di Luca Bonora
Finalmente si riconosce al mondo rurale un valore in sé che va oltre la fornitura di prodotti e un ruolo fondamentale nella manutenzione e nella difesa del territorio italiano. Un ruolo che crea occupazione, con gli agriturismi, la ristorazione, la vendita diretta di prodotti, e soddisfa le esigenze e i desideri dei viaggiatori di oggi (e di domani).
Una rivoluzione culturale, una presa di coscienza, un aumento di responsabilità e di peso». Così Paolo Lassini, consulente dell’assessorato regionale all’Agricoltura della Regione Lombardia, sottolinea l’importanza della nascita del primo distretto rurale italiano. A Milano, Comune, Provincia, Regione e 31 aziende agricole private si sono riuniti in un consorzio che si impegna a mantenere e valorizzare le aree coinvolte, 1.800 ettari, più della metà dell’intera area agricola del Comune di Milano. «È la prima volta che gli agricoltori dialogano alla pari con le istituzioni. Non sarà più possibile danneggiare le aziende, vedere sui propri terreni, per esempio, il passaggio di una tangenziale. Ma ancora più importante, si sottolinea il valore assoluto della campagna, vista non più solo come emanazione dei bisogni della città, ma come luogo nevralgico, strategico anche economicamente».
Il distretto rurale nasce con una legge regionale della Lombardia del 2001 attuata solo nel 2010. Tra i suoi obiettivi, l’agricoltura multifunzionale. Spiega ancora Lassini: «Con la monocoltura meccanizzata, oggi per coltivare 50 ettari di terreno basta una sola persona, che però si occupa esclusivamente della produzione agricola, senza presidiare il territorio. Con i distretti rurali si concretizza invece l’agricoltura multifunzionale, che interpreta il territorio e il suo potenziale in ogni direzione: la vendita a chilometri zero, l’educazione ambientale per i privati e per le scuole, l’attività agrituristica, la produzione di energie rinnovabili. Un sistema virtuoso da cui l’area agricola esce rafforzata, e nella quale si creano anche posti di lavoro dieci volte più numerosi». La neo-agricoltura, dunque, nasce grazie al distretto rurale. Si diversifica, si potenzia, si creano occupazione e ricchezza.
«La Lombardia è capofila», dice il presidente Tci Franco Iseppi, «ma questa è la direzione da seguire, per perseguire anche un altro obiettivo per noi fondamentale, quello della tutela del paesaggio che è anche un formidabile catalizzatore turistico». Ecco allora che la neo-agricoltura fa il paio con il post-turismo: il paesaggio italiano, modellato dalle attività rurali, diventa protagonista di una rinascita economica. La campagna diventa punto di forza e produce ricchezza non più spremendosi, al contrario, tutelandosi, mantenendo inalterate le proprie specificità paesaggistiche e le proprie eccellenze produttive.
Qui entra in gioco l’unione europea e la Politica agricola comune, ovvero i piani, della durata di sette anni, per lo sviluppo e il sostegno del comparto agricoltura. «Nel prossimo piano di sviluppo, che partirà nel 2014, il tema del paesaggio agricolo diverrà ancora più determinante», interviene Giovanni Sala, agronomo e cofondatore dell’associazione Cento cascine. «Sono infatti pianificati incentivi per le produzioni agricole che agiscono nel rispetto dell’ambiente, incentivi accessibili integralmente solo se le stesse aziende faranno azione di “greening”, cioè di produzione del paesaggio». Anche qui, per la prima volta abbiamo un incentivo concreto, un supporto economico all’agricoltura come creatrice della risorsa-paesaggio.
Due dati possono aiutarci a capire l’importanza del tema: in Lombardia opera nell’agricoltura l’1,5% della popolazione attiva, producendo il 2% del Pil e gestendo il 75% del territorio regionale. Il paesaggio è affidato al mondo agricolo. L’altro dato ci viene dall’indagine presentata al convegno organizzato al Sole 24 Ore da Tci e Coldiretti, dal titolo Dentro il paesaggio, agricoltura sostenibile e turismo compatibile. Che cosa è emerso? Anzitutto che il paesaggio non è un concetto astratto. Il paesaggio, ha ricordato il presidente Iseppi, «è non solo un rapporto virtuoso tra luoghi e abitanti, ma anche una risorsa economica fondamentale per il Paese perché è una delle fonti primarie di turismo». Entrando nel merito dell’indagine, poi, è emerso che gli italiani mettono al primo posto, come motivazione di viaggio in Italia, le bellezze naturali e un territorio ben tutelato. Non solo: se manca il paesaggio, manca tutto. Il 20 per cento, vale a dire un italiano su cinque, rinuncia alla meta se non gli forniscono le giuste garanzie “verdi”.
