di Antonio Armano
Affacciata su piazza San Marco, la Biblioteca Marciana custodisce preziosi planisferi e carte antiche che raccontano il mondo conosciuto anche prima di Colombo e le storie degli uomini che, fra mille avventure, le realizzarono
All’inizio del film Stalker (1979) si esalta il tempo in cui uno spirito aleggiava in ogni casa e un Dio in ogni chiesa, per contrasto rispetto al mondo razionale, dove ogni cosa è governata da ferree leggi scientifiche.
Fino all’epoca moderna persino la più funzionale delle iconografie, la cartografia, aveva una dimensione artistica, misteriosa e avventurosa, mentre oggi il satellite restituisce un’immagine reale e spoetizzante. Sarà per questo che il collezionista americano di mappe Dallas Pratt – nome romanzesco, anzi da fumetto – teneva sul soffitto della sua camera da letto un antico planisfèro a forma di cuore: per riconnettersi, nel momento più onirico della giornata, a quella dimensione perduta dell’esistenza...
Sopravvissuta in pochi esemplari sparsi per il mondo, la mappa risale al 1795 ma le matrici lignee, conservate oggi alla Marciana di Venezia, sono state realizzata due secoli prima, nel 1559. Con il supporto del Ministero della Cultura saudita, la biblioteca di piazza S. Marco, sotto la direzione di Stefano Campagnolo, sta realizzando una ristampa secondo gli antichi metodi artigianali, con carta fatta a mano in Italia, a Toscolano Maderno (Bs), come per l’originale. Approfittando della riapertura al pubblico dopo la clausura pandemica, le matrici cinquecentesche di Pratt saranno esposte in modo permanente alla Marciana insieme ad altri preziosissimi reperti cartografici come la Veduta prospettica di Venezia a volo d'uccello, il planisfero cinese del gesuita fiammingo Ferdinand Verbiest e il planisfero di Fra Mauro, tra i Saloni Monumentali del palazzo realizzato dal Sansovino, oggi sede nobile della Biblioteca.
I planisferi antichi non erano solo carte geografiche, ma straordinarie ed elaboratissime incisioni xilografiche dove si racchiudeva la summa di conoscenze di ogni genere sulle terre e i popoli del globo terraqueo. Quello di Fra Mauro, cartografo vissuto sull’isola veneziana di San Michele, è scritto su fogli di pergamena incollati a un supporto ligneo di quattro metri quadrati e contiene circa tremila annotazioni sui vari luoghi del mondo per come era concepito prima del viaggio di Colombo. Si afferma la circumnavigabilità dell’Africa prima che i viaggiatori portoghesi la dimostrassero per mare (il punto più meridionale del continente africano fu raggiunto solo nel 1487 da Bartolomeo Diaz) e viene sciolto anche un nodo cruciale per quel tempo: il corso e le sorgenti del Nilo. Di grande interesse anche il disegno dell’Asia, basato sulle indicazioni di viaggiatori quali Marco Polo e Nicolò de Conti.
La Veduta prospettica di Venezia a volo d’uccello, pianta di Iacopo de’ Barbari, datata 1500, è una grande veduta aerea (2,83 per 1,36 metri, su sei legni), tanto atmosferica quanto topografica, con un senso rinascimentale del dettaglio e uno medievale dell’insieme. Nel ricevere un diritto di riproduzione dal Senato veneziano, il mercante tedesco Anton Kolb affermava che la preparazione era durata tre anni. Nella premessa del Proportionslehre, Albrecht Dürer ricorda come il de’ Barbari sia l’unico pittore che abbia già descritto le umane proporzioni e come gli abbia dato, quando era ancora giovane e inesperto, esemplificazioni pratiche per disegnare un uomo e una donna. Dentro alla veduta l’incisore veneziano – primo artista rinascimentale italiano a lavorare in Nordeuropa – ha inserito nel paesaggio lagunare un autoritratto in veste del dio Eolo, con dolci riccioli ai lati del viso.
Nel 1658 Ferdinand Verbiest, gesuita e astronomo fiammingo, arriva via nave a Macao come missionario. Ha l’ardire di correggere il calendario cinese, viene imprigionato e condannato a morte nell’ostilità dei mandarini. Un terremoto lo libera colpendo il carcere dov’è rinchiuso e l’evento viene interpretato come segno divino. Nel 1669 l’imperatore Kangxi, ancora molto giovane, prende il potere, si libera dei mandarini corrotti e convoca un pubblico dibattito sui meriti delle scienze astronomiche europee e cinese. Verbiest vince il certamen scientifico ed è nominato capo dell’ufficio di matematica e direttore dell’osservatorio astronomico di Pechino. Il missionario fiammingo e l’imperatore cinese diventano inseparabili. L’astronomo prende il nome cinese di Nan Huairen e insegna al sovrano geometria, filosofia e musica. è frequentemente invitato a palazzo e accompagna l’imberbe sovrano in tutto l’impero. Traduce i primi sei libri di Euclide e rifornisce di moderne attrezzature l'osservatorio. Con l’aiuto di collaboratori locali, ridisegna la carta geografica dei dominii cinesi. Muore a Pechino il 28 gennaio del 1688 in seguito a una banale caduta da cavallo, dopo essere sopravvissuto a ogni periglio, compreso il viaggio in mare per Macao in cui morivano numerosi naviganti (e tra questi il vicerè delle Indie...).
Verbiest viene sepolto vicino ad altri due missionari gesuiti, Matteo Ricci e Adam Schall, nel cimitero di Zhalan. La Marciana custodisce uno dei suoi planisferi cinesi ma in dimensione minore (63 per 158 centimetri). L'altro esemplare si conserva alla Bibliothèque Nationale de France.
Nell’epoca delle grandi esplorazioni, gli imperi trovano nella cartografia una dimensione comune tra guerre, aggressioni e avventure coloniali. I planisferi stessi erano grandi imprese editoriali e diplomatiche. I Veneziani producevano mappe destinate a mercati stranieri compreso quello turco nonostante la battaglia di Lepanto e Bragadin scuoiato a Famagosta. Ma non bisogna confondere l’ecumene, cioè il mondo, con lo spirito ecumenico. «La forma di cuore è molto evocativa ma non deve far pensare a uno slancio di fratellanza», spiega Silvia Pugliese, conservatrice della Marciana. «Il più romantico dei muscoli, essendo più grande nella parte superiore, aveva una forma perfetta per dedicare più spazio ai continenti dell’emisfero boreale, penalizzando l’Africa e il Sudamerica». Tanto più che quest’ultimo continente, spiega l’orientalista Giampiero Bellingeri, che ha dedicato anni alla traduzione delle annotazioni, scritte in turco con caratteri arabi, viene liquidato come “Qanibalis Vilayet”, “Terra dei cannibali”.