di jacopolist
Si chiama Soredrano, è nel Madagascar meridionale, non lontano da Tolear (Toliara). Nel villaggio c'è un solo pozzo, di acqua salmastra. Poco utile, se non per lavare panni e stoviglie. Il villaggio, di 1650 anime, è fondato su una lingua di sabbia che si protende dalla costa verso l'esterno formando un arco, e quindi un golfo. Nel villaggio di pescatori ogni mattina si assiste al rituale della pagaiata (4 chilometri di mare) per raggiungere una fonte che sgorga da una montagna dall'altra parte del golfo. È solo così che gli abitanti di Soredrano si possono approvvigionare di acqua potabile. È così fin da tempi remoti. A lungo l'aqua è stata trasportata in bacinelle di ceramica ed è facile immaginarsi la cura con cui queste bacinelle, o anforette, siano state trasportate. Poi è stato il periodo dei secchi, di metallo e poi di plastica. Oggi il trasporto avviene in taniche ricavate da olii da cucina, ripulite. 5 litri per tanica, un grosso peso, ma un peso neccessario per alleviare la sete perenne di questo deserto nel mezzo del mare dove il vento e il sole seccano tutto, alghe, pesci, e gole, nel giro di pochi minuti.
Questa immagine, ripresa con aquilone e go pro, è parte di un progetto documentario più ampio.