di Viviano Domenici
L'orgoglio della posta statunitense in realtà risale ai Persiani. Storie dal West.
Un filo rosso lega il re persiano Dario il Grande, lo scrittore greco Erodoto, i leggendari pony express del Far West americano e un palazzo d’ipirazione neoclassica di Manhattan. Si tratta di una frase che è tutta un programma: «Né la neve, né la pioggia, né il caldo, né l’oscurità della notte trattengono questi corrieri dal rapido completamento dei giri loro assegnati». La fece scrivere a grandi lettere di bronzo nel 1914 l’architetto William M. Kendall sulla facciata del gigantesco General Post Office Building di Manhattan. Quelle parole, diventate l’orgoglioso credo del servizio postale degli Stati Uniti d’America, sono le stesse utilizzate da Erodoto per descrivere l’organizzazione postale – e stradale – dell’impero achemenide al tempo di Dario il Grande (VI-V secolo a.C.). Ecco quanto scrisse: «Hanno cavalli e uomini distaccati a intervalli lungo il percorso [la Strada Reale], lo stesso numero in totale della lunghezza complessiva in giorni del viaggio, con un cavallo e un cavaliere freschi per ogni giorno di viaggio. Né la neve, né la pioggia, né il caldo, né l’oscurità della notte impediscono loro di portare a termine la tratta con la massima rapidità. Il primo uomo passa le sue istruzioni al secondo, il secondo al terzo e così via». Un messaggio spedito da Susa (capitale amministrativa dell’impero persiano) nell’Iran occidentale veniva recapitato a Sardis (Turchia occidentale) in 7-9 giorni, percorrendo 2.400 chilometri.
Un sistema postale a staffetta simile a quello persiano fu inaugurato in America nel 1860 per trasportare posta e giornali da St. Joseph, in Missouri, a Sacramento, in California, circa 3.200 chilometri in tutto. Fu battezzato Pony Express, un’espressione entrata nel linguaggio del terzo millennio. Il manifesto con cui i promotori del servizio reclutavano il personale è sconcertante: «Cerchiamo giovani, magri, fisico atletico, sotto i diciotto anni, esperti cavalieri, disposti a rischiare la vita tutti i giorni. Preferibilmente orfani (sic). Stipendio: 25 dollari a settimana». Il candidato doveva pesare al massimo 57 chili. A ogni assunto veniva consegnata una borsa, da applicare alla sella, in grado di contenere nove chili di posta – da difendere a costo della vita –, una borraccia di pelle, due pistole e un corno per avvisare in anticipo il responsabile del cambio cavalli. A tutto questo si aggiungeva una Bibbia, e una sorta di giuramento di buona condotta. Lungo il percorso c’erano 190 stazioni per il cambio cavalli, a circa 15 chilometri l’una dall’altra; ogni 10 stazioni cambiava anche il portalettere. Il primo pony express partì da St. Joseph il 3 aprile 1860 e in 10 giorni arrivò in California. Il più celebre dei corrieri fu William Cody, più noto come Buffalo Bill, che fu assunto quindicenne e si rese protagonista di un’impresa straordinaria: a causa di una grave emergenza riuscì a percorrere 518 chilometri senza cambio, in 21 ore e 40 minuti.
All’epoca il telegrafo trans-continentale non era ancora in uso nel West, e la posta in partenza via mare dalla East Coast doveva raggiungere Panama, proseguire via terra fino alla costa del Pacifico, quindi di nuovo via mare fino in California in 30-40 giorni complessivi. I pony express assicuravano lo stesso servizio in 10 giorni, ma spedire una lettera – 14 grammi – da New York a San Francisco costava 5 dollari, circa 140 dollari di oggi. Il servizio fu interrotto il 26 ottobre 1861, sconfitto dall’arrivo del telegrafo. Ma i pony express erano ormai entrati nella leggenda.