di Simonetta Agnello Hornby
Passeggiando per il quartiere londinese di Chelsea, alla scoperta del più antico orto botanico d'Inghilterra con la scrittrice Simonetta Agnello Hornby
Per anni ho creduto che Londra avesse un solo orto botanico: i meravigliosi giardini di Kew, un tempo parco reale dei sovrani Hannover, aperti al pubblico dal 1840 e famosi in tutto il mondo. Mi sbagliavo. Il Chelsea Physic Garden, chiamato da coloro che lo amano Physic Garden, fu creato nel 1673 dalla Company of the Apothecaries, la gilda dei farmacisti, esclusivamente come orto botanico ed è dunque il più antico dell’intera nazione. Aperto al pubblico dal 1983, rimane uno dei segreti meglio mantenuti di Londra: lo si trova con difficoltà – mi sono persa tante volte cercando di andarvi senza l’aiuto di una mappa. In quei tempi i farmacisti distribuivano ai malati medicine e pozioni principalmente vegetali, seguendo i millenari principi di Galeno sull’equilibrio tra i quattro umori: bile gialla, bile nera, flemma e sangue. La Company of the Apothecaries prese in affitto due ettari di terreno nel territorio del villaggio di Chelsea, sul lungofiume non ancora arginato, che godeva di un microclima caldo e poco ventoso adatto alle piante delicate, per due motivi. Il primo, comune a tutti gli orti dei semplici, era quello di catalogare, produrre, raccogliere e vendere le piante medicinali.
Il secondo, dettato dalla potenza economica di una Inghilterra in continua espansione territoriale e spinta dalla curiosità scientifica, era ambizioso e lungimirante: acclimatare le piante medicinali d’oltremare, scoprirne altre proprietà medicinali e scambiare semi con altri studiosi e istituzioni in tutto il mondo. Pochi anni dopo, Hans Sloane, un medico che aveva fatto fortuna nei Caraibi e aveva comprato il Manor of Chelsea, concesse il terreno alla gilda in perpetuo affitto per cinque sterline annue. Sloane aumentò la raccolta di piante straniere e nel 1773 costruì la prima aiuola rocciosa del mondo, il rock garden, utilizzando le pietre abbandonate, mattoni e pezzi di mura, nonché lava portata dall’Asia.
Nell’Ottocento la collezione del Physic Garden aumentò enormemente: protette in vasi-serra usati per trasportare le piante di tè dalla Cina all’India, approdarono le camelie, seguite da una quantità di altre piante esotiche, fino ai nostri giorni. Recentemente il Physic Garden ha approfondito gli studi sulla medicina naturale e sulla botanica degli indigeni e di genti di diverse etnie. Nato come giardino privato, il Physic Garden continua a esserlo: da aprile a ottobre accoglie, diletta ed educa un pubblico devoto, molto “english”. Protetto dagli sguardi curiosi dai mattoni rossi delle case vittoriane e dai cottage di Paradise Walk, è nascosto dietro alte mura, ama la propria privacy e l’understatement e ha mantenuto un ingresso modesto. Entrarvi è sempre un’emozione: tutto a un tratto sono in mezzo a più di cento specie di alberi e migliaia di piante. Eppure non ho la sensazione di uno spazio affollato. Incontro alberi, cespugli e piante diverse une dalle altre in forma, colore e fogliame. Profumi delicati e pungenti si susseguono uno dopo l’altro. Il verde è in tutte le gradazioni immaginabili. C’è tutto quello che si può desiderare in un giardino: un minuscolo laghetto, spazi per riposarsi e meditare, perfino un ristorante dove si serve uno squisito tè. Al centro, la statua di Sir Hans Sloane, senza di cui nulla sarebbe arrivato ai nostri giorni.
I sedili sono disposti ad arte per fare godere uno scorcio inconsueto, ammirare la fioritura di una pianta, o l’enorme ulivo, il più vecchio dell’Inghilterra. Non un’erbaccia, nel Physic Garden, a meno che non sia in uno spazio incolto per uno scopo ben preciso. Giardinieri, botanici e volontari sono dovunque. Assorti ad accudire le piante, apparentemente senza alcuna fretta, ciascuno con il proprio ritmo. Silenziosi. Sereni. E a disposizione di chi chiede informazioni di qualsiasi tipo. Lascio il Physic Garden con il desiderio di ritornarvi. E ci ritorno, sempre. Questi due ettari metropolitani da trecento anni dedicati alle piante medicinali e mantenuti dalla generosità di privati mi danno un senso di pace e di inclusione. Ogni volta.
Una città si rivela attraverso il modo in cui tratta le proprie piante. E nulla lo dimostra meglio dell’orto botanico. Se lo ha. Kew Garden rappresenta l’orgoglio e la pompa della capitale di una nazione che fu la più potente del mondo e mai più lo sarà. Chelsea Physic Garden rivela l’animo degli abitanti di Londra, la loro generosità e l’amore per il posto in cui vivono o sono andati a vivere e che considerano come proprio. Un bell’animo.