
Il 28 luglio è partita la terza edizione della Silk Road Race, un rally benefico che in tre settimane ha condotto l'equipaggio di Touring da Milano a Dušambe, in Tagikistan. Obiettivo: raccogliere fondi per il Cesvi. Tino Mantarro, redattore di Touring e partecipante al viaggio, aggiorna quotidianamente il suo blog (in fondo alla pagina, sezione I nostri viaggi) con le ultime notizie relative alla spedizione. Parallelamente, in questa pagina sono pubblicati i resoconti giorno per giorno; tutte le tappe, complete della gallery del fotografo Andrea Forlani, sono leggibili su www.touringmagazine.it/archivio.
GIORNI 26 E 27. DUSHANBE - KHUJAND - DUSHANBE (TAGIKISTAN)
Solo i treni hanno la strada segnata. Convinti che quest'adagio sia l'epitaffio migliore di questo viaggio, decidiamo che stare fermi quattro giorni a Dushanbe avendo a disposizione la macchina e tutto il Tajikistan da esplorare non fa proprio per noi. Per cui carichiamo in macchina un quinto passeggero appena rientrato dall'Italia e partiamo, per il passaggio di proprietà formale c'è tempo anche venerdì mattina, tanto è una cosa di tre minuti. Il passeggero si chiama Filippo, un ragazzo veneto che probabilmente è il miglior conoscitore delle cose tajike che ci sia in Italia e che per Cesvi coordina i progetti in campo agricolo nella zona di Khujand, nel nord del Paese, al confine con l'Uzbekistan, quelli che andremo a visitare noi.
Dopo oltre venti giorni di piattume desertico in varie forme oggi affrontiamo le montagne, quelle vere. Non sarà la maestosità del Pamir con la cima del Comunismo, il picco più alto di tutta l'ex Unione Sovietica (ma tutta la regione è chiusa per le scaramucce guerresche di qualche settimana fa), ma queste che ci aspettano oggi sono montagne di tutto rispetto da scalare in macchina, tra i 2.600 e i 3.300 metri, prima di planare a Khujan.
Lasciando Dushanbe col solito ritardo accademico ma dopo aver bevuto un caffè buono come non capitava da un mese, ci inoltriamo per una delle valli che contornano la capitale. Pare questa sia la zona di villeggiatura degli arricchiti del Paese che a ridosso del fiume si stanno costruendo villoni pronti a essere spazzati via alla prima piena: ma la regola qua pare essere che non ci sono regole, quindi chi ha i soldi costruisce la sua dacia dove e come vuole, tanto anche il presidente ne ha una lungo la strada. Si risale costantemente su una strada piacevole e ben tenuta, costruita di recente dai cinesi e per questo incredibilmente a pedaggio. Ma forse ha un senso: questa è l'unica via che collega il sud e il nord del Paese, la capitale con la regione produttiva di Kuhjan e la valle di Fergana, mica l'A1 è gratis da noi, suvvia.
E poi lungo il percorso si possono fare due delle esperienze più assurde che a un guidatore sia dato di fare in vita: l'Anzob tunnel e il passo di Shariston, a 3378 metri. Entrambe sterrate, entrambe sono incastonate in un paesaggio incredibile. Vette spoglie, circondate da montagne altrettanto spoglie. Un'esplosione di colori: grigio che sembra cenere in vetta, terra rossa, nera e gialla altrove. E poi aquile e aria fresca, posti di ristoro dove uno già pensa di poter trovare la polenta e invece si deve accontentare di zuppa e carne stufata con cipolle, che varietà. Però qui quel che conta è la strada. L'Anzob tunnel è un'opera strategica, costruita nel 2007 dagli iraniani per permettere ai tajiki di attraversare il loro Paese senza dover per forza ogni volta passare dall'Uzbeksitan che a piacere chiude le frontiere. Perché uno non ci pensa, ma poiché quando sono costruite le varie infrastrutture questa era tutta la stessa nazione, spesso l'unica strada per andare da un posto all'altro prevede l'espatrio che è un bel problema se, come noi, non hai i vari visti.
Comunque sia, adesso c'è questa strada che rende indipendenti i trasporti tajiki, anche se è un'avventura surreale. L'Anzob tunnel infatti non è finito: sono 5 chilometri di galleria totalmente sterrata, tempestata di buche gigantesche invase dall'acqua, pietre, tondini di ferro che emergono dal terreno, lavoratori confinati a scavare canaletti di scolo tra lo smog e il rumore dei camion. E tutto questo assolutamente al buio. Attraversarlo è l'anticamera del purgatorio, la prova che devi fare per espiare tutti i giorni di bellezza che hai avuto fino a ora. Ma il passo successivo forse è peggio. Dopo aver viaggiato per chilometri nel fondovalle, ridiscendendo da quota 2600 la strada riprende a salire e oltre i 2mila diventa nuovamente sterrata e sale, sale, sale. Tornante dopo tornante si arriva a 3378, arrampicandosi sulla sabbia grigia che sembra cenere, senza guardrail, senza protezioni: solo tornanti e buche, con camion da trasporto tajiki e krirghisi che lenti arrancano, taxi che sorpassano sul ciglio del nulla e corvi che attendono la prossima disattenzione. Che a giudicare da come sono ridotte a scatoletta le carcasse che si vedono lungo la strada, non permette un secondo tentativo. In cima uno si aspetterebbe qualcuno che ti dia una medaglia, un attestato che ce l'hai fatta e un bicchiere di grappa per riprendersi, invece c'è solo un trattorista kirghiso bruciato dal sole il cui compito ingrato sarebbe sistemare la strada e un giovane pastore, le cui pecore sono inerpicate ancora più in alto, sui quattromila. Prima che annotti tocca scendere, che sempre sterrato è. Così, lemme lemme, arriviamo a Khujand che è notte, meno male che siamo ospiti a casa Cesvi e non dobbiamo trovare un albergo.
