di Tino Mantarro | Fotografie di Andrea Testi
Il Working Village è stata l’occasione per far incontrare in questo borgo Bandiera Arancione esperti del mondo del viaggio e operatori locali, a caccia di nuove idee per il turismo
Se c’è una cosa che si impara frequentando i piccoli centri è che se non sei del posto le relazioni umane sono più importanti di tutto. Certo per costruirle serve tempo, ma neanche troppo. Basta esser ben introdotti. Non che in città non sia così, però vedersi, conoscersi, parlarsi a quattr’occhi prendendosi il giusto tempo per farlo, hanno decisamente più importanza. E, viste le dimensioni ridotte, sono più semplici. Come è più semplice e immediato capirsi e così comprendere la realtà locale. E di conseguenza, avere la netta impressione di poter far qualcosa di significativo e concreto, insomma, di lasciare un segno. A Peccioli – Comune Bandiera Arancione della provincia di Pisa – per i nove giorni del primo Peccioli Working Village le relazioni umane sono state alla base di tutto. Relazioni tra gli esperti selezionati, relazioni con i beneficiari locali, relazioni con lo staff. Del resto costruire relazioni era il punto di partenza dell’innovativo progetto pensato da Touring Club Italiano, Belvedere Spa e Comune di Peccioli, realizzato con il supporto di Codici Ricerca e Intervento che ha curato la fase di scambio con il territorio.
Ma che cos’è stato il Peccioli Working Village? «È stata la prima edizione di un’esperienza di residenza temporanea in un Comune Bandiera Arancione. Dal 18 al 26 settembre sette professionisti dei vari ambiti del turismo sono stati ospitati nel borgo toscano per dar vita a uno scambio proattivo di stimoli, ispirazioni e competenze» spiega Isabella Andrighetti, responsabile Certificazioni e programmi territoriali del Tci. «Pensando a questo progetto abbiamo voluto fare qualcosa che fosse innovativo: un laboratorio di nuovi strumenti e modalità di azione, con una formula diversa, partecipata, fatta di incontri modellati sulle esigenze degli operatori locali» prosegue Andrighetti. Il Peccioli Working Village come fine aveva quello di analizzare, contestualizzare e, nel caso, ripensare le prospettive turistiche di questo paese di 5mila abitanti che si trova nell’alta Valdera, uno dei pochi angoli di Toscana non ancora realmente conosciuto dai vacanzieri. Un borgo che cerca una sua dimensione nel panorama turistico regionale partendo – oltre che dalla sue bellezze medievali comuni a tanti borghi toscani e al paesaggio piuttosto ben preservato – da una grande discarica. Discarica che qui, grazie a una visione dinamica e imprenditoriale di quello che altrove è un immenso problema, con le sue opere d’arte e il suo teatro è diventata l’occasione per fare di Peccioli un laboratorio di sperimentazioni artistiche ma anche sociali.
All’atto pratico i sette professionisti selezionati dopo un bando internazionale – i villagers – hanno vissuto la quotidianità di un territorio rurale e di un piccolo borgo. In cambio hanno condiviso saperi ed esperienze eterogenee per contribuire allo sviluppo turistico di Peccioli. Certo che riuscire a diventare pecciolesi per nove giorni non era scontato. «Inserire i villagers nel tessuto di un posto così piccolo è stata la vera sfida, e poteva andar anche male perché non è semplice entrare in una realtà così minuta. Ma quando abbiamo visto i profili selezionati, tutti con grande esperienza, eravamo certi che avrebbe funzionato e si sarebbe attivato quel qualcosa che solo la frequentazione prolungata può dare» spiega Arianna Merlini, responsabile comunicazione e marketing di Belvedere Spa.
Tempo e relazioni, sembrano essere state queste le chiavi vincenti del progetto. Perché serve tempo per entrare in qualsiasi realtà, non bastano poche ore e uno sguardo veloce, altrimenti si fa la fine degli elefanti nella cristalleria. E serve tempo anche per «attivare i sistemi relazionali, puntando sull’umanità degli operatori che accolgono nei loro b&b e agriturismi» come conferma Andrea Rampini di Codici, che con Jacopo Lareno Faccini ha animato il Working Village, co-progettando insieme al Touring il palinsesto all’interno di cui i villagers si sono mossi. «Per farlo si è deciso di investire su competenze e formazione. Non in modo frontale, passivo, ma più partecipato, diretto. Questo era il metodo di lavoro a suo modo innovativo scelto per il Peccioli Working Village» spiega Laura Agretti che per il Touring è stata responsabile del progetto. Il palinsesto si è così sviluppato attraverso workshop e incontri con la comunità professionale locale, in cui i sette villagers sono andati dalla scoperta delle cantine vinicole del territorio alle sedute di hata yoga, dalle passeggiate tra gli ulivi alle visite alle frazioni e alla discarica, fino ai momenti di scambio in cui sono stati i villagers a raccontarsi, dando suggerimenti e feedback agli operatori pecciolesi residenti. Così per esempio nel suo workshop sulla smarphotography Elisa Pizza, fotografa specializzata nella comunicazione digitale, ha spiegato come basti un telefono e dei rudimenti di fotografia per aprire il canale Instagram di una struttura ricettiva. «La cosa bella di questa esperienza è che tutti hanno dimostrato di volersi mettere in gioco con molta umiltà e voglia di stare a sentire» spiega Pizza. «E poi mi sono resa conto che in situazioni più piccole, ancora non strutturate per il turismo come questa, qualunque cosa tu faccia comunque rimane e attiva qualcosa». E il suo workshop ha avuto subito un risvolto pratico. «Alberto del b&b dove alloggiavo ha capito l’importanza di avere dei profili social e insieme li abbiamo aperti immediatamente» racconta.
