Aperti per Voi. Padova per voi

Lorenzo De SimoneLorenzo De SimoneLorenzo De SimoneLorenzo De SimoneLorenzo De SimoneLorenzo De SimoneLorenzo De SimoneLorenzo De SimoneLorenzo De Simone

Colta, affascinante, ricca di tesori misconosciuti. Nella città veneta sono protagonisti i soci volontari che aprono le porte di tesori d'arte e scienza

Sono lì schierati, pronti ad accogliere tutti, sorridenti anche dietro le mascherine. I soci volontari Touring di Aperti per Voi sono la quintessenza della cordialità discreta. L’essere volontari li riempie di entusiasmo. E di orgoglio.  «Ho cominciato perché mi è arrivata voce del progetto Aperti per Voi e ho deciso di mettermi in gioco». «Io perché sono andato in pensione e ho pensato di rendermi utile». «Io perché mi son reso conto che certi luoghi della mia città li conoscevo davvero poco». Le motivazioni che hanno spinto Ida, Giovanni, Renato e Gianfranco a diventare soci volontari del Touring Club Italiano sono tante e tutte diverse, ma accomunate da un sano entusiasmo e orgoglio, appunto, di fare qualcosa di utile per Padova. «Siamo poco meno di 70 soci attivi ora. Certo, la pandemia non ha aiutato a reclutarne altri ed è anche difficile mantenere una certa continuità, ma noi siamo qui, pronti a condividere con chiunque la scoperta di questi luoghi di enorme valore storico e culturale per la città». Renato, il coordinatore dei volontari di Padova, non ha dubbi sull’importanza del loro ruolo e nemmeno noi.
Per un giorno abbiamo deciso di farci condurre alla scoperta di questi luoghi Aperti per Voi. Un’esplorazione discreta ma assolutamente coinvolgente. «Noi non siamo qui per fare le guide, ma mettiamo a disposizione il nostro tempo affinché alcuni capolavori cittadini siano fruibili il più a lungo possibile», continua Renato. La prima tappa di questo tour all’insegna del volontariato Touring a Padova è il Museo Diocesano. Inaugurato nel 2000 negli ambienti del Palazzo vescovile costruito nel XV secolo, l’edificio è accanto alla Cattedrale e al Battistero, ma quello ce lo teniamo per dopo. Al primo piano si trovano biblioteca e archivio vescovile, riservati agli studiosi, che conservano incunaboli del XV secolo e corali miniati del XIV. Trattenere la curiosità non è facile. Libri di sei/sette secoli fa? Sfogliarli sarebbe un’esperienza memorabile, ma non vogliamo rimanere nella memoria come quelli che li hanno distrutti con le nostre mani indelicate e cariche di disinfettante. Passiamo al piano superiore. Renato indica sussurrando dettagli, porte nascoste, scale. Conosce questo luogo in ogni angolo. Si sente quasi a casa e fa sentire anche noi i benvenuti. Certo, quando entriamo nel salone dei Vescovi capiamo meglio che questa è stata a lungo casa loro. Il ciclo dei ritratti dei vescovi padovani inizia nel XVI secolo (anche se secondo la tradizione, il primo vescovo Prosdocimo è del III-IV secolo). È un racconto della storia della città, una sorta di cronaca per volti. Il socio volontario Gianfranco però ci conduce verso una porticina, già perché in un angolo del salone si trova la cappella di S. Maria degli Angeli, edificata nel 1490 e affrescata con il Credo degli Apostoli da Jacopo da Montagnana. Nascosta com’è, forse non l’avremmo vista senza quella delicata quanto essenziale indicazione di Gianfranco. Quando ci raggiunge il direttore del museo Andrea Nante all’entusiasmo dei soci si aggiunge la competenza e lo stupore della ricchezza di dettagli e particolari che potrebbero sfuggire a un primo veloce sguardo. «La collaborazione con il Touring è essenziale perché lo scopo di questo museo è creare un dialogo con la città. Dialogo reso più facile dalla loro disponibilità e presenza». 

