Cilento, due primule fanno primavera

Giuseppe CarotenutoGiuseppe CarotenutoGiuseppe CarotenutoGiuseppe Carotenuto

Seguendo lo sbocciare dei tipici fiori del Cilento, due giovani imprenditori hanno disegnato “il Cammino delle Due Primule”, che scende fino a Palinuro, sul mare

Lo dice il nome: la primula in natura è il simbolo del primo risveglio di primavera. Quella primula, oggi, è tornata all’attenzione generale come immagine della campagna vaccinale contro il Covid-19, segno di speranza e rinascita collettiva. Ma il delicato fiore è da tempo anche sul marchio del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni in Campania. Qui, nell’immensa area protetta a sud della provincia di Salerno, la primula, rappresenta infatti il logo dell’ente. Fu Vincenzo La Valva, docente di botanica e primo presidente del Parco a proporre, un ventennio fa, che la primula di Palinuro (Primula palinuri Petagna il suo nome scientifico) divenisse, per la sua unicità, simbolo dell’area protetta. In questo territorio, dal 1998 Patrimonio Unesco e nel 2010 Geoparco, la primula pare essere la chiave di un racconto antico che vede oggi come protagonisti di una rinnovata interpretazione del paesaggio Riccardo D’Arco e Luigi Merola. Il primo con i piedi piantati sul monte Cervati, che con i suoi 1.899 metri è tra le vette più alte della Campania, dove tra maggio e giugno fiorisce la Primula auricola L.; il secondo con lo sguardo rivolto al mare azzurro di Palinuro e sulla Primula palinuri Petagna che qui fa capolino già a febbraio. Sono stati loro che nel 2018 hanno trasformato in realtà l’idea di realizzare il Cammino delle Due Primule, un percorso di 80 chilometri in tre tappe che parte dalla cima del Cervati e arriva sulla costa di Palinuro.

Quel che lega queste due varietà di primule lo racconta Nicola Di Novella, naturalista e direttore dell’Ecomuseo della Valle delle orchidee e delle antiche coltivazioni di Sassano. «Durante l’ultima grande glaciazione, la Primula auricola L. migrò verso il mare per poi risalire di nuovo sulla vetta con il successivo riscaldamento della terra» racconta. «Modificando la loro genetica alcuni nuclei riuscirono a sopravvivere sulla costa calcarea di Capo Palinuro, evolvendosi in una nuova specie vegetale, classificata come Primula palinuri Petagna». Di Novella è un vero archivio di informazioni sul Parco del Cilento, su cui ha curato diversi testi, tra cui la Guida ai Fiori Spontanei del Monte Cervati. Riccardo e Luigi a marzo 2019 hanno dato il via al Cammino delle Due Primule. Nel giorno dell’equinozio di primavera partì il primo gruppo di escursionisti. Esperienza interrotta dall’emergenza Covid-19 che ha prima fermato e poi rallentato i passi dei camminatori. Il Cammino delle Due Primule oggi è di nuovo pronto ad accogliere camminatori e viandanti, sportivi ed escursionisti, con i suoi monti innevati, con i sassi e l’acqua dei ruscelli, con le voci che si alzano dai vicoli e dalle strade dei borghi attraversati dal cammino, con l’orizzonte del Tirreno e ovviamente circondato da un mare di primule.

La partenza del Cammino delle Due Primule – spiega Riccardo – è il Monte Cervati e ci si può arrivare da tre versanti differenti: da Piaggine, da Monte San Giacomo attraverso il Sentiero dell’acqua che suona o da Sanza attraverso il Sentiero della Madonna della Neve». Le tappe intermedie ideali sono a Rofrano, a Foria e a Capo Palinuro. Da località Chianolle di Piaggine a 1597 metri dopo un’ora si arriva al Santuario della Madonna della Neve (1857 metri). Si tratta di un luogo intriso di spiritualità aperto dalla prima domenica di giugno fino alla prima domenica di ottobre. Chi sceglie l’estate piena per provare il cammino potrebbe incappare, il 26 luglio, nella processione che da Sanza accompagna la statua della Madonna, portata a spalla fino alla cima del monte e riportata in paese il 5 di agosto. La prima tappa prosegue verso il Ruscio di Vallivona. Tra i punti di interesse da non mancare la Nevera, un inghiottitoio carsico dove la neve resta perenne, protetta dall’ombra delle rocce. Si continua poi a scendere lungo il sentiero fino a raggiungere, dopo sei chilometri, l’incrocio della strada di Campolongo e da lì la Croce di Pruno. Due chilometri dopo si trova la Grava di Vesalo, un altro inghiottitoio carsico di straordinario interesse per gli appassionati della speleologia. Dalla Croce di Pruno, passando per l’area boschiva della Quarantana, dopo 13 chilometri si giunge nel territorio del comune di Rofrano e alla fontana di Santo Menale. E qui lo sguardo fino ad allora rivolto alla maestosità del paesaggio circostante si posa su questi piccoli borghi antichi e sugli abitanti che li tengono vivi.

Uno degli incontri più significativi che si possa fare è quello con Cono Caputo, il ristorante che porta il suo nome è quasi una tappa obbligata. Cono, 70 anni, occhi luminosi e una barba imponente «senza la quale non sarei io», sostiene orgoglioso. Intorno al fuoco del camino, racconta il suo Cilento. Non ha bisogno di mappe, di carte, di libri, di guide: ha tutto impresso nella memoria. «Il mare e i monti sono due giganti che bisogna rispettare», ripete. E racconta la sua lunga vita vissuta prima come giovane carbonaio su quei monti, poi da emigrante in Germania, e poi di nuovo sui sentieri del Cilento con le sue mandrie di mucche e le greggi di capre. In zona, Cono è stato un po’ l’antesignano del turismo. Se non fosse stato un «testardo cilentano», come lo definisce Riccardo, non avrebbe trasformato la sua casa in un luogo dove si fondono facilmente il piacere del gusto con la giovialità dello stare insieme. Prima è un trionfo di pecorino del Cervati, di fusilli, di lagane e ceci, di triiddi (una pasta di farina di castagne). Poi circondato dalla sua famiglia, dal figlio Teodoro, è il momento della musica. Cono imbraccia la fisarmonica e, per i commensali e gli ospiti di passaggio, rievoca antiche canzoni, strofe e stornelli. Poi si riprende la strada. Un percorso ben segnalato dai cartelli biancorossi del Cai che indicano il Cammino delle Due Primule. «Ma noi consigliamo a tutti di navigare sempre con l’aiuto di un gps» sottolineano le guide. «Il Cammino è un percorso unico – sostiene il professor Di Novella –, perché mano a mano che si procede, attraversa tutte le fasce di vegetazione dell’Appennino meridionale. Lungo tutto il tragitto si passa infatti dalle piante rupicole a quelle alofite, dalle arboree alle cespugliose. E via via che ci avviciniamo al mare, vediamo prima faggi, poi aceri, ontani e ginestre. Una varietà botanica che la medicina popolare ha sempre utilizzato».

La seconda tappa è lunga 21 chilometri. Si parte dalla frazione di Santo Menale nel territorio di Rofrano e arrivati a Piano Ceraso, incrociamo il sentiero che porta al Monte Gelbison, o monte Sacro, meta di pellegrinaggio mariano. Tra sterrato e strada asfaltata si arriva nel borgo di Montano Antilia. Siamo scesi a 767 metri sul mare. Da qui il panorama spazia sul monte Bulgheria, su Palinuro fino al golfo di Policastro e alla più lontana Maratea. Nelle giornate terse si possono vedere anche le isole Eolie. Andrea Balbi, giovane architetto, è il presidente dell’Associazione Leonessa del Cilento e ci mostra i punti di interesse del borgo tra la Scala Santa della parrocchia della Ss. Annunziata del 1775, costruita sul modello della Scala Santa di Roma, con una scalinata di 28 gradini. E non è l’unica chiesa del borgo ai piedi del Monte Antilia. Se si vuole conoscere un po’ di storia locale basta entrare nell’Antica caffetteria di Michele Iuliano. Appassionato di fotografia, Iuliano ha recuperato decine di immagini del secolo scorso che ricostruiscono tradizioni, piatti tipici e colture locali (come il fagiolo bianco della Regina) e episodi storici che hanno coinvolto gli abitanti del paese, dalle vecchie squadre di calcio alle partenze degli emigranti verso le Americhe. Il Cammino continua a Foria di Centola.

La terza tappa si snoda per circa 19 chilometri, tutta nel comune di Centola-Palinuro. Da Foria si può fare una deviazione nella frazione San Severino, dove è possibile visitare l’antico borgo medievale. Luigi, che di cammini nella vita ne ha percorsi tanti, descrive quest’ultimo tratto del sentiero che arriva fino alla Valle del Mingardo caratterizzato da un arco naturale, dalla collina della Molpa, da Capo Palinuro e dalla presenza delle grotte e ampie radure dove fioriscono colonie di Primula palinuri Petagna che si notano anche nel centro di Palinuro a ridosso della spiaggia della Ficocella. È il momento della meritata sosta e Palinuro offre sia una buona cucina di pesce sia spettacolari tramonti dalla spiaggia delle Saline. «Un percorso che abbiamo concepito per essere affrontato anche in totale autonomia – dicono Riccardo e Luigi –. Non siamo un’agenzia di viaggio, diamo solo indicazioni su dove dormire e mangiare, ma ognuno è libero di organizzarsi secondo il suo gusto, le sue esigenze e le sue possibilità». Con il contributo di 30 euro, gli organizzatori del Cammino delle Due Primule forniscono borraccia, t-shirt con il marchio del cammino, e l’alimento energetico tipico del Cilento ossia una manciata di fichi secchi, oltre che una miniguida con tutte le informazioni utili. In definitiva, quanto ci vuole a percorrerlo? «Per farlo tutto in estrema tranquillità almeno quattro giorni» sostengono Riccardo e Luigi. Ma molto dipende da quanto tempo si passa ad ammirare le primule.

Foto di Giuseppe Carotenuto
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