di Marco Frey
Voglio ripartire dall’ultimo editoriale del Presidente Iseppi sulla transizione culturale per una riflessione su come la trasformazione radicale che oggi siamo chiamati a vivere richieda un forte ancoraggio al territorio e ai valori fondamentali in cui ci siamo riconosciuti sin dalla creazione del Touring Club Italiano. La pandemia ha mostrato chiaramente come, per superare la triplice crisi (economica, sociale, ambientale) che abbiamo vissuto negli ultimi quindici anni, sia necessaria una visione di un futuro più sostenibile ed equo. Un rapporto più equilibrato con gli altri, con la natura, con i beni comuni, con le risorse scarse, preoccupandoci di ciò che lasceremo alle future generazioni. Nelle giornate di fine settembre, peraltro, la Pre-Cop 26 di Milano ci ha fatto comprendere come i giovani ci chiamino a tradurre questa visione di futuro in concrete azioni da mettere in campo con determinazione e al più presto, all’interno di un patto intergenerazionale globale. Sotto l’egida di una maggiore sostenibilità oggi siamo chiamati a cambiare le nostre abitudini in termini di mobilità, di socialità, di stili di consumo e di vita, di lavoro, di turismo.
Ma siamo sicuri che in questi cambiamenti non vi sia, almeno in parte, il recupero di una dimensione valoriale che abbiamo un po’ perso nella frenesia di un modello di sviluppo e di cultura di massa? Oltre un secolo fa i nostri fondatori avevano ben presente cosa significava vivere in equilibrio: muovendosi in bicicletta per il Bel Paese, proteggendo l’ambiente con i primi Parchi Nazionali, promuovendo un turismo di qualità, valorizzando i nostri beni culturali. E in quel modo di vivere vi erano molto meno sprechi, maggiore solidarietà e impegno civico, attenzione ai nostri “patrimoni”. E anche nel dopoguerra, nello sforzo per ricostruire e far ripartire il Paese, il Touring seppe giocare un ruolo importante, ancorato ai propri valori e al proprio impegno civico. Allora al centro dell’azione del sodalizio c’era la visione unitaria dell’Italia e delle sue diversità complementari. Oggi nella sfida della ripartenza è necessario recuperare alcune di quelle consapevolezze e rileggerle all’interno della prospettiva europea che con il Green Deal ha tracciato il suo disegno strategico e ha voluto riconoscere all’Italia risorse importanti per investire sulle proprie infrastrutture materiali e immateriali. La transizione che ci attende è multidimensionale, ci chiama a rivedere radicalmente il vecchio modello di sviluppo che, dopo aver generato il boom economico nel nostro Paese e in diverse parti del globo, si è dimostrato incapace di garantire benessere duraturo. L’energia deve essere decarbonizzata e accessibile per tutti; la mobilità collettiva, elettrica e lenta; l’economia più circolare; l’agricoltura più biologica e di filiera corta. Questa articolata transizione si basa sul digitale, in una società dove le nuove tecnologie possono essere uno strumento straordinario, se davvero considerate tali, ma soprattutto richiede una visione rigenerativa dell’economia, dell’impegno civico e del rapporto con la natura
Durante il lockdown, in un esperimento sociale forzato, ci siamo resi conto di quanto sia per noi importante vivere in luoghi in cui si possa respirare, muoversi, godere della bellezza e di ritmi più naturali e di una socialità legata ai piccoli gesti quotidiani. Chi ha potuto ha riscoperto i nostri territori e le loro più piccole ricchezze, chi non ha avuto l’opportunità ha cercato tutto ciò che poteva trovare nelle città e nei loro luoghi nascosti. Sappiamo che nel giro di tre decenni saremo quasi dieci miliardi su questo pianeta martoriato e più dei tre quarti degli abitanti saranno concentrati in città immense. L’Italia però è un Paese che poco si sposa con questa tendenza e se sarà capace di valorizzare la sua diversità accrescerà la propria attrattività in un mondo sempre più omologato. Il nostro Paese è infatti un insieme di territori, ciascuno con i suoi elementi distintivi in termini culturali, enogastronomici, naturalistici, che sanno esprimere una ricchezza complessiva ben rappresentata dal termine francese “terroir”. Il legame tra valori e territorio si percepisce molto bene in questo concetto, che ci fa anche comprendere meglio la visione del Touring di un “turismo elitario per tutti”: non siamo un Paese destinato al turismo di massa, abbiamo la fortuna di un patrimonio diffuso che ce lo consente.
La nostra missione di “Prendersi cura dell’Italia bene comune”, come recita il titolo del volume manifesto del Touring Club, è pienamente in linea con questa visione del futuro, ed eccoci allora: a valorizzare con i volumi esclusivi per i soci i Territori e gli Appennini; a promuovere, con una nuova iniziativa i “civic places”, i luoghi in cui i cittadini si riconoscono e che vogliono fare conoscere; a riprendere l’impegno ormai storico con Aperti per Voi e Bandiere Arancioni; a consolidare alleanze strategiche per valorizzare il format dei nostri villaggi turistici.
Il Touring vuole essere protagonista e cassa di risonanza di questa Italia ricca e profonda, perché il turismo non è un prodotto, ma un processo fondato sul miglioramento delle comunità all’insegna di una maggiore consapevolezza e sostenibilità. Una sfida importante è però riuscire a declinare questa visione con un’adeguata articolazione territoriale. I territori sono il luogo delle identità, che abbiamo così ben rappresentato nelle Guide Rosse e che costituiscono la cerniera tra dimensione locale e prospettiva globale. All’interno della nostra organizzazione i territori sono una periferia di luoghi e valori che è chiamata ad attivarsi sia in relazione a iniziative organiche come Aperti per Voi, sia con nuove progettualità spontanee sulla base di un quadro strategico condiviso. I territori sono infatti lo spazio per costruire nuova appartenenza e capacità di influenza nelle relazioni con gli stakeholder locali.
Per tutti questi motivi dobbiamo quindi ripartire dai territori, costruendo nuovi percorsi e azioni per tutti quei patrimoni che meritano di essere valorizzati appieno. La prospettiva è quella che lega passato e futuro in vista di una rigenerazione: ovvero il recupero, profondamente basato sui valori che ci uniscono e sulla consapevolezza, degli elementi naturalistici, culturali, sociali, che caratterizzano i nostri territori. Il Touring è capofila di questa filosofia fin dalla sua nascita, quando divenne la prima comunità di viaggiatori italiana. Sin da allora, infatti, l’obiettivo comune del Sodalizio e dei suoi soci è di scoprire ogni angolo del Paese per salvaguardarlo, valorizzarlo e godere delle sue infinite meraviglie più o meno nascoste. Per farlo abbiamo bisogno dei nostri volontari, ma dobbiamo soprattutto essere capaci di agire “in rete” con tutte le altre forze civiche presenti nei territori, con le istituzioni locali e con i partner privati e, in ultima istanza, con gli stessi turisti chiamati a essere protagonisti di un nuovo modo di vivere attivamente il rapporto con i luoghi, con l’ambiente e con le nostre culture.