Il viaggiatore. Il senso di Sand per il mare

La fascinazione della scrittrice francese per le spiagge e la natura di Tamaris nei pressi di Tolone, in Francia

Nella stazione di Tolone erano abituati alle strane silhouette dei viaggiatori inglesi diretti sulla Costa Azzurra, ma quei tre passeggeri non dovevano certo passare inosservati: una matura signora, un giovanotto elegante con qualche somiglianza con la dama, e un emaciato accompagnatore. George Sand (pseudonimo della scrittrice Aurore Dupin), una degli autori più famosi della Francia ottocentesca, aveva lasciato il castello di Nohant nella valle della Loira, dove viveva con la famiglia, per andarsi a curare i postumi di una brutta influenza.
Era stato Maurice, il figlio sempre alla ricerca di una vocazione artistica, a scovare quella villa affondata nei boschi di pini marittimi, dove sarebbe rimasta tre mesi, da metà febbraio alla fine del maggio 1861. Il terzo, Alexandre Manceu, un incisore parigino, era stato portato a Nohant dal figlio della Sand, ma non ne era più ripartito. Sempre pronto ad aiutare, era diventato rapidamente segretario e amante della scrittrice.
Di trent’anni più giovane, tisico, non bello, ma devoto e tenacemente innamorato, era riuscito, malgrado l’inesperienza e la timidezza, dove tanti seduttori prima di lui avevano fallito. Quel compagno fedele sopportava stoicamente l’ostilità di Maurice, che rimpiangeva di averlo presentato alla madre di cui era geloso. Il figlio temeva la possibilità di un contagio, ma la Sand, reduce da un’analoga esperienza con Fryderyk Chopin, non aveva paura della tisi. Tamaris (oggi un quartiere prospiciente il mare di La Seyne-sur-Mer, nei pressi di Tolone ndr) l’aveva subito incantata: «Dicono sia più bella del famoso Bosforo e li credo sulla fiducia, perché non avevo neppure sognato niente di simile». Per arrivare in quella località isolata erano dovuti salire su una barca a vela per poi arrampicarsi per un sentiero scosceso.
Ma il risultato ne valeva la pena: «È la verde Svizzera sotto il sole della Calabria con la solennità e il silenzio dell’Oriente». La Sand non si stancava di guardare le onde screziate dal sole su cui passavano le barche facendo salire fino a lei le voci allegre dei pescatori. L’avevano messa in guardia contro le bande di malviventi che si aggiravano tra quelle solitudini, ma la cosa non l’aveva minimamente turbata. Nella stalla abitavano una cagna e un asinello che era impazzito di gioia la prima volta che, invece dei soliti arbusti, gli avevano dato da mangiare il fieno. «È solo mare, foreste e montagne… ma è grandioso».
L’unico problema era la pioggia; cadeva raramente, ma quando capitava era torrenziale e tutti si chiudevano in casa. Persino l’asino si rifiutava di uscire e si rischiava di non potersi nutrire. Altre volte era il vento, così forte da coprire il muggito del mare in tempesta. Allora era tentata di rifugiarsi a Hyères, ma si era affezionata a quello sperone solitario. E continuava a scrivere, soprattutto di notte. Da quell’idilliaco soggiorno sarebbero nati due romanzi, uno dei quali intitolato proprio Tamaris, in cui la natura aveva lo spessore di un personaggio. «Il vento dell’Est, che passa ai piedi delle Alpi e rasenta il mare, porta sul litorale della Provenza dei singhiozzi di un dolore inenarrabile».

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