di Riccardo Bertoncelli
Si sono rinnovate, le Guide Verdi del Touring, seguendo l’evoluzione dei gusti, dei consumi e del modo di viaggiare. Fra i contenuti troverete approfondimenti e consigli d’autore su musica, cinema e vita quotidiana, focus su piatti, festival e sapori locali, proposte di turismo all’aria aperta, naturalistico e sportivo. Vi proponiamo un estratto dalla Nuova Guida Verde Liguria, con uno scritto di Riccardo Bertoncelli su Genova nella canzone d'autore, da scaricare anche in pdf insieme ad altre pagine su libri, film e musica dedicati alla regione.
Questi posti davanti al mare: Genova nella canzone d’autore
«Io sono nato a Genova: funicolari ascensori crêuze/ Io sono nato a Genova, città viva di troppe attese/ Genova città ripida, buone gambe per camminare/ Flipper messo in bilico, dove rotola un temporale.» Uno dei ritratti più veri di Genova lo dà Max Manfredi, cantautore bravo ma poco fortunato. Quando qualcuno pensa alla musica di questa grande città, pensa piuttosto ai figli di un’altra generazione, ai Paoli De André Lauzi di una decantata “scuola genovese” che poi chissà se è mai esistita. Il fatto è che Genova è, appunto, la città verticale che canta Manfredi, dove non ti puoi appigliare e finisci per rotolare via, giù al mare o su verso il profondo nord. Ci tornerai anni dopo, con il tuo fardello di ricordi; come ben sa fin da giovane Umberto Bindi (Io e il mare: «Ma dentro dime so che tornerò/Alla spiaggia della Foce quando tornan le lampare/ Sarò tra i pesci che avran tirato su/ Rinchiuso tra le loro reti gettate nel più profondomare») e come sogna anche Bruno Lauzi ne La nostra spiaggia («e lungo tutta la Foce l’acqua era limpida e pura/ E sugli scogli i pescatori avevano la mano sicura/ È così che tanti anni fa era il nostro quartiere »). Gino Paoli ha un ricordo folgorante del genere già ne La gatta; quando canta la soffitta povera dove faceva bohéme appena sposato, componendo e dipingendo, in uno degli angoli più pittoreschi: Boccadasse. Più avanti si farà ancora sommergere dalle memorie in una delle pagine più belle e meno conosciute, L’ufficio delle cose perdute: un viaggio indietro nel tempo «sulla strada che va al porto, dopo un arco c’è una piazza», reclamando «i miei vent’anni e le speranze in più».
Anche l’allievo più famoso di quella “scuola”, Fabrizio De André, ha avuto bisogno di staccarsi dalla città per poterla vedere con occhio nitido e cantare con cuore puro. Tra le sue carte giovanili c’è l’inno dolce di Via del Campo, a ricordare non solo una scoperta d’amore ma anche un suggestivo angolo di Genova; ma è solo da grande, dopo il trasferimento in Sardegna e dopo il sequestro, che De André troverà la voglia e il respiro per un ampio affresco di pietre e vento, di mare e voci come Crêuza de mä. Sarà una Genova di marinai, prostitute, venditori al mercato e parole antiche che i secoli han levigato e reso risonanti; una città popolana, senza tempo, che De André vuole fissare così per ricordarla meglio, e baciarla con la mente. Genova è «chiusa» e «sorda» nell’inno che Francesco Baccini le dedica partendo dal campo di Marassi, dalla gloria rossoblu del Genoa Football Club; città di segreti custoditi con gelosia, avara anche delle sue emozioni («Se questimuri sapessero parlare/ Anche le strade potrebbero arrossire»). Ivano Fossati la vede invece lieta e scanzonata, ricordando le felici estati passate da ragazzo a godersi i «cuori in cerca d’avventura»; dolci storie da ricordare poi durante i brevi inverni, «in questi posti davanti al mare, con questi cieli sopra/ Quando il freddo raffredda il suo tempo, il mare».
È amata Genova dai suoi figli, anche se di un amore riservato e pudico. Gli altri invece la scrutano con sospetto, quando non la temono. Francesco Guccini la affronta dopo tanti anni per raccontare la tragedia di piazza Alimonda. La vede «schiacciata sul mare», che cerca «respiro al largo, verso l’orizzonte», la vede viva e forte che cerca di arginare il dolore con la sua antica saggezza: «La Lanterna impassibile guarda da secoli gli scogli e l’onda». Una città sfinge che forse puoi decifrare solo al suo interno. Chi ne è fuori fatica a capire, chi ci abita vicino anche meno. Come Paolo Conte in Genova per noi, con le sue fisime da vero piemontese mica sicuro che «quel posto dove andiamo non c’inghiotta e non torniamo più». È troppo Genova, per chi non è «gente di Riviera»; e possono essere dolci le sue salite e i suoi angoli colorati ma «che paura che ci fa quel mare scuro/ e non sta fermo mai».
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