di Mario Tozzi
lo sfregio a questo paesaggio siciliano unico, dimostra come per alcuni sia ancora distante e non condivisa l’idea del territorio come bene comune
Forse in nessun altro luogo come in Italia la natura trasformata in paesaggio ha acquisito quel valore culturale che altrove, però, è spesso diventato anche fondamento e sostanza di un intero popolo, mentre da noi si attendono da sempre tempi migliori. Ciononostante noi italiani ci riteniamo “proprietari” del patrimonio storico-artistico-monumentale più vasto e importante del mondo, una convinzione priva di una base qualitativa e quantitativa scientificamente provata e che ha comunque anche ben poco senso. Forse anche per questa convinzione nel nostro Paese non siamo particolarmente attenti ai beni culturali a carattere ambientale: li diamo forse per scontati oppure, nella peggiore delle ipotesi, non ne comprendiamo il valore per rapporto a quelli squisitamente artistici. Ma che tipo di bene ambientale è la Scala dei Turchi? Si tratta di un geotopo, un luogo caratterizzato da una geologia particolarmente unica, ma anche di un luogo paesaggisticamente straordinario. Anzi, in questo caso, si potrebbe dire naturalisticamente straordinario, perché lì la natura è rimasta praticamente intatta fino dall’origine del luogo, che è molto lontana nel tempo. Basta non alzare lo sguardo oltre il ciglio della scarpata soprastante, inopportunamente infestato da costruzioni, o sugli immediati dintorni, caratterizzati dalla tipica bulimia costruttiva italica. Le marne della Scala sono rocce sedimentarie calcaree con qualche mescolanza di argilla che testimoniano un ben preciso momento della storia geologica del mare Mediterraneo, quello in cui quel mare, disseccato e straziato dall’evaporazione, ritorna a essere simile a un oceano. La cosiddetta crisi di salinità del Messiniano (un periodo geologico stabilito proprio in Sicilia, grossomodo fra 7 e 5 milioni di anni fa) termina quando l’oceano Atlantico “rientra” nel bacino mediterraneo portando con sé una sedimentazione di mare aperto, le marne appunto, al di sopra dei sali depositatisi precedentemente. E di geotopi ce ne sono moltissimi in Italia, dalle Dolomiti, ai Colli Euganei, dalla pietra di Bismantova ai calanchi di Aliano.
Quello della Scala dei Turchi rientra nell’oltraggio sistematico che in Italia subiscono i beni ambientali e culturali, non favoriti da una conoscenza approfondita e sviliti da abbandono e noncuranza. I criminali che hanno imbrattato la Scala dei Turchi fanno parte di una schiera di individui che ritengono che bruciare una foresta o lordare un monumento di roccia possa mostrare che quel territorio appartiene solo a chi vorrebbe magari ricavare un qualche profitto da quello che è un bene comune. Ma l’imbrattatura segna anche, simbolicamente, qualcosa di più grave: la fine della libera fruizione. Come accaduto alla spiaggia rosa di Budelli (alla Maddalena), oggi protetta dai prelievi furtivi dei turisti che l’hanno compromessa fino a farla sparire. Circoscrivere l’area e sorvegliarla per tutto l’anno e per poi imporre comportamenti idonei durante la bella stagione sembra possano essere i primi provvedimenti da adottare. E, in ogni caso, l’acquisizione da parte del pubblico di questi beni è la via maestra, in vista di una protezione pubblica e statale.