra quattro Regioni, otto enti parco regionali e cinquanta aree protette. Così alcuni tratti risultano ben curati e oggetto di attenzione, mentre altri sono spazi “vuoti” senza una chiara destinazione.
La società civile negli ultimi anni ha dimostrato un rinnovato interesse nei confronti del Grande Fiume e ha messo in atto una serie di iniziative per richiamare l’attenzione delle autorità competenti nazionali e locali. In particolare, nel 2017 si è costituita, su iniziativa di una decina di associazioni ambientaliste e istituzioni tra cui il Tci, la Rete del Po. La Rete ha prodotto un Manifesto per il Po il cui scopo è sollecitare un’intesa tra le regioni, le istituzioni e i parchi esistenti che superi la frammentazione nella gestione dei territori e favorisca uno sviluppo dell’agricoltura e dell’industria compatibile con la sicurezza idraulica, con la salvaguardia delle acque del fiume, con la conservazione della biodiversità e dei numerosi paesaggi che accompagnano il fiume. Tutto questo anche allo scopo di promuovere un turismo rispettoso dell’ambiente, di qualità, sfruttando il percorso della ciclovia VenTo in corso di realizzazione e destinata a collegare Torino con Venezia; un turismo che comunque consenta di conoscere non solo l’enogastronomia, le feste tradizionali, ma anche le bellezze naturali e la millenaria storia e cultura di questo fiume. Oltre al Manifesto (consultabile a questo link: manifestoperilpo.it), la Rete raccoglie i progetti realizzati o in itinere, offre un quadro informativo socio-economico su tutto il territorio, fa il punto su valori, punti di forza e di fragilità del fiume, identifica le possibilità di sviluppo nei vari settori e conclude con alcune proposte operative.
ll webinar è stato l’occasione per presentare il primo Osservatorio sul fiume Po realizzato dal Centro Studi Tci, legato anche allo sviluppo del turismo di prossimità che ha avuto un grande impulso negli ultimi anni di pandemia Covid. Nell’aprile 2021 il Centro Studi Tci ha realizzato una survey on line con la community Touring residente in Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto – quasi 84mila persone – per fare emergere percezioni ed esperienze di visita sui territori del Po. Potete consultare la ricerca completa sul sito Tci qui.
I dati emersi sono significativi: le zone più frequentate sono quelle del Delta, mentre quella che lo è di meno è l’Alto Po, ovvero il tratto di fiume compreso tra le sorgenti e la confluenza con il Ticino, vicino a Pavia. Come ha spiegato Matteo Montebelli del Centro Studi Tci: «Guardando in dettaglio i dati per regione di residenza, emerge come il Grande Fiume sia un territorio perlopiù vocato al turismo di prossimità. L’Alto Po, infatti, è il preferito dai piemontesi, per esempio, mentre il Delta è frequentato soprattutto da veneti».
Quando pensa al Po, la community dei residenti pensa anzitutto alla Pianura Padana, al Delta e alle principali città che si affacciano sulle sue sponde (Torino, Piacenza, Cremona e Ferrara); solo un 3 per cento lo collega alle riserve Unesco “Man and the Biosphere”, nonostante lungo il suo corso ci siano ben quattro aree MaB.
Prosegue Montebelli: «Lungo il Grande Fiume è già stato l’87 per cento di chi ha risposto. L’esperienza è però legata prevalentemente a una visita in giornata ed è rappresentata dal pranzo in un ristorante, in un agriturismo o in una trattoria tipica. Al secondo posto c’è la visita delle città; seguono borghi e castelli e le crociere fluviali. Da sottolineare come queste ultime due attività hanno sicuramente un potenziale superiore, visto che risultavano ai primi posti tra le esperienze desiderate».
Nonostante buona parte dei territori del Po non abbia una storia turistica importante alle spalle, nel complesso l’esperienza di visita è stata giudicata positiva: il paesaggio è valutato con il massimo punteggio e anche ristorazione ed enogastronomia ricevono ottimi voti. Bene anche l’accoglienza e il rapporto qualità/ prezzo. La principale criticità è data dalla poca disponibilità di informazioni sul territorio, che infatti è indicata come la prima e più urgente azione da realizzare per incrementare l’attrattività del territorio, magari con un portale turistico unitario.
Ha quindi portato il suo contributo Meuccio Berselli, segretario generale dell’Autorità di Bacino Distrettuale del fiume Po, istituzione sovra regionale con sede a Parma che progetta e mette in atto azioni concrete per la tutela del Grande Fiume, direttamente e con il sostegno delle amministrazioni locali e del Ministero della Transizione Ecologica. Tre i pilastri della sua attività: la mitigazione del rischio idrogeologico, la pianificazione per arginare e gestire la scarsità idrica, il miglioramento della qualità del corpo idrico. A questi si aggiungono la tutela e la valorizzazione fluviale, non solo in termini turistici.
In risposta ai dati e soprattutto alle critiche all’incapacità di comunicazione integrata dell’area Po emerse dall’Osservatorio Tci, Berselli ha fatto notare come storicamente il Grande Fiume sia stato quasi sempre vissuto come un confine, qualcosa che divideva i territori anziché unirli. Quindi il nodo oggi è ricucire i territori, come stanno facendo iniziative come il Manifesto per il Po, la ciclovia VenTo… tutti strumenti di una nuova strategia fluviale.
«L’Autorità di Bacino va anche nelle scuole per insegnare l’importanza del fiume», ha aggiunto Berselli. «Un’importanza che voglio sintetizzare con qualche numero: 20 milioni di persone vivono su queste sponde su cui si realizza il 40 per cento del Prodotto Interno Lordo Nazionale. Il 40 per cento dell’agricoltura nazionale si realizza con l’acqua del Po, che distribuisce 20 miliardi di metri cubi di acqua l’anno. A questo proposito, è importante dire che dobbiamo anche lavorare per un’agricoltura diversa, meno impattante, a maggior tutela del fiume e del suo territorio. Dall’Osservatorio emerge poi che la parte più conosciuta, per alcuni l’unica, è il Delta. Ecco, noi dobbiamo lavorare per far conoscere tutto il resto del fiume, che è ricco, ricchissimo di storia e di cultura».
Claudia Sorlini ha infine ripreso la parola per raccontare il supporto che Fondazione Cariplo ha dato e sta dando anche alla valorizzazione del turismo fluviale, sostenendo progetti di mobilità dolce, in particolare le ciclovie (la progettazione e realizzazione delle greenway Brezza e VenTo) e le iniziative riguardanti aree di interesse naturalistico, con progetti finalizzati a riqualificazione di zone umide, reintroduzione di specie vegetali autoctone e soprattutto creazione di corridoi ecologici tra la golena del Po e i suoi affluenti. Progetti che sono funzionali anche alla promozione di un turismo lento, informato, rispettoso delle bellezze dei luoghi, in grado di portare risorse economiche e favorire la rivitalizzazione del territorio.