Con lui e i volontari ci avviamo verso l’uscita e la seconda tappa: il Battistero. «Siete pronti?» La domanda arriva da Renato e da Giovanni, un altro socio volontario. Annuiamo a occhi sgranati e, se possibile, li spalanchiamo ancora di più varcando la soglia. Incluso dal 2021 nella lista dei Patrimoni dell’umanità Unesco nei cicli di affreschi del XIV secolo di Padova, il battistero della cattedrale è uno di quei luoghi nei quali i soci volontari Touring si aspettano lo sbalordimento del visitatore. Quei secondi in cui gli occhi si devono abituare alla genialità umana, ai colori, alla complessità, alla ricchezza, persino all’abbondanza. «La cosa più bella è vedere un padovano che entra qui. Magari ci è stato da bambino in gita, poi non ci ha messo più piede. La scoperta è emozionante. Lo è anche per noi vederli in contemplazione», conferma Giovanni. Gli affreschi che lo decorano sono di Giusto de’ Menabuoi e sono stati realizzati tra il 1375 e il 1378. «A commissionare la decorazione fu la moglie di Francesco il Vecchio da Carrara, Fina Buzzaccarini. Guardate lassù, eccola con le figlie nell’episodio della nascita di Giovanni Battista e poi anche lì, in quella lunetta», indica Renato. I colpi di pennello usati come le foto di oggi. Forse dovemmo sdraiarci per vedere tutto senza avere le vertigini. Ma probabilmente era proprio quello l’effetto che aveva in mente Giusto de’ Menabuoi, far girare la testa ai fedeli.  E girano i bulbi oculari anche in un’altra tappa della nostra giornata coi volontari di Padova. Ad aprirci il cancello della Scuola del Carmine o Scoletta è una non più giovanissima suora che però ha il piglio di un’adolescente prima di una festa quando ci comunica che è reduce dal vaccino anti covid. La Scuola è un edificio medievale mentre il ciclo di affreschi è cinquecentesco; iniziati da Giulio Campagnola, furono proseguiti dal figlio adottivo Domenico e poi da Girolamo Tessari e Stefano dall’Arzare. «Si vede una mano differente, no?», ci fa notare Renato e, in effetti, se Giulio e Domenico hanno un tratto che, in alcuni punti, ricorda il Dϋrer che conobbero a Venezia, gli altri sono meno precisi. Ce ne stiamo in religioso silenzio per un po’, ciascuno a cercare un dettaglio, una figura nascosta, una curiosa prospettiva. Abituati come siamo a essere bombardati da immagini, gli affreschi diventano un approdo sereno, che impone uno sforzo diverso. Il cuore pulsa più lentamente, gli occhi si illuminano, la circolazione sembra persino funzionare meglio. C’è una correlazione tra l’estasi artistica e il benessere fisico?

A questa balzana domanda proviamo a rispondere nell’ultima tappa del tour. Andiamo al Musme, il Museo di Storia della Medicina. Inaugurato nel 2015, fin dagli inizi si è avvalso del supporto fondamentale in termini di tempo e accoglienza dei soci volontari Touring. La peculiarità di questo museo sta nell’uso sapiente della tecnologia che consente un’interazione mai vista. Improvvisamente ci si trova a esplorare il corpo umano in ogni suo dettaglio. Ci si trova anche a scoprire di essere particolarmente ignoranti su numero di ossa, lunghezza di organi, funzioni cerebrali… l’elenco potrebbe continuare. «Per l’allestimento ci siamo affidati a una collaborazione con l’Università di Padova e la facoltà di medicina che, in Italia, è tra le più antiche visto che risale al 1222», racconta Stefania Minervini, tra le curatrici del progetto: «Cerchiamo di aggiornare tutto di frequente e vogliamo affiancare l’aspetto hi-tech con quello storico». È evidente che dagli strani strumenti di tortura degli albori alle tecnologie di oggi se ne è fatta di strada. «I ragazzi si divertono un mondo e imparano, agli adulti invece, più timorosi, facciamo vedere come funzionano le postazioni. Poi va a finire che si sfidano e non vogliono più uscire», racconta Renato. Noi lo sappiamo che la giornata sta finendo, che dovremmo tornare a casa, lasciare che i soci volontari Touring finiscano il loro turno, ma possiamo prima fare un ultimo tentativo col numero di ossa? Scuotono la testa ma sorridono. Accoglienti e pazienti, come sempre.  

Lorenzo De Simone
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