Muoversi. Il test di Mobike, il nuovo bike sharing milanese

Prima di tutto un coming out: sono da anni utente di Bikemi, il primo bike sharing di Milano, e ho un discreto curriculum con oltre 2400 utilizzi per poco più di 500 ore nel giro di cinque anni. Quindi non sono né un recensore sprovveduto del nuovo sistema Mobike, di origine cinese, né però un osservatore al 100 per 100 neutrale. Certo, l’idea del free-flow, ovvero di non dipendere da rastrelliere fisse per presa e riconsegna delle biciclette è l’aspetto più attraente del servizio.

Ruote a raggi, gomme runflat, telaio in lega leggera. Le bici Mobike sono molto cool.

Step 1: registrazione
Mercoledì 30 agosto è il primo giorno ufficiale di Mobike a Milano. Nella pausa pranzo scarico la app dedicata e inizio la registrazione. Procedura semplicissima: si inserisce il numero di telefono dello smartphone (per chi non ce l’ha è un guaio) e si riceve uno sms di autenticazione. Le cose però non vanno per il verso giusto. Per giungere a buon fine ci vuole il quinto tentativo. Tra iPhone che riceve messaggi di errore e riavvii, passa quasi un’ora. Poi la delusione: il sistema vede solo la mappa di una città cinese, sembrerebbe Pechino, e non c’è verso di inserire dati made in Italy.
Tutto risolto solo un’ora più tardi, quando riprovo a caricare l’app. E la bella sorpresa è che ci sono già bici disponibili a portata di mano.

Step 2: pagamento
Detto che si fa tutto con bancomat o carta di credito, il deposito di un euro è simbolico. Ma bisogna comunque “caricare” dei quattrini – parto con 5 euro – nel portafogli di Mobike. Diversamente da Bikemi, qui non c’è nulla di gratuito. Si paga poco (30 centesimi mezz’ora) ma la gratuità per la prima mezz’ora non è prevista. E se il bike sharing si usa di frequente, la cifra alla fine non è da poco. Giusto per fare due conti, ipotizzando che tutti i 2400 utilizzi con Bikemi fossero al di sotto dei 30 minuti, avrei comunque speso fino a oggi più di 700 euro… Per un utilizzo quotidiano (meno di 30 minuti al giorno), nel giro di un anno si possono spendere più di 100 euro; Bikemi, al netto dei 36 euro annui di canone (27 per chi è abbonato ai mezzi pubblici), non costa nulla per i primi 30 minuti di utilizzo.


Giusto per gradire: una bici di Mobike "in sosta" in posizione irregolare. E pericolosa, data la prossimità con l'incrocio.

Step 3: noleggio
Sono fortunato. Al momento di uscire dalla redazione c’è una bici di Mobike disponibile a poca distanza; la prenoto: ho 15 minuti per raggiungerla. Poca distanza non vuol dire vicina. Sono 4 minuti a piedi, alla stessa distanza della stazione Bikemi che di solito evito perché “troppo lontana” dall’ufficio. La bici, secondo la app, dovrebbe essere davanti al civico 11. In realtà ci sono due Mobike abbandonate a fianco della rastrelliera di Bikemi (vuota, un classico degli orari di punta) in centro alla piazza e, dal numero seriale che vedo sulla app ed è riportato sul carter, una delle due è quella che ho prenotato.

Step 4: sblocco
Inquadro con lo smartphone il QR code sul manubrio della Mobike e premo il tasto "sblocca". I primi tentativi vanno a finire male, sono troppo poco vicino; al quarto, la bici emette un bip e il lampeggio di un led sul lucchetto posteriore mi dà via libera. Posso partire. Casco, sellino regolato alto (la bici sembra più a misura di ciclista cinese che di urban rider europeo) e prima delusione: il portapacchi davanti non ha alcuna cinghia per bloccare il carico. Per evitare che lo zainetto voli via alla prima buca, lo assicuro infilando gli spallacci come asole nel manubrio; Bikemi da sempre dispone di un elastico. Meno un punto.

