di pierocarlesi
La grande storia si è sempre occupata poco delle nostre Alpi. A parte la conquista romana e la vittoria dei consoli romani sui vari popoli alpini, dai Cozi ai Salassi, dai Leponzi ai Reti di cui poderosa testimonianza è il Trofeo a La Turbie, in Costa Azzurra, vicino a Montecarlo, poco si è studiato sui secoli successivi e, fino al medioevo e alle colonizzazioni di monasteri e abbazie, c’è un discreto oblio. Ora però, alla luce di recenti studi si sta svelando un capitolo interessante che riguarda l’epoca bizantina. Come è noto con la caduta dell’impero romano d’Occidente nel 476 l’Italia fu sottomessa ai Barbari e ci rimase fino al 555 quando al termine della guerra gotica le truppe dell’impero romano d’Oriente, sotto Giustiniano, riuscirono per breve tempo a riconquistare la Penisola.
I testi ci dicono che l’Italia completamente bizantina durò poco, circa 15 anni, ma ora pare che in parte delle regioni del Nordovest i Bizantini restarono una trentina d’anni riuscendo a dare un’impronta non da poco ai territori alpini. E’ quanto afferma uno studio recente di Riccardo Petitti pubblicato nel volume di 286 pagine Montagne bizantine, edito dalla tipografia Baima-Ronchetti di Castellamonte (To). Il testo, davvero poderoso e con un solido e ricco impianto iconografico, presenta le tracce del Limes alpino, una sorta di arroccamento difensivo voluto dai Bizantini per contenere le invasioni dei Barbari da Nord delle Alpi.
Collegato dalla Via Eraclea, il Limes, presidiato dai limitanei, soldati-coloni, parte dal Canavese e attraversa la valle d’Aosta, il Biellese e la Valsesia. L’autore è andato alla ricerca delle tracce lasciate dai Bizantini sul territorio e attraverso monumenti, chiese, castelli e la toponomastica locale che avrebbe molte radici greche, lingua corrente dei Bizantini. Ovviamente è una teoria che si basa su ipotesi e interpretazioni forse anche discutibili, ma sicuramente è interessante e meritevole di ulteriori approfondimenti. Per esempio il santuario di Oropa nel Biellese, e il Sacro Monte di Varallo sorgerebbero, secondo l’autore, in luoghi già identificati dai Bizantini nel VI secolo come luoghi di culto in onore della Madonna (Nera per Oropa e Dormiente per Varallo).
Il dubbio di fondo è di come i Bizantini in solo un trentennio siano riusciti a lasciare così tante tracce sul territorio, costruendo fortificazioni, villaggi e chiese, ma solo eminenti storici potranno avvalorare o meno tale tesi.
L’autore, che non è accademico, ma appassionato di storia e di archeologia, non è nuovo a questi studi: ha pubblicato nel passato già diversi contributi su riviste storiche e saggi come Sentieri perduti, un sistema celtico di allineamenti nel 1987.