di Tino Mantarro
Dopo dieci anni arriva la nuova edizione dell'Atlante del mondo Touring. Ecco come si fa un atlante
Ci sono oggetti che ormai diamo per scontati, senza fermarci a riflettere quanto sforzo, quanto sapere, quanta abilità artigiana e quanto tempo ci sia voluto per confezionarli. Che cosa sia un atlante lo sappiamo: è una «raccolta sistematica di carte geografiche, raffiguranti l’intera superficie terrestre o parte di essa in scala e formato diversi». La più antica raccolta di carte della cultura occidentale è quella legata all’opera geografica di Tolomeo nel II sec. d.C., nella quale sono fornite anche tutte le indicazioni pratiche per redigere un atlante. Ma come nel XXI secolo si confezioni un atlante, la quantità sterminata di tempo necessaria anche solo per aggiornarne uno, è invece un arcano e una immensa fatica, che conoscono in pochi. Tra quei pochi, i redattori del reparto cartografico del Touring Club Italiano – Antonella Buono, Angela Caltabiano e Igor Odoni – che per mesi hanno lavorato per aggiornare l’Atlante geografico del mondo del Touring Club Italiano. Lo hanno fatto avvalendosi della collaborazione dei geografi dell’AIIG Lombardia, coordinati nel loro lavoro dai docenti universitari Dino Gavinelli e Giacomo Zanolin. L’ultimo aggiornamento di quest’opera monumentale risaliva al 2012 e ingenuamente si è portati a domandarsi che cosa sia cambiato sulla terra di così eclatante. Terre nuove non se ne scoprono da un pezzo, quello che si doveva mappare è stato mappato, e allora c’è davvero bisogno di aggiornare gli atlanti? «Topograficamente è vero, non cambia molto. O almeno non molto che salti subito all’occhio, anche se in dieci anni ci sono cambiamenti importanti come la collocazione dei poli magnetici mentre grandi sezioni della banchisa polare sono venute meno» spiega Antonella Buono, responsabile del servizio cartografico.
Ma in realtà il complesso racconto geografico contenuto in un atlante cambia molto più velocemente di quel che si è portati a pensare. Bisogna dunque dar credito al geografo Franco Farinelli quando sostiene che «ancora si crede che la mappa sia la copia della Terra senza accorgersi che è vero il contrario: è la Terra che fin dall’inizio ha assunto, per la nostra cultura, la forma di una mappa». E per questo le mappe, specie quelle politiche che segnano i confini sono così importanti e cambiano spesso, soprattutto al livello amministrativo. «Anche se dall’ultimo aggiornamento non è nata nessuna nazione nuova, l’ultima riconosciuta dalle Nazioni Unite è il Sud Sudan, indipendente dal 2011, diversi confini sono cambiati. Per esempio la Crimea, annessa unilateralmente dalla Russia nel 2014, o lo statuto contestato del Kosovo, la regione serba che si è dichiarata indipendente ormai dal 2008 anche se la totalità degli Stati non la riconosce ancora come Paese indipendente» spiega. O anche, per limitarsi all’Italia, alla continua ridefinizione delle province della Sardegna, che dall’aprile del 2021 sono sei: Medio Campidano, Nord-Est Sardegna, Nuoro, Ogliastra, Oristano, Sulcis Iglesiente, oltre alle città m
Ma aggiornare un atlante non significa solo star dietro alla volatile evoluzione della dimensione geopolitica o amministrativa. «Bisogna anche dar conto dei cambiamenti della toponomastica, che sono continui a tutte le latitudini. Ci sono Paesi che in questi dieci anni hanno cambiato nome alla capitale come il Kazakistan, la cui capitale Astana è stata ribattezzata Nur-Sultan in onore dell’ex presidente Nazarbaev». E ci sono Paesi che hanno cambiato addirittura il loro nome ufficiale. «È il caso dello Swaziland, piccola monarchia dell’Africa meridionale che dal 2018 si chiama eSwatini, e della Repubblica di Macedonia, che dopo un lungo contenzioso nel 2019 è stata ribattezzata Macedonia del Nord» prosegue Buono. «E poi ci sono revisioni che vanno fatte nella traslitterazione di alcuni nomi, come è stato per diverse città dell’Ucraina e dell’Afghanistan» aggiunge. Non solo ci sono cambiamenti di nomi e grafie, in dieci anni per esempio cresce in modo sostanziale la popolazione. «Le città sono corpi vivi che negli ultimi anni sono cresciute a dismisura. Per questo abbiamo dovuto introdurre una simbologia che rappresentasse degnamente le città oltre i 10 milioni di abitanti, megalopoli che ormai sono oltre 30 in tutto il pianeta, mentre nella scorsa edizione la classe più alta era tra 2 e 10 milioni. Ma abbiamo anche dovuto aggiornare la simbologia di decina di città, specie in Africa, India e nell’Estremo Oriente che in dieci anni sono lievitate come abitanti». Per fare tutto questo bisogna trovare fonti statistiche che siano aggiornate, ufficiali e affidabili. «Non tutti i Paesi hanno un servizio statistico affidabile come la maggioranza dei Paesi occidentali, per cui per molti è necessario trovare fonti di ordine superiore come quelle legate alle Nazioni Unite, ma anche comparare più fonti e poi decidere quale considerare come più affidabile» prosegue Buono.
A cambiare, e tanto, sono poi tutte le mappe tematiche che fanno parte di un atlante geografico: dalle mappe che rappresentano una popolazione mondiale in continua crescita, a quelle che rappresentano l’evoluzione del clima è tutto un misurare, livellare, aggiungere, cambiare colori, sistemare legende. «I mezzi informatici rendono il lavoro di elaborazione più rapido, ma la sostanza non cambia: quei dati vanno ricercati, interpretati e resi cartograficamente» aggiunge. Un lavoro meticoloso e certosino destinato virtualmente a non concludersi mai, come la fabbrica del Duomo. Un lavoro affascinante e romantico, come sono gli atlanti. Da bambini li si ama perché danno forma a posti che si possono solo sognare. Linee, colori, nomi a portata di dita diventano materia dei sogni, pezzi di una geografia personale fatta di misteri che si vorrebbe prima o poi disvelare, andando a verificare con i propri occhi quel che dicono le mappe.