di Tino Mantarro
Un libro esclusivo racconta le storie e le persone che vivono sulla catena montuosa che attraversa l’Italia. Un mondo che resiste e si rilancia
Ogni italiano sa, perché l’ha studiato a scuola, che l’Appennino è lungo circa 1.300 chilometri, è largo tra i 30 e i 250, è distribuito tra 14 regioni, dalla Liguria alla Sicilia, occupa quasi un terzo del territorio nazionale ed è abitato da circa dieci milioni di persone. Un territorio che nell’immaginario collettivo viene considerato periferico, distante dalle grandi città epicentro della vita contemporanea, soggetto da decenni a un intenso spopolamento. Un territorio naturalisticamente affascinante, dove la natura – gli sterminati boschi di faggi, i grandi castagni e carpini, e soprattutto gli animali selvatici, dal lupo agli ungulati – riprende sempre più campo perché l’Appennino è in ritirata, una terra vittima di terremoti e altre cicliche catastrofi ambientali e umane da cui si fugge per mancanza di lavoro e di stimoli. Quello che ogni italiano invece non sa è che l’Appennino ha un destino tutt’altro che segnato, ma anzi è una terra attiva e combattiva, con tanti problemi – vero – ma con altrettante opportunità di innovare il corso delle cose e sovvertire l’immaginario del “luogo da salvare”, grazie all’anima affatto reietta e disperata delle persone che lo vivono.
È per raccontare questa storia di rilancio possibile che il Touring Club Italiano ha deciso di dedicare il volume riservato ai soci di lunga data e nuovi proprio all’Appennino, alle sue geografie e alle sue storie. Un volume pensato perché, come scrive il presidente Franco Iseppi nell’introduzione, il Touring «non crede che basti rimettere in sesto l’esistente rispondendo alle criticità che attraversano gli Appennini, ma ne sollecita una vera e propria rigenerazione», convinto che la sfida del futuro non sia «di dover scegliere tra centro e periferia, ma sapere raggiungere un’osmosi virtuosa». Osmosi che si ottiene – come ricorda nel suo saggio introduttivo Alessandra Faggian, pro-rettrice del Gran Sasso Science Institute, la scuola superiore universitaria con sede a L’Aquila – innanzitutto ribaltando lo sguardo e invertendo il pregiudizio che queste aree interne siano destinate solo a fruizione e consumo e non alla produzione e all’innovazione. Come invece è avvenuto per secoli, perché l’Appennino è sempre stata «una montagna a dimensione umana, abitabile e abitata da così lungo tempo grazie al lavorìo dell’uomo nei secoli»
Dimensione umana che il volume Appennini cerca di recuperare grazie a un racconto organizzato in dieci parole chiave: Resilienza, Spiritualità, Tradizione, Tutela, Storia, Arte, Memoria, Innovazione, Sport, Sisma. Parole che guideranno i lettori alla scoperta di luoghi appenninici tutt’altro che marginali. Ognuna delle dieci parole è declinata attraverso un racconto d’autore, che crea suggestioni e genera sensazioni legate al tema, illustrata da un servizio fotografico evocativo e corredata da un reportage realizzato dai giornalisti di Touring. Reportage che si concentrano sul racconto di quel che succede nell’Italia interna, portando in primo piano le storie legate alle persone che lì vivono e provano con il loro impegno a cambiare le cose, ma cercano anche di evitare che si perdano tradizioni antiche, paesaggi secolari e si compromettano gli equilibri delicati tra uomo e ambiente.
Un volume che da Succiso, sull’Appennino Reggiano, a Isnello, sulle Madonie, cerca di dar voce a un Appennino che non ti aspetti, dove il passato è la base da cui partire per costruire il futuro. Facendo leva, – come spiega il geografo Mauro Varotto nel suo saggio introduttivo – su di «un patrimonio conservato e tramandato grazie a tante piccole aziende a conduzione famigliare in grado di dare valore a risorse diversificate, oggi stritolate dalla standardizzazione industriale e dallo spopolamento della aree interne». Un libro, Appennini, pensato per condurre i soci attraverso luoghi poco conosciuti, ma che è il caso di cominciare a conoscere, per andare oltre quelle poche nozioni apprese a scuola. A conclusione del volume un’ampia sezione dedicata alle fotografie della nostra community, mandate nei mesi passati dai soci per illustrare la loro versione dell’Appennino.