di Silvestro Serra
Un piccolo borgo sull’oceano è la nuova capitale della gastronomia spagnola
Sarà forse un caso se Sanlúcar de Barrameda, piccolo borgo andaluso incastonato tra il poderoso castello di Medina Sidonia, e la foce del fiume Guadalquivir, sulle rive spagnole dell’Atlantico è stato appena insignito del titolo di capitale gastronomica della Spagna dalla federazione dei giornalisti e degli scrittori spagnoli. Ma forse non è un caso visto che, proprio da questo porticciolo dalle parti di Cadice, mollarono gli ormeggi, martedì 20 settembre del 1519, 503 anni fa, le cinque navi, oggi si direbbero cinque bragozzi da pescatori, per la primera vuelta del mundo, quella che lo scrittore austriaco Stefan Zweig ha definito in un suo libro dedicato al capitano dell’impresa, il portoghese Ferdinando Magellano, «la più audace avventura della storia dell’umanità». Di quei cinque gusci di noce, la Sant’Antonio, la Conception, la San Jago, la Trinidad, fu la Victoria l’unica a tornare alla base tre anni dopo senza più Magellano, ucciso in uno scontro con i “selvaggi” sulla spiaggia di Mactan, nelle Filippine. A bordo il nobile vicentino Antonio Pigafetta, uno dei primi turisti globali. Si era imbarcato, grazie alla raccomandazione dell’imperatore Carlo V, soltanto per la semplice passione, per la gioia di vedere, ammirare e conoscere il mondo e di darne conto nei suoi famosi diari. Così famosi e diffusi da convincere lo stesso Shakespeare a ispirarvisi per una scena della sua Tempesta. Da quel viaggio, così come da quelli appena precedenti di Cristoforo Colombo, oltre alla gloria e ai tesori del nuovo mondo, sbarcarono in Spagna tanti prodotti naturali destinati ben presto a diventare parte fondamentale della dieta prima iberica e poi di quella di tutto il continente europeo. Quindi la scelta di Sanlúcar come capitale della gastronomia ispanica, la prima destinazione non capoluogo di provincia, dopo i grandi centri come Huelva, Leon e Murcia, può essere intesa anche come un omaggio a quel ponte alimentare oceanico iniziato appunto mezzo millennio fa. Alcuni dei piatti tipici della cucina odierna di Sanlúcar, come le papas alinas (patate lesse con olio, cipolle, tonno e prezzemolo) non sarebbero sulla tavola delle bodegas sul lungo mare.
Altre invece come la tortilla de camarones a base di gamberi o le langostinos de Sanlúcar, gamberetti ghiacciati, o il tocino de cielo, un budino locale, accompagnano da sempre le tapas dei locali, in gran parte pescatori. Così come comune ai tempi di Magellano con gli andalusi di oggi sarà stato un particolare sherry, chiamato manzanilla, che si può assaggiare, fatto come una volta, alla bodega Cigarrera. È un liquore al sapore di mandorla appena sgusciata, bevanda ufficiale della Feria de Abril, la scenografica celebrazione di primavera di Siviglia con damas y caballeros, in sella ai destrieri andalusi, in costumi tradizionali. Sulle navi di Magellano stiparono invece solo 21mila libbre di gallette, farina, riso, fagioli, lenticchie, carne di maiale salata, 200 botti di sardine, quasi mille forme di cacio e poi, aglio, cipolla, miele, uva passa e mandorle, zucchero e aceto e persino sette mucche vive per il latte e la carne. Ma niente manzanilla per gli avventurosi 265 marinai con la prospettiva di passare mesi, se non anni, senza rimettere qualcosa di fresco sotto i denti.
Ma a far decidere la giuria non sono stati solo gli ingredienti gastronomici della zona. Come recita la motivazione, oltre alla straordinaria offerta di prodotti di terra e di mare, eccellenti e genuini, sulla scelta ha inciso anche la qualità della vita generata dal fiume Guadalquivir così come le spiagge, scenario delle leggendarie gare di cavalli da corsa e l’ospitalità di una citta aperta e assolata e dall’area protetta del vicino parco di Doñana. Chi vuole avventurarsi in questo estremo lembo andaluso proteso verso occidente non trova solo il piacere di assaporare il meglio della cucina spagnola ma la possibilità di visitare, proprio di fronte a Sanlúcar, il parco nazionale di Doñana, a un quarto d’ora di battello a bordo del Real Fernando. Il parco è sorto in una delle zone umide più interessanti d’Europa con paludi, lagune, pinete, dune, scogliere e 30 chilometri di spiagge. Nel parco, a piedi, in bici o a cavallo, si possono ammirare animali rari, l’aquila imperiale, la lince iberica, 230 specie di uccelli e colonie di fenicotteri rosa, di passaggio verso l’Africa. Ultima tappa interessante il vicino santuario della Vergine del Rocio, del 1200, meta di pellegrinaggi religiosi tra maggio e giugno. Il 26 giugno, da 500 anni, gli allevatori di bovini della vicina campagna di Almonte organizzano una spettacolare transumanza delle giumente guidate fino al parco, antica riserva di caccia del re di Spagna.