Mentre Roberto Vitali, esperto di turismo accessibile e fondatore di Village4all, a Peccioli oltre a portare il suo entusiasmo ha tenuto un workshop sul turismo accessibile in Italia, introducendo alle opportunità che questo modo di viaggiare ha per le località, spingendo per far capire che «non ci sono vacanze diverse per disabili, ma che ciascuno ha diritto alla sua vacanza: è il territorio che deve farsi trovare pronto e acquisire la sensibilità per costruire un turismo che sia inclusivo». Stimoli che erano proprio quello che gli operatori locali cercavano in una esperienza di questo genere. «In questi nove giorni di progetto sono stati delle spugne, esplicitando il bisogno di confrontarsi tra di loro e con gli esperti selezionati per capitalizzare il più possibile quest’esperienza» aggiunge Agretti. «Siamo convinti che Peccioli abbia un grande potenziale turistico – dice il sindaco, Renzo Macelloni –. Noi abbiamo fatto tanto per svilupparlo e creare il contesto, le motivazioni di visita. Ma ora bisogna fare un passo ulteriore, e per farlo serve aprirsi all’esterno, far vedere tutto questo a qualcuno che non ti conosce, stare a sentire i suoi consigli e le sue critiche. Farci aiutare da persone con sensibilità diverse a stabilire connessioni tra tutte le cose che abbiamo messo in campo, per insegnarci a leggerle con occhi diversi» prosegue. E connessioni e rete sono un aspetto fondamentale per il turismo. Ne è sicura Elisabetta Nardelli, che nella vita di tutti i giorni si occupa di promozione territoriale. Nei nove giorni da pecciolese temporanea ha camminato, osservato e parlato con chi si occupa di promozione del territorio «perché è leggendo il territorio e condividendo strategie e obiettivi che si trovano le risorse e gli strumenti adatti a valorizzare ogni singola realtà in maniera unica e speciale, per esempio facendo leva sulla rete tra tutti gli attori presenti».
Così questa esperienza è servita a far rete anche a chi a Peccioli vive, come Alberto Baldini, 21 anni, studente di ingegneria alla guida, da agosto, di un b&b a Ghizzano, il borgo protagonista dell’installazione permanente di case colorate opera di David Tremlett. «Mi è servita perché ho potuto conoscere le altre realtà del paese che fanno turismo, che è il migliore modo per costruire quella famosa rete territoriale senza cui – ho imparato – non si va tanto lontano» racconta. Per andare lontano invece serve conoscersi, ma soprattutto conoscere il territorio. Ognuno a modo suo. Simone Tinelli, guida ambientale che di formazione ha studiato sviluppo locale, per conoscere Peccioli ha deciso di immergercisi, perché leggere il territorio per chi ha una formazione geografica è sopratutto un atto fisico. «Il mio smartworking è stato ascoltare i rumori, annusare la terra, leggere le screpolature del terreno andando a piedi per i sentieri, inoltrandomi nel bosco lungo il fiume» spiega Tinelli.
Così facendo ha elaborato i suoi consigli per provare a sviluppare il turismo a Peccioli puntando su altri asset, più legati all’ambiente. «Perché nel racconto dei territori manca sempre un’attenzione che non sia solo ambientale, ma anche geografica, per narrare il paesaggio e le sue stratificazioni naturali e umane» spiega. Ma alla fine, in definitiva, questi nove giorni sono serviti? «Fare esperienza del territorio vivendolo è una formula efficace per capirlo e per vedere se certe idee teoriche si possono mettere in pratica adattandole al contesto» sostiene Tinelli. «Sono uscite suggestioni e suggerimenti utili che ci fanno riflettere, perché alcune vanno nella direzione di quel che stiamo facendo qui, mentre altre sono del tutto nuovo e interessanti» commenta Merlini. Idee che sono il primo frutto di nove giorni intensi di interazioni umane, proprio quelle ch