In mattinata visitiamo alcuni dei progetti Cesvi nella zona. Vediamo prima una serra cinese, ovvero una serra low cost (diecimila dollari) fatta di terra su tre lati, che permette di coltivare pomodori e cetrioli già nei primi mesi dell'anno, vendendoli a un prezzo che è cinque volte superiore a quello in cui si trovano adesso, durante l'estate. Un accrescimento di reddito fondamentale per migliore la condizioni delle famiglie che lavorano nella serra e che mai si sarebbero potute permettere gli investimenti per costruirla e gestirla.
Vista la serra e passeggiato un po' nella campagne, andiamo ad assaggiare il gelato. Uno dei progetti di Cesvi riguarda una cooperativa per la trasformazione del lattee la produzione di yogurt e gelati. "La cooperativa - spiega Filippo - riunisce trenta donne della zona di Gonchi che hanno partecipato in parte al finanziamento del progetto (finanziato anche da Un Woman) e adesso sono impiegate nello stesso". Si tratta di raccogliere giornalmente il latte munto dai membri della cooperativa e trasformarlo in gelato che poi viene giornalmente venduto ai negozianti del paese o direttamente nella sede della cooperativa, come se si fosse in gelateria. "Dovrebbero arrivare a produrre 50 chili giornalieri tra gelato e yogurt" spiega Filippo. "Ora siamo solo all'inizio, visto che tutto è stato inaugurato il 1 di giugno, ma le cose vanno già bene: la sera c'è tutto il paese che viene e compra il gelato". Del resto questo è l'unico prodotto fresco e artigianale nell'arco di decine di chilometri. Per ora ci sono solo due gusti: fiordilatte e cacao, ma i macchinari (di produzione cinese, e simili a quelli che da noi si vedevano negli anni ottanta, che fanno un gelato molto soffice) non permettono di farne altri.
"Lo scopo è dare lavoro alle donne di questa zona e aumentare il reddito dei produttori di latte, creando una piccola filiera agricola che valorizzi il prodotto locale, perché crediamo che questo sia il modo migliore per sviluppare il Tajikistan agricolo" aggiunge Filippo. Peccato solo che la mancanza di corrente elettrica non ci abbia permesso di assaggiare il gelato di Gonchi. Toccherà tornare. Ora tocca invece rifare all'inverso la strada di ieri.
Come per i treni, questa volta il nostro percorso è segnato.
LE TAPPE PRECEDENTI
Giorno 1. Lainate (Italia) - Gorizia (Italia)
Giorno 2. Gorizia (Italia) - Belgrado (Serbia)
Giorno 3. Belgrado (Serbia) - Sofia (Bulgaria)
Giorno 4. Sofia (Bulgaria) - Istanbul (Turchia)
Giorno 5. Istanbul (Turchia) - Safranbolu (Turchia)
Giorno 6. Safranbolu (Turchia) - Giresun (Turchia)
Giorno 7. Giresun (Turchia) - Batumi (Georgia)
Giorno 8. Batumi (Georgia) - Tbilisi (Georgia)
Giorno 9. Tbilisi (Georgia) - Sheki (Azerbaigian)
Giorno 10. Sheki (Azerbaigian) - Baku (Azerbaigian)
Giorno 11. Baku (Azerbaigian) - Mar Caspio
Giorno 12. In navigazione sul Mar Caspio
Giorno 13. Aktau (Kazakistan)
Giorno 14. Aktau e dintorni (Kazakistan)
Giorno 15. Aktau - in mezzo al deserto (Kazakistan)
Giorno 16. Beyneu (Kazakistan)
Giorno 17. Beyneu (Kazakistan) - Monyaq (Uzbekistan)
Giorno 18. Monyaq (Uzbekistan) - Khiva (Uzbekistan)
Giorno 19. Khiva (Uzbekistan)
Giorno 20. Khiva (Uzbekistan) - Bukhara (Uzbekistan)
Giorno 21. Bukhara (Uzbekistan) - Samarcanda (Uzbekistan)
Giorno 22. Samarcanda (Uzbekistan)
Giorno 23. Samarcanda (Uzbekistan) - Termez (Uzbekistan)
Giorno 24. Termez (Uzbekistan) - Dushanbe (Tagikistan)
Giorno 25. Dushanbe (Tagikistan)
Giorni 26 e 27. Dushanbe - Khujand - Dushanbe (Tagikistan)