Pecorino, brodetto e peperoni

Il verde di questa sorprendente Costa non finisce mai e si spinge nell’entroterra, fino ai vitigni che danno vita a bianchi e rossi sempre più apprezzati nel mondo. Brinda a nuovi successi alcolici Alessandro Nicodemo, vice presidente del Consorzio tutela dei vini d’Abruzzo, con sede a Ortona a Palazzo Corvo insieme all’Enoteca regionale d’Abruzzo: solide testimonianze dell’impero vitivinicolo di una regione che conta 36mila ettari di superficie vitata (con il 75 per cento solo nel Teatino), una produzione annua di 3,8 milioni di ettolitri (di cui un milione a denominazione d’origine) e decine di storie che si tramandano di vigna in vigna. Nicodemo ce ne racconta una:
«Molti ritengono che il vitigno Pecorino si chiami in questo modo perché costituiva un ghiotto pasto per le pecore attratte dal sapore zuccherino e dal colore dorato degli acini durante il loro passaggio tra le vigne con la transumanza di settembre. In realtà, ricerche più accreditate fanno ritenere che il nome derivi dalla forma di formaggio pecorino che il pastore dei famelici ovini si sentiva in dovere di regalare al contadino come risarcimento per quell’abbuffata gratuita».
È un’altra cosa invece l’abbuffata di brodetto di pesce alla vastese (lu vrudàtte a la uastaréule), preparato un tempo dal contadino-pescatore. Secondo lo chef Pasqualino Manes, titolare del ristorante Re Pescatore di Vasto, occorrono 12 tipi di pesce (scorfani, palombi, gallinelle, cicale di mare, seppioline, ali di razza, lucerne, sogliole, triglie, tracine, cozze e vongole), ma in ogni casa e ristorante della regione le varianti sono numerose. L’importante però è che non manchi mai il verde a striscette del peperone dolce e il rosso a tocchetti del pomodori freschi del tipo a susina.

Peso: 
0