di Isabella Brega
A Milano un’esposizione rende omaggio al mito del viaggio in Italia, dal XVII al XIX secolo ambita meta di intellettuali, artisti e aristocratici di tutta Europa
C’era una volta il Grand Tour, tappa irrinunciabile nella formazione culturale ed emotiva dell’élite europea del XVIII-XIX secolo. Sorta di Erasmus ante litteram, apriva la mente ed educava il gusto delle nuove leve della cultura e della politica, creando quell’immagine dell’Italia, legata alla bellezza dei suoi paesaggi e della sua arte, che rende unico il nostro Paese. A questo fenomeno irripetibile fino al 27 marzo rendono omaggio con la mostra Grand Tour. Sogno d’Italia da Venezia a Pompei le Gallerie d’Italia, museo di Intesa Sanpaolo a Milano (gallerieditalia.com; catalogo Edizioni Gallerie d’Italia-Skira). Una grande esposizione, la prima in grado di offrire uno sguardo d’insieme su un tema così vasto, che, in partnership con il Museo Archeologico di Napoli e l’Ermitage di San Pietroburgo, presenta circa 130 opere provenienti dalla collezione Intesa Sanpaolo, ma anche da raccolte private e istituzioni culturali italiane e internazionali come National Gallery di Londra, Louvre di Parigi, Metropolitan di New York, Prado di Madrid, Rijksmuseum di Amsterdam, Victoria and Albert Museum di Londra, Österreichische Galerie Belvedere di Vienna, Uffizi di Firenze, Musei Capitolini di Roma, Musei Vaticani. In esposizione anche opere provenienti da residenze reali come le regge di Versailles, Caserta e Pavlovsk, a San Pietroburgo. Le firme invece sono quelle degli artisti che contribuirono alla nascita del sogno del Bel Paese da Piranesi a Canaletto, da Valadier a Badoni, da Ingres a Granet, da Vigée Lebrun a Ducros.
Tappa obbligata per artisti, studiosi e giovani aristocratici, momento essenziale di un percorso educativo e formativo, nonché segno di un preciso status sociale, il Grand Tour (termine utilizzato per la prima volta nel 1697, nel volume di Richard Lassels, An Italian Voyage) è legato alla bellezza dei paesaggi e dei luoghi d’arte italiani. Nasce nel momento in cui il viaggio acquista valore, è ancora un’arte (e un gran rischio) e rappresenta gli albori del turismo giovanile di massa. Nel XVIII secolo cresce di importanza grazie alla scoperta di Ercolano e Pompei, sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., tanto che alla metà del Settecento l’Italia può contare circa 40mila visitatori stranieri all’anno. Il fascino del Bel Paese, modello di riferimento per generazioni di artisti e studiosi, straordinario museo diffuso, si ritrova intatto in questa mostra nella quale dialogano in modo suggestivo dipinti, sculture, oggetti d’arte. Roma, città universale ed eterna, Venezia, Firenze e il Rinascimento, Napoli ma anche le imponenti rovine della Magna Grecia, le Alpi, il Vesuvio, l’Etna, il lago di Como, la Milano del Cenacolo vinciano le mete preferite, casse di opere d’arte invece i souvenir da riportare in patria per la gioia dei collezionisti stranieri. La smania di possedere opere antiche o ispirate all’antico porta così alla ribalta maestri come Piranesi, Canova, Valadier e schiere di artisti stranieri venuti in Italia a cimentarsi con i grandi modelli del passato. «Un uomo che non sia stato in Italia – scrive a metà del XVIII secolo Samuel Johnson – sarà sempre cosciente della sua inferiorità». Il mito del Bel Paese era nato.