di Gianluca Biscalchin
Una passeggiata in laguna per scoprire i tesori delle isole di Venezia, tra sarde in saor e carciofi violetti, moeche e anguille, da assaggiare nei rinomati ristoranti o acquistare sui banchi del mercato di Rialto.
Le sarde in saor: ecco un piatto che racconta cos’è Venezia a tavola. Questa ricetta agrodolce, arrivata da Costantinopoli, mescola il pesce alla cipolla, all’uva passa, ai pinoli e all’aceto. Un incontro alchemico tra terra e mare, tra Oriente e laguna. E un legame con l’impero romano d’Oriente che esiste da sempre. Da quando Venezia ancora non era ancora Venezia e i primi fuggiaschi da Altino per via delle invasioni barbariche decisero di colonizzare le isole.
Torcello, Burano e Mazzorbo furono le prime a essere abitate. Oggi, davanti a Venissa, il resort della famiglia Bisol, scorre un canale tranquillo. Al tempo dei coloni era il punto di maggior traffico del commercio tra Bisanzio e l’Europa. Siamo a Mazzorbo (1), isola gemella di Burano (2). Un grande giardino cinquecentesco, di proprietà del Comune, è stato trasformato in una vigna di rara bellezza che produce l’uva dorona, quella che serviva per creare il vino dei dogi (vedi l'approfondimento Il prezioso vino del doge). Attraversando un ponte di legno si entra nell’incanto di Burano. Le casette coloratissime, il dialetto stretto, i canali, i merletti, rendono quest’isola una meraviglia. Anche per il cibo. Qui, oltre a due ristoranti eccellenti come Riva rosa (www.rivarosa.it) e Al gatto nero (www.gattonero.com), si trova il mercato del pesce. Tutti i giorni, in campo della Pescheria, le bancarelle offrono il tesoro della laguna. I buranesi sono famosi per la raccolta delle moeche, granchietti pescati durante la muta del carapace, morbidissimi, da friggere e mangiare con la polenta bianca. Sull’isola si gusta anche il bussolà, dolce tipico, e gli essi, biscotti speciali a forma di S, che si appendono al bordo del bicchiere per meglio inzupparli nel vino.
Nella vicina Torcello (3) invece vale la pena visitare la splendida cattedrale dell’anno Mille con uno dei più magnificenti giudizi universali a mosaico dell’arte medievale. Merita una sosta la locanda Cipriani, aperta nel 1935 da Giuseppe, famoso in tutto il mondo per il suo Harry’s Bar. Dall’incantevole giardino sono passati scrittori come Ernest Hemingway, re e regine, presidenti, attori di Hollywood. E magari ci si può regalare il mitico risotto primavera con le verdure dell’isola. Anche se il vero orto di Venezia è l’isola di Sant’Erasmo (4) famosa per il carciofo violetto, presidio Slow Food. A fine aprile, per pochi giorni, si ricava dai carciofi la castraura, il primo piccolo germoglio della pianta, tenerissimo, che viene tagliato per permettere la crescita più rigogliosa degli altri fiori. L’isola è famosa anche per asparagi e cardi, ottimi grazie al terreno sabbioso e in parte cretoso.
Tornando verso venezia si incontra Murano (5), strafamosa per l’arte vetraria. Proprio nelle fornaci dei maestri del vetro, caldissime, si cuoceva il bisàto, l’anguilla, con poca spesa e un’ottima resa. Volendo, le primizie della laguna si possono acquistare sui banchi del mercato di Rialto (6). È lì che i prodotti delle isole da secoli si ritrovano per regalare ai veneziani il loro sapore salino e intenso. Sotto il ponte più famoso della città si danno appuntamento moeche e asparagi, castraure e anguille. Ma scovarli direttamente in laguna è molto più poetico.