Maggio 2019

A quasi 500 anni dalla sua fondazione come capitale del regno di Castiglia e a 200 esatti dalla inaugurazione del suo museo più rinomato, il Prado, Madrid si fa trovare preparata all'appuntamento con la grande occasione di diventare la prima meta turistica della Spagna. Per anni considerata dai turisti meno attraente della più mediterranea Barcellona ora la capitale ispanica rivendica il suoi diritti di primogenitura e sciorina i suoi gioielli culturali e artistici lustrati a nuovo: 71 musei, 87 gallerie d'arte, 100 atelier, centinaia di eventi in programmazione per la season estiva, un fiume, il Manzanarre, trasformato in Rio park, una vera e attrezzata spiaggia urbana, distretti culturali chic come Salamanca e il quartiere de las Letras, e poi nuovi quartieri, una volta solo popolari oggi di grande attrattività pur avendo mantenuto le loro botteghe e la loro autenticità e multiculturalità: Malasaña, Chueca, Conde Duque, Chamberì; una gastronomia variegata che partendo dai boccadillos del calamares e dalle patatas bravas sale fino ai vertici degli stellati Michelin...

Insomma sono davvero numerosi gli spunti per dirigere la rotta alla scoperta di questa città nata imperiale e che però, dato fondamentale, come sottolinea il nostro corrispondente a Madrid, non mostra segni di alterigia. Non si respira un'aria snob né la pur giustificabile grandeur, come fanno altre capitali europee. L'imperativo qui è “disfrutar la vida”, godersi la vita, giorno e notte, praticare la compagnia, vivere il più possibile all'aperto, nelle piazze, nei bar, nei locali e questo vale non solo per le coccolatissime leve delle nuove generazioni. Tutt'altro. Madrid è anche una città per le persone più mature. E non è raro vedere combriccole di disincantati leoni e leonesse d'argento bazzicare per nulla imbarazzati gli stessi locali, terrazze e birrerie degli adolescenti. Qui nessuno si sente fuori luogo.

Da non perdere anche il reportage nella Bassa parmense realizzato in questo numero a Fontanellato, borgo Bandiera arancione del Touring Club Italiano, non a caso insignito della qualificante vessillo. Qui, come recita il titolo, stanno tutti bene e non è un modo di dire: se si vuol lavorare un lavoro si trova, è un posto tranquillo, si va dappertutto in bicicletta, è un borgo con un centro storico raccolto e curato; c'è un ricco calendario di eventi per locali e visitatori, festival, mercatini bio e dall'antiquariato; c'è la rocca Sanvitale circondata da un fossato colmo d'acqua, con tesori artistici di prim'ordine a cominciare da una sala dipinta da un Parmigianino ventenne nel 1524. C'è persino un vero labirinto, appena fuori città, fatto piantare con una foresta di bambù dall'editore Franco Maria Ricci che nell'attiguo museo creato ad hoc espone tutti i suoi capolavori editoriale e la sua ricca collezione d'arte. A conferma che qui la vita civile non è un modo di dire basta ricordare che si contano ben 51 associazioni culturali e sociali oltre a una dozzina di associazioni sportive e parrocchiali che coinvolgono oltre oltre mille dei 7 mila abitanti di Fontanellato. E non parliamo nemmeno del richiamo gastronomico, torta fritta, culaccia, culatello e tortelli...

Pochissimi anche a Cinecittà, conoscono il nome e le imprese di Filoteo Alberini da Orte. Eppure alla fine dell'800 fu un grande visionario e probabilmente l'inventore del cinema, contemporaneo dei più noti fratelli Lumière e che per via della lentezza burocratica dell'ufficio brevetti dell'epoca perse il diritto alla primogenitura della settima arte. Ma non se ne fece cruccio e alimentò la sua passione come regista, produttore e persino fondatore della prima sala cinematografica, il Moderno, di Roma. Ne abbiamo scoperto le tracce proprio realizzando il nostro reportage su Orte, questo vivace borgo nel viterbese affacciato sulla val Tiberina, che punta la sua vetrina turistica sulla cultura offrendo itinerari archeologici etruschi e romani.

Da segnalare infine un curioso portfolio fotografico, in arrivo da un archivio poco noto e ignorato per decenni di San Pietroburgo e realizzato da una fotografa dilettante sconosciuta tra gli anni 60 e i 70 del 900, quando la città fondata dallo zar Pietro il Grande si chiamava ancora Leningrado. Máša Ivašincová, compagna di un noto fotografo, Boris Smelov, potè agire indisturbata con la sua Leica regalatale da Smelov, in piena era sovietica, “rubando” momenti intimi e pubblici, nelle case e nei parchi, nei canali, nelle strade e nelle piazze della città e realizzando ritratti animati e spontanei degli abitanti, noti o sconosciuti. Morta a 58 anni in un ospedale psichiatrico (meta quasi obbligata, alternativa al carcere, per tutti gli oppositori del regime) ha lasciato casse di fotogrammi che la figlia Asja ha scoperto e pazientemente sta sviluppando e portando all'attenzione del pubblico mondiale. Un caso molto simile a quello della ormai nota ex governante Vivien Maier scoperta anche lei post mortem come una attenta fotografa e scrupolosa ritrattista dell'american way of life degli anni 50 e 60 tra New York e Chicago.

Buona lettura!

Silvestro Serra

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