di Riccardo Morri
La geogafia come strumeto fondamentale per comprendere e guidare la necessaria transizione ecologica delle nostre società per il bene del pianeta
«L’autentica competenza è quella che viene messa al servizio della comunità affinché progredisca in maniera sana a tutti i livelli», scrive la geografa Daniela Pasquinelli d’Allegra. Eppure Roberto Cingolani, Ministro alla Transizione Ecologica (non dell’Istruzione quindi) e fisico di formazione, ha espresso la convinzione che una robusta iniezione di “cultura tecnica” nel sistema scolastico italiano sia l’unica via per attuare quella svolta green in ambito sociale ed economico necessaria per l’emancipazione dalle condizioni di disagio socioeconomico del Paese. E anche per la riduzione dei divari territoriali e la mitigazione degli effetti della crisi climatica e ambientale. Una prospettiva non condivisibile, e per fortuna non condivisa dai suoi colleghi di Governo al momento di definire gli ambiti di intervento, e quindi di spesa, per il settore scolastico-educativo delle risorse destinate all’Italia dall’Ue nell’ambito del Piano RiGenerazione Scuola, declinazione del Piano Nazionale di Resistenza e Resilienza. Il piano ha infatti un’impostazione assai più condivisibile, specie se visto dalla prospettiva dell’educazione geografica alla cittadinanza e alla sostenibilità rispetto al primato della cultura tecnica. Proprio la mancanza di cultura geografica, fondamentale nel pre-figurare le variazioni, anche radicali, di contesto e di assetto del territorio, ha contribuito in maniera determinante alla generale sottovalutazione degli impatti delle emergenze socio-sanitarie e ambientali esplose con il passaggio al XXI secolo e all’impreparazione nel gestirne nell’immediato effetti e conseguenze. La costante attività di ricerca in didattica della geografia ha infatti consentito di individuare concetti strategici per l’educazione alla cittadinanza e allo sviluppo sostenibile; concetti come prossimità, permanenza, transcalarità e globalità. La mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici e la riduzione del rischio ambientale per le future generazioni passano allora dalla costruzione di percorsi di educazione a una cittadinanza fondata sull’esercizio del sapere critico e sull’assunzione di responsabilità. Senza tutto ciò il ricorso al sapere tecnico, per quanto evoluto e raffinato si voglia immaginare, non solo rischia di rimanere sterile, ma addirittura di essere pericoloso.
La geografia invece consente di sperimentare, sia a scuola sia in contesti di educazione non formale, la cura dello spazio di prossimità (guardando in positivo agli effetti dell’interazione tra territorio e persone), la quale è il motore per acquisire coscienza delle conseguenze delle proprie scelte – individuali e collettive – nel tempo (permanenza) e sui contesti vicini e lontani (transcalarità), promuovendo la consapevolezza di essere cittadine/i del mondo (globalità). Nonostante questo si è assistito a un progressivo depauperamento del processo di alfabetizzazione geografica che la società italiana, anche grazie all’azione del Touring Club Italiano, aveva conosciuto tra fine del XIX e inizio del XX secolo. Oggi si registra un intollerabile squilibrio tra il processo di legittimazione che la geografia ha compiuto sul piano scientifico ed educativo e l’inadeguato riconoscimento in ambito politico-istituzionale che va a braccetto con l’insufficiente offerta di insegnamento e di formazione in geografia nel nostro Paese. Un disallineamento tra domanda e offerta qualificata di conoscenza geografica che è alla base dell’impegno costante dell’Aiig nel favorire il dialogo tra generazioni, la formazione e l’aggiornamento dei docenti. La riattivazione di un processo di alfabetizzazione geografica diffusa rappresenta infatti il più efficiente ed efficace volano degli interventi previsti dall’applicazione dal Piano RiGenerazione Scuola coerentemente con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, se si vuole nutrire la speranza che l’avvio di questa fase di transizione produca cambiamenti strutturali di cui si gioveranno le future generazioni.