Lo zainetto dove lo metto? Meglio: come lo fisso al portapacchi? Ci vuole fantasia...

Step 5: si pedala
Le biciclette di Bikemi sono notoriamente pesanti (gli amatori le definiscono “dei cancelli”), la Mobike è leggera come un sogno. Ma anche molto meno stabile, viste le ruote con un diametro di almeno un terzo inferiore (da 24 per i tecnici). Pochi metri e lo sbarco sul selciato di corso di Porta Romana è peggio che traumatico. La combinazione di ruote piccole e pneumatici pieni di Mobike “spezza le reni” al ciclista: la sensazione è quella di affrontare (non avendoli mai provati) i muri di pavé della Parigi-Roubaix. Delusione numero tre, il rapporto fisso – le Bikemi, quando funzionano, ne offrono tre ben distanziati – è dannatamente corto. Comodo per partire ai semafori, ma per reggere il ritmo della classica signora con olandese o del professionista con Bianchi dai freni a bacchetta devi mulinare le gambe come Gimondi ai tempi d’oro degli arrivi in volata. L’asfalto di via Vincenzo Monti mi salva la schiena dai contraccolpi, insopportabili in via Cappuccio e corso Magenta, ma il confronto con gli altri ciclisti è impietoso. Impensabile ripetere la performance quotidiana con le Bikemi: casa-lavoro in 22-24 minuti. Opto per uno stop al supermercato. E arrivando provo i freni, ottimi ed entrambi a tamburo, che lusso!

Step 6: restituzione
La Mobike finisce nella rastrelliera davanti alla Coop, basta chiudere il lucchetto e lo smartphone reagisce, chiedendo la conferma del fine corsa. Addebito: 30 centesimi, scalati dal mio borsellino elettronico. Semplice e 100 volte più comodo di dover lasciare la bici alla rastrelliera del Bikemi, un isolato più in là. Davanti al supermercato non c’è verso di farne montare una in più.
Un quarto d’ora di spesa e, fortuna (oppure ancora pochi utenti), la mia Mobike è ancora ferma davanti all’ingresso, sebbene occhieggiata con curiosità dai passanti.

Step 7: ripresa e finale
Mi sono già fatto la mano. Sblocco la Mobike al primo colpo, invento un improbabile legaccio per bloccare la spesa nel cestello (portata 5 chili) e si riparte. In sei minuti sono a casa, ma l’addebito è comunque di altri 30 centesimi. Lascio la Mobike affiancata alla rastrelliera di Bikemi, due civici oltre il mio portone (lo ammetto, sono fortunato col bike sharing). E ho così occasione di fare il confronto: il manubrio della Mobike è leggermente più basso di quella di Bikemi, ma meno di quel che sembra, e il sellino (più comodo e meglio progettato che sulle Bikemi di ultima generazione) arriva alla stessa altezza da terra. A fare la differenza è principalmente la ridotta misura delle ruote.


Il dettaglio di sellino e lucchetto; il codice QR di sblocco è presente sia sul manubrio sia sul lucchetto.

Conclusione: ottima l’idea di presa e consegna free-flow, sebbene una Mobike abbandonata sul bordo del marciapiede l’abbia già incontrata; ottimi i freni e il fattore peso della bici, buono il sistema informatico, sebbene bisognoso di un po’ di rodaggio: ci sono tuttora app del car-sharing ben più soggette a inghippi. Costoso, sulla lunga distanza, il sistema di tariffazione. Male per l’assorbimento di selciati e buche (meglio non parlare dei binari del tram), peggio per la rapportatura: dopo 10 minuti di movimento non se ne può più di pedalare come su un frullino e vedersi gli altri ciclisti sfilare via. Per non parlare delle gambe larghe data la distanza tra i pedali. Sembra di essere un teenager che ha soffiato la graziella al nonno… Però, alla fine, è un bike-sharing, ovvero un sistema per colmare l’ultimo miglio dei trasferimenti in bus e metro.
Promosso, quindi Mobike, purché il miglio da percorrere sia davvero soltanto uno (l'ultimo). E niente più. Info: mobike.com/it/

 

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