In Viaggio con Gaia. I giardini galleggianti del Bangladesh

Il Bangladesh è un Paese inzuppato nell'acqua. È una immensa colossale Venezia di foreste lussurreggianti, campi. E come Venezia, sprofonda ed è soggetta alle inondazioni.

Da un lato il livello marino sale, lento ma inesorabile. Dall’altro le alluvioni sono e saranno più aggressive, un po’ per gli eventi meteorici, più estremi e imprevedibili, un po’ per la mala gestione del sistema del Gange-Brahmaputra.

Il clima che cambia è un rischio per la biodiversità, per la salute, ma anche per la sicurezza alimentare dei 143 milioni di abitanti del Bangladesh. L’agricolutra incide infatti per l’80% sulla manodopera, e per il 20% sul prodotto interno lordo del Paese, ma salinizzazione dei terreni e inondazioni stanno mettendo a dura prova il Paese.

In alcune regioni però i contadini cercano soluzioni. Tra queste c’è una tecnica, quasi dimenticata, con cui sperano di adattarsi alle bizzarrie delle migliaia di canali, rii, fiumi del colossale delta.

Con l’aiuto di scienziati e il supporto del governo, coltivatori dei distretti di Khulna e Barisal, hanno riscoperto i giardini galleggianti: zattere di giacinti intrecciati su cui è possibile piantare ogni sorta di ortaggio. Il sistema si adatta al pulsare dei corsi d’acqua, sia per le maree, sia per le inondazioni.

Per alcuni questa è una opportunità. È il caso per esempio di Hari Podo, del distretto di Gopalganj. Nel 1988 la sua famiglia fu vittima di una delle peggiori inondazioni della storia e si salvò grazie ad uno di questi giardini. Il sistema potrebbe aiutare ad adattarsi al cambiamento climatico e frenare lo svuotamento delle campagne.

Dai soli distretti di Chittagong e Khulna emigrano tra le 15 e le 30000 persone l’anno. Abbandonano il Paese, o si spostano in città incapaci di proporre un futuro decente.

Rubel Chowdhury della Università australiana di Melbourne sostiene che i giardini galleggianti sono una risposta sostenibile, naturale, proposta dal basso. È un sistema antico, andava solo riscoperto. “Sui giardini si coltivano patate, spinaci, zucche, peperoni, pomodori, papaya e molti altri ortaggi. Tra l’altro quando si decompongono diventano ottimi fertilizzanti”, dice.

Chowdhury nota un aumento di profitto tra i 12 ed i 48 dollari al mese per i coltivatori che adottano questo sistema. Non è molto, in una ottica europea, ma lo è per un contadino bengalese.

La risalita del livello marino, qui tra i 4 e i 7 millimetri l’anno, ha già reso improduttivi più di cento milioni di ettari di terreno agricolo. Intanto migliaia di ettari di terreni agricoli sono stati convertiti in piscine per l’acquacultura. La gambericoltura, destinata alla esportazione, richiede meno manodopera, e quindi molti contadini rinunciano ai terreni. Il governo prevede di rimpiazzare la produzione di riso e cereali con l’importazione, perdendo così l’indipendenza alimentare del Paese.

Gli abitanti del Bangladesh necessitano di frutta e ortaggi, insiste Chowdhury, che ho incontrato a Dhaka. I giardini galleggianti sono una soluzione possibile, almeno in alcune aree. E sono comunque un segnale della resilienza dei contadini. Ma se questa soluzione durerà o no, è presto per dirlo.

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