Se c’è un settore in continua ascesa anche in un momento in cui si sente ancora la crisi economica, è il turismo rurale. Le presenze in agriturismo nel nostro Paese crescono ogni anno. È un turismo di prossimità, che non impone grandi budget ma ha un rapporto qualità-prezzo altissimo: permette da un lato di godere dell’alta qualità dei nostri prodotti locali nei luoghi in cui vengono realizzati; dall’altro di vivere una vacanza a contatto con la risorsa più importante ma meno percepita che ci offre il nostro Paese, il paesaggio. Ma il paesaggio, il territorio, va difeso e tutelato. È una doppia risorsa: da un lato fornisce i prodotti d’eccellenza per la nostra gastronomia, dall’altro attira i turisti.
È Massimiliano Vavassori del Centro studi Tci ad analizzare numeri e dati del fenomeno agriturismo, l’esempio più concreto del legame virtuoso tra il paesaggio figlio dell’agricoltura e il turismo. «Nato negli anni Sessanta, il fenomeno è diventato nell’ultimo decennio una voce sempre più pesante del nostro sistema turistico: il 2,5 per cento delle presenze in Italia».
Parliamo di quasi 20mila strutture, di cui 16.500 con alloggio; 9.900 con ristorazione e 3.300 con aree dedicate alla degustazione di prodotti locali, dal vino al formaggio, dall’olio ai salumi, alle confetture. «Strutture che nell’ultimo decennio hanno visto incrementare le presenze del 111 per cento. Metà arrivano dall’estero, a conferma dell’importanza di internet e dell’attenzione che il pubblico internazionale rivolge al nostro paesaggio e ai suoi prodotti». La parte del leone la fa il mercato tedesco, significativa la quota Usa. Perfino i cosiddetti Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, i mercati internazionali emergenti) guardano con curiosità ai nostri agriturismi: nel 2010, le presenze russe sono state quasi 18mila, brasiliane oltre diecimila, cinesi quasi cinquemila.
Numeri che sono un’iniezione di fiducia per il nostro mercato turistico, e per la tenuta del marchio Made in Italy. Campagna Amica è una dimostrazione concreta: 30mila giornate di mercato di prodotti naturali e biologici nei quali hanno venduto 20mila produttori agricoli e si sono incontrati 9 milioni di consumatori consapevoli. Oltre 3.500 posti di lavoro creati, e il rafforzamento di alcuni concetti – km zero, biologico – vissuti sempre più per il loro significato qualitativo oltre che per il senso etico. Campagna Amica è il capofila, numericamente parlando, di una lunga serie di iniziative che consorziano i produttori, promuovono la vendita diretta e il consumo accorciando la filiera produttiva. È presente in quasi tutte le regioni e organizza mercati di prodotti certificati made in Italy. «Prodotti nati e “cresciuti” nel paesaggio italiano, e che di quel paesaggio sono un elemento fondamentale. Oltre a costituire un volano, attirando i consumatori a scoprire i luoghi d’origine», spiega Toni de Amicis, presidente della Fondazione Campagna Amica.
Il futuro è roseo, allora? Potenzialmente sì, ma abbiamo visto che senza paesaggio non c’è turismo, e senza presidio del territorio, senza agricoltura, il paesaggio è a rischio. Sergio Marini, presidente Coldiretti: «Dobbiamo chiederci: l’agricoltura è solo un sistema di imprese, come molti pensano, o è un sistema più complesso, che contribuisce alla qualità dell’ambiente e della vita, al benessere diffuso e al turismo? In altre parole, è un bene privato o pubblico?». «Dentro la qualità e la distintività dei prodotti agricoli italiani c’è un pezzo di futuro del Paese, non solo il futuro di alcune migliaia di operatori del settore». «L’agricoltura è ed è stata il maggiore artefice del paesaggio italiano, lo disegna, lo esalta. E produce prodotti di alta qualità che sono parte integrante del nostro patrimonio culturale», sottolinea Iseppi. Con l’agricoltura, non solo difendiamo il territorio, ne rallentiamo la cementificazione, ne preserviamo la bellezza, ma realizziamo quei prodotti di eccellenza che costituiscono una risorsa fondamentale anche per il turismo. Conferma il ministro delle Politiche agricole Mario Catania: «Noi italiani siamo in prima linea nella produzione di qualità e in quella direzione dobbiamo continuare, sostenendo tutti, ognuno per la parte che gli compete, il comparto».
Il filo sottile ma robusto che lega agricoltura, paesaggio e turismo è diventato una battaglia comune.