Accadde qui. 1859, orme di storia

A San Martino e a Solferino morirono quasi in seimila tra piemontesi, francesi e austriaci negli scontri protrattisi per circa 14 ore in quel giorno d’estate.

I cipressi svettano ancora e danno il nome al viale. La vegetazione è così fitta da nascondere l’inizio della dolce collina morenica, caratteristica della zona. Sullo sfondo rilucono le acque del lago di Garda. A ricordare la battaglia, aggiunta da oltre un secolo all’antico nome di San Martino, oggi frazione di Desenzano, resiste la cascina Monata, le cui finestrelle offrirono quel 24 giugno 1859 un’ottima visuale di tiro agli ungheresi dell’VIII corpo d’armata del generale Benedek. Piccole tracce, invece, delle cascine e dei casolari, che di colpo furono proiettati nella Storia patria, ma che per molti rappresentarono lacrime e sofferenze: Casette Citera – un incubo quei cinquecento metri di dolce pendio senza neppure un cespuglio, spazzati dal fuoco concentrico di cannoni e fucili – le cascine Ortaglia e Corbù, sulla cui omonima stradina, tuttora praticabile, i fanti si rifugiarono dopo aver strappato al nemico Casette Preseglia.

Sparito invece il boschetto circolare, formato da alberi di carpino, che in tempo di pace serviva per stendere le reti destinate alla cattura degli uccelli di piccola taglia. In Lombardia lo chiamano roccolo e nelle ore dei disperati e sconclusionati assalti costituì una barriera quasi insormontabile per gli assetati soldati delle due divisioni piemontesi. Qui sorge la torre alta 74 metri, inaugurata nel 1893 in ricordo di Vittorio Emanuele II e di tutti i combattenti del risorgimento, con dietro il museo storico.
Oltre vent’anni prima, grazie alla generosità dei conti Tracagni, era stata inaugurata la chiesa contenente 1.274 teschi e le ossa di 2.619 soldati di ambo i fronti. Morirono quasi in seimila negli scontri protrattisi per circa 14 ore da San Martino a Solferino alla presenza di due imperatori (Napoleone III di Francia, Francesco Giuseppe d’Austria-Ungheria) e di un re, Vittorio Emanuele II. Nella cappella ossario di S. Pietro in Vincoli, a Solferino, sono custodite le spoglie di tutti i caduti. Tra quei lievi dossi, sulle brulle zolle del monte Medolano, sotto gl’improvvisi filari di pioppi e cipressi, persino nella famosa piazza gonzaghesca, tra le più belle del Mantovano, ci si ammazzò con ferocia. In proporzione le vittime superarono quelle di Waterloo.
Ne fu toccata la sensibilità dell’imprenditore ginevrino Henry Dunant, venuto nella speranza di strappare a Napoleone una concessione per i propri mulini.
Deciderà di fondare la Croce Rossa: nel 1901 gli frutterà il primo premio Nobel per la pace.
La vittoria, da cui sarebbe scaturito il processo unitario dell’Italia, fu sancita dall’ingresso delle truppe francesi nella Rocca di Solferino con la poderosa torre quadrata eretta nel 1022 e alta 23 metri. Fino al 1866 fu detta Spia d’Italia per la posizione strategica rivolta verso il Veneto, allora in mano all